Questa frase è proprio, assolutamente, vera. È diverso. Tutto è diverso, ma il cielo di più e si percepisce immediatamente. Ci si sente liberi e insieme vulnerabili – non protetti.
Nuovo Messico, verso sud: al di là di occasionali steccati, le verdi praterie che nella nostra mente sono il “far west” americano.
Ma il reale “far west” dei nativi americani solo per pochi fortunati è stato quello degli ampi spazi ricchi di piante e animali: per molti è stato deserto o foresta – anzi, deserto e foresta.
Foresta nella stagione calda e deserto quando il freddo rende inabitabili le montagne: la difficile ma proficua caccia nei boschi, la faticosa sussistenza nelle aride colline.
Apache Mescaleros: un gruppo che tutto deve al Mescal – anche il nome che gli Spagnoli decisero nel 1550 – e che viveva tra New Mexico e Panhandle in Texas.
Ancora immaginiamo i guerrieri attraversare le terre, da nord a sud, da sud a ovest e poi ancora a nord, sempre in cerca di un posto migliore dove vivere.
Lontano dal freddo delle nevi montane, dal caldo delle aride sabbie: un posto dove trovare riparo dagli orsi quanto dai rettili.
Oggi, sulle mappe, la loro riserva è una zona nel quadrante sud est dello stato, un’area che comprende Lincoln, il paese di Billy the Kid, e occupa verdi e boscose montagne tra la 54 e Roswell. Tra Ruidoso e Cloudcroft, la Riserva Mescalero è un rettangolo grigio, senza pallini e nomi e con poche tracce bianche a indicare qualche strada secondaria.
È qui che parte il mio racconto, il racconto di una notte d’estate che oggi sembra solo un sogno.
È sera, siamo nell’ora blu, in cui i colori scompaiono – appena dopo la golden hour dei manuali di fotografia – e in cui è difficile vedere bene. In cui i fari dell’auto ancora non servono contro l’avanzata silente della notte. Siamo molto lontani da casa, siamo lontani anche dal posto dove abitiamo da qualche giorno, tra le montagne sopra il deserto da cui ora veniamo. Abbiamo fatto tardi, abbiamo voluto vedere Whitesands al tramonto, seguire la visita guidata con il Ranger: ci ha mostrato la vita che non appare, la lotta di piante fortissime e di piccoli animali in mezzo alla morta sabbia di gesso, per sopravvivere, sempre. Abbiamo scherzato e camminato nelle dune insieme ad altri come noi, affascinati dalla luce violacea del cielo, i nostri passi sul bianco abbacinante che diventava rosa e poi grigio chiarissimo. Ora siamo in auto e dobbiamo tornare; durante il tramonto si sono ammassate grandi nubi scure, ora sono ombre più scure nel cielo già scuro. Quando piove, qui, è spaventoso: il disegno del mondo sparisce dopo pochi metri, si vede soltanto acqua tutto intorno, il terreno diviene fango e scorre via.
Il nostro posto non è troppo lontano dalle dune, ma la strada dopo una parte in piano si stringe e si inerpica: 35 miglia e 1300 metri di dislivello. Una galleria.