Era stata orgogliosa che fosse un alpino come suo padre. Suo nonno però aveva odiato portare quella divisa, il primo in famiglia a doverla indossare: lui, figlio di chi aveva dato la vita per l’Imperatore. Era bastato uno sparo perché il mondo come lo avevano conosciuto si sgretolasse.
Arrivò in chiesa in anticipo, ma erano già tutti lì, e si parlava delle prossime feste, del tempo e dell’Adunata. Con la coda dell’occhio cercò la figlia: Eva aveva promesso che sarebbe venuta.
Finita la messa si misero in fila a due a due, la strada del paese era stretta, non era come alle parate che aveva fatto da giovane.
Ad Aosta aveva smesso subito di tenere il conto delle esercitazioni. Ore intere a marciare, marciare, marciare. E quando non marciavano, correvano. Fin dal primo giorno in cui era arrivato alla caserma li avevano spediti a correre, ancora prima di mandarli nelle camerate, e non avrebbero più smesso. Almeno non in cortile. Gliel’avevano detto subito, quei tre con l’aquila dorata e la stella sul cappello che erano venuti a prenderli in stazione: nei cortili della caserma camminare era vietato.
Il Thöni, di fianco a lui, anche con la sua età teneva il ritmo e stava dritto come se fosse ancora un giovane capitano. La banda, nel frattempo, cominciò a suonare. Era bello tornare a marciare insieme, sentire le canzoni, quelle storie di coraggio e sacrificio. Gli venne voglia di cantare.
Se lo ricordava ancora il giorno in cui gli era arrivata la cartolina gialla. A sua madre l’aveva consegnata lo sceriffo, in paese lo chiamavano così, il messo comunale. Era stata lei a dirglielo, davanti a un piatto di canederli in brodo.
«Te vai alpin Mauro, ma lontano… ad Aosta».
Era stato felice di essere finito tra gli alpini, addirittura alla Scuola Militare Alpina d’Aosta, sarebbe potuto salire sul Monte Bianco, o il Rosa, e poi scendere sugli sci. Finalmente avrebbe imparato a usare anche le pelli di foca.
Ed era partito.
Aveva rivisto i suoi genitori solo mesi dopo; pur di esserci al suo giuramento avevano viaggiato un giorno intero, loro che non erano mai usciti dalla valle.
Anche dopo più di trent’anni, quando ci ripensava, sentiva un brivido allo stomaco e gli veniva un sorriso ebete mentre gonfiava il petto e tirava indentro la pancia. Adesso più tonda.
L’addestramento formale per il giuramento era stato estenuante. Una volta Eva, da piccolina, sarà andata in prima elementare, nell’album dei ricordi di famiglia aveva visto una sua foto di quel giorno, con l’uniforme bella e i guanti bianchi. E inclinando la testa verso destra, un gesto che non aveva mai perso, gli aveva chiesto com’era stato. Allora l’aveva presa sulle ginocchia e gliel’aveva raccontato.
Come si fa a essere pronti per il giuramento, Eva? Semplice. Sveglia all’alba e poi tante, tante, tantissime prove. Gli stessi movimenti per ore, per giorni, fino a quando non diventano gesti automatici. Come lavarsi i denti.
At-tenti, avanti, marsch.
Passo, cadenza, segnare il passo. Plotone alt, ri-poso.
Si inseriscono altri movimenti, e si riparte.
Padre di tre figli… Racconto bellissimo. Grazie
misurato e preciso, un gioiello grazie al quale commuoversi e meravigliarsi. Grazie all’autrice
Bellissimo racconto di vita vissuta. GRAZIE ALL’AUTRICE!
Ho frequentato anche io la S.M.Alp. di Aosta e mi sono rivisto a correre nei piazzali della caserma. Purtroppo poco dopo ho perso mio papà. Mi sono commosso leggendo.
Bellissimo.
Grazie Benedetta per avermi fatto ricordare i mesi duri e belli trascorsi alla Smalp e l’orgoglio di essere un alpino padre forever.
Grazie per avermi fatto ricordare i mesi ” incredibili ” passati alla SMALP