“Marciavamo con l’anima in spalle”. La canzone mi risuona nella testa e mi porta a ritmare ogni passo con una strofa. Si procede così, in salita, faticando come quei ragazzi che lassù combatterono per la libertà. Ogni anno una gara di corsa ne commemora il ricordo. È il “Memorial Partigiani Stellina” e siamo sulla montagna simbolo della mia Valle: il Rocciamelone.
Ora vi aspettate che vi racconti dell’incendio. Delle ferite che serpeggiano lungo i fianchi della montagna. Della cenere che copre migliaia di metri quadrati di quel che era un ricco bosco. Sarebbe una mossa furba e farebbe anche il suo bell’effetto. Ricordate la canzone? Quella che ci accompagna? È una delle più straordinarie ballate della Resistenza. Struggente, evocativa, coinvolgente. Ma è un’operazione studiata a tavolino. Non echeggiò in nessuna valle nel dopoguerra. Fu invece scritta molto dopo, nel 1974, da Armando Trovajoli che la compose per un film.
Possiamo accontentarci di soluzioni ad hoc? Di gabbie costruite per imbrigliare le nostre scelte? No. E allora? Ci allontaniamo dal consumismo, dalla routine, dalla prevedibilità. Saliamo.
La luce del primo mattino sfiora le cime. Abbiamo oltrepassato il rifugio Cà d’Asti e le distese erbose hanno lasciato il passo alle rocce che segneranno il cammino fino ai 3538 metri della cima. Lo zaino sembra alleggerire tutti i pesi. L’anima si alza sopra le nostre spalle. Si parla di poesia, di grandi progetti, di ideali che in valle potrebbero far rinascere lo spirito della Repubblica degli Escarton, i “signori di se stessi” che riscattarono la propria libertà dal dominio del Delfino di Francia. Siamo esaltati: il corpo s’agita, la mente ancora di più. Il cuore sobbalza. Non è emozione. È paura. Ma chi diavolo sono quei tizi che arrancano lassù?