Reportage

#93 ESSERE MONTAGNA

testo di Silvia De March, foto di Walter Moretto  / Monfumo (TV)

03/01/2021
4 min
Il Bando del BC20

Essere montagna

di Silvia De March

Fonzaso, un’insegna stradale tra le tante lungo la statale 50: una freccia gialla su sfondo nero, il simbolo di una fabbrica ed eccoci accompagnati in una zona industriale, giusto ai piedi delle Vette Feltrine.

Quante se ne vedono lungo il nastro di asfalto a due corsie che collega la Val Belluna al mondo? Quante sono oscurate dalle paratie per passare inosservate al nostro sguardo? E’ sempre una triste sorpresa prendere una di queste deviazioni e scoprire l’impronta del cosiddetto progresso proprio a ridosso di quelle cime che pur si sono lasciate ammirare più alte delle barriere.

Fonzaso dov’era nella cartina prima di Dolomiti Hub? Nella mia mente stava vicino ad un’area sosta camper, dove avevo parcheggiato in un’estate di libertà, prima di un’escursione a piedi verso il cielo. Monte Front, Col Cesta, Pala Croce d’Aune, Pala Pedavena: pioli di terra e roccia per salire dove non c’è più altra altezza, al Monte Pavione e ai i suoi “circhi”, ampie conche in cui animali selvatici possono giocare alla vita tra loro e il camminatore casuale esserne spettatore non pagante. Lassù, gli occhi si sintonizzano soltanto sulle frequenze di altre simili altitudini, raccolgono la vastità, danno un nome a ciò che non possono raggiungere, dimenticano.

D’altronde, più in basso, a parte le vette, che altro c’è, o meglio, che altro c’era? Una disseminazione di case, capannoni, fabbriche languenti, che scorre lungo il Cismon, lo Stizzon, la Piave. Un territorio sostanzialmente anonimo, seppur difeso da qualche baluardo d’epoca medievale e moderna, come il castello di Feltre.

Ma i foresti, i foresti… i foresti che ne sanno delle vite e delle fatiche che abitano ciò che loro soltanto attraversano? Vanno, passano puntando a qualche destinazione più ambiziosa, rientrano: è loro l’indifferenza che non li trattiene appena l’attrazione incontaminata svanisce. Facile ammirare occasionalmente lo spettacolo del creato. Più difficile subire la sua forza magnetica, adattandosi e trovando strategie di sopravvivenza alle sue prossimità.

Ed è questo che all’Hub facciamo. Stiamo.

Metropolitano, aerospaziale, infosferico, Hub non è termine da area montana. Ma se ci aggiungi Dolomiti – Dolomiti Hub – si stabilisce un cortocircuito possibile. Spazio nello spazio, Dolomiti Hub è un centro che chiama a raccolta le tante energie vitali disseminate e latenti. Con caparbietà, è sorto nel bel mezzo di un’area industriale e si spalanca come un polmone verde per chi vuole respirare umanità ed l’aria di un futuro sostenibile per essa. Il suo profumo è quello di bosco: di aghi sempreverdi, di sottobosco che stratifica, di corteccia che cresce pulsando gocce di resina su ogni ferita. Della natura circostante ha fatto propria la visionarietà di chi arriva in alto coi piedi ben ancorati a terra; la dimensione ecosistemica, in cui ciascuno è connesso con l’altro e con ciò che li contiene; la generatività, grazie alla quale il Tutto trova strategie per rinnovarsi e ricrearsi.

Restare dove si può essere ispirati dal paesaggio, dove esso può indicarci la direzione e ricordarci di essere fecondi, generosi, collaborativi, non è facile se il PIL si produce altrove, se della comunità non resta che un amarcord sbiadito di quando si era bambini, se la Cultura, soprattutto quella eretica e profetica, cerca un pubblico più ampio e più giovane altrove. Ma loro restano: le montagne, gli alberi, caprioli e camosci; restano il muschio, i funghi, i corsi d’acqua; restano i rododendri, i narcisi, persino le dafne. Nonostante noi, nonostante Vaia, nonostante le monocolture arboree. Se resistono loro, anche noi dobbiamo.

Debora e Walter si sono chiesti come, un punto interrogativo riflesso negli occhi delle loro figlie. Quale futuro per loro? Quale futuro per tanti, scissi come loro tra qualche attrattiva distante ed il senso di appartenenza ad un unico “qui”? La risposta non poteva essere la prosecuzione inerte del presente, di quella supposta normalità di cui la pandemia ha evidenziato i limiti e le ipocrisie. Qualcosa manca, qualcosa si sogna, qualcosa già c’è altrove oppure è anche qui ma poco visibile. Raccogliamo tutto questo, come mattoni per una casa da rinnovare: che protegga, che conforti, che scaldi i tanti di qui e accolga le loro affinità elettive.

Dolomiti Hub è la nuova casa per chi abita il feltrino e non solo. Si affaccia alla statale, emerge dal tram tram della routine produttiva della zona industriale, si arrabatta tra bollette e mutui come le case di tutti; ma è abbracciata dalle spalle larghe delle Dolomiti e questo fa la differenza, è la sua forza. Se la guardate controluce, in una di quelle giornate estive in cui l’azzurro dà il capogiro, e con un pizzico di fantasia la astraete dal contesto, potreste riconoscervi un caravanserraglio di qualche steppa orientale: crocevia di scambi di parole, di idee, di manufatti.

A Dolomiti Hub ci si racconta, si condividono esperienze, si lavora insieme, si disegnano traiettorie per l’avvenire, si conclude una giornata guardando insieme un film o uno spettacolo di teatro. Come il cubo di Rubik, ogni giorno, ogni ora mostrano una sfaccettatura nuova: in questo grande contenitore si può partecipare a conferenze, dibattere su questioni attuali, confrontarsi con soluzioni innovative, buttarsi in laboratori creativi, meditare con lo yoga, progettare un cineforum, allestire un set fotografico, avere una scrivania accanto ad altri coworkers, ricevere una consulenza per una start up o un bando. A Dolomiti Hub si può. Soprattutto si resta – o si torna – a fare cose insieme. Non come un branco ma come una moltitudine di componenti che riconosce, in extremis, la propria reciproca interconnessione.

Ad animare questo crocevia, accanto a Debora e Walter, ci sono amici che condividono i loro sogni e bisogni; sconosciuti alla ricerca, attirati dal fermento e dal clima di accoglienza, scopertisi reciprocamente familiari nel giro di qualche chiacchierata in cui ci si è riconosciuti umanamente affini; interlocutori di rilievo, partner affermati anche a livello nazionale, pronti a testimoniare la loro fiducia in un progetto innovativo con un altissimo potenziale; istituzioni che, nel quadro della sussidiarietà, sostengono uno dei sempre più rari “corpi intermedi” tra singoli cittadini ed enti.

Le Dolomiti sono state dichiarate patrimonio dell’Unesco; e i loro abitanti non ne sono forse anch’essi parte? All’Hub è di loro che si prende cura, valorizzando talenti, relazioni, intuizioni, nel tentativo di essere delle vette circostanti non solo spettatori passivi ma degni eredi ed interpreti.

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Silvia De March

Silvia De March

Silvia De March (Treviso, 1979) è docente di Lettere alle superiori. Dopo il dottorato in Italianistica, si è occupata di arti performative. Nel 2010 ha fondato l’associazione Enzimi a Treviso. Nel 2020 si inserisce nel Dolomiti Hub di Fonzaso (BL). Vive per scelta a Monfumo ai piedi del Monte Grappa.


Il mio blog | http://www.dolomitihub.it è il sito di Dolomiti Hub spazio culturale.
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