Reportage

#75 PIANO PER LA LIBERTÀ 2020

testo e foto di Leonardo Sartor  / Montebelluna (TV)

01/01/2021
8 min
Il Bando del BC20

Piano per la libertà 2020

di Leonardo Sartor

Imst, 18 agosto 2020, ore 7.00

Ottavo giorno di viaggio. Ha ripreso a piovere.
Esco dal sacco a pelo ed inizio a preparare la colazione. Un po’ di acqua calda per il caffè solubile, pane, marmellata, una banana, una mela, frutta secca e un po’ di formaggio. Sistemo le mie cose secondo l’ordine in cui dovranno entrare nelle 2 borse: nella borsa di destra le cose che non serviranno durante il tragitto, in quella di sinistra, invece, quello che può servire, come indumenti tecnici e qualcosa da mangiare.

Sono pronto. Anzi no! Fuori la pioggia si fa più decisa ed intensa; decido di attendere. Le borse sono pronte e nella tenda ora ci sono solo io. Io e i miei pensieri che si fanno sempre più spazio. Qualche piazzola più in là, risate complici, si rincorrono in un metro quadro di spazio e descrivono un amore spensierato e passionale.

Io sono complice della solitudine e mi torna in mente lei: i suoi occhi curiosi e le labbra delicate formano il suo sorriso, così rassicurante e luminoso come il caldo tramonto estivo sul mare; scalda il cuore ancor prima di poterlo finalmente ammirare. Lei. Una disillusione contrapposta al gioco illusorio della luce di un sole stanco.

Fuori, finalmente le gocce d’acqua rallentano e la mia tenda si calma.
Esco e, più velocemente possibile, la asciugo con un panno, la scuoto, tolgo i picchetti e la struttura che la sorregge; piego tutto e la metto dentro la borsa impermeabile; attacco anche le altre 2 borse al portapacchi e i 25 kg totali sono ora ben fissati e pronti per essere trasportati lontano.
Nella piazzola passionale, la complicità si fa più intensa e calda: sesso, ancora risate e sesso.

Bene, sono pronto. La pioggia aumenta un po’ ma non voglio più rimandare la partenza. Riprendo la mia bici tra le mani e sento il manubrio intriso di acqua. Sono euforico per la giornata.

Vengo distratto nuovamente: in lontananza una ragazza dai capelli rossi; in bici con borse da viaggio attaccate; sotto la pioggia tenta di far asciugare inutilmente il suo asciugamano bagnato sopra il manubrio.
La saluto e ci presentiamo; ci raccontiamo un po’ del nostro viaggio; l’opposto di me, lei tedesca verso l’Italia, io italiano verso la Germania. Ci salutiamo, ma prima ci scambiamo i contatti.
Ok ora sono carico in tutti i sensi; inizio a pedalare, esco dal campeggio ed eccomi nuovamente sulla strada. Inizio a scaldare le gambe verso nord lungo la Schwimmbadweg.

La meta di oggi sarà qualche campeggio nella valle bagnata dal fiume Lech, attraversando Hahntennjoch pass. Circa 30 km e un dislivello di 1100m. Chilometraggio basso oggi rispetto alla media giornaliera di 90 km dei giorni precedenti. Ma dato il dislivello e le pendenze forti che dovrò affrontare, credo possa bastare.

Arrivo al piccolo centro di Imst, dove imbocco a destra la strada L246 che si fa subito irta davanti a me; ora che le gambe sono calde, tocca rompere il fiato con questa prima rampa di circa un chilometro e pendenza media del 9%. Mi butto senza pensarci troppo; tira abbastanza e il mio corpo si deve abituare in fretta; senza volerlo aumento di poco la velocità; voglio sbarazzarmi di qualcosa: la fatica prematura o i pensieri? Oppure questa salita? In lontananza vedo che spiana e curva a sinistra e poi a destra con il primo tornante. Ora sono totalmente caldo e pure sudato. Man mano che salgo abbandono le ultime casette a schiera e il paesaggio si fa più naturale. La strada spiana nuovamente e ora è lunga e piacevole, immersa in un bel bosco di pini. Mi sento bene, le gambe girano e l’atmosfera piatta del cielo grigio mi mette pace e serenità. Ha anche smesso di piovere, decido quindi di fermarmi e togliere i copri scarpe e tutto il resto dell’ abbigliamento impermeabile.

Procedo qualche chilometro e alla mia sinistra il bosco si apre lasciando spazio a immensi prati verdi e qualche piccola baita.
Non guardo più il gps, mi lascio guidare da questo susseguirsi di praterie e dal profumo intenso dei pini. Dinanzi a me in lontananza fa capolino la cima del Schafjoch (2226 m).
Mi fermo al successivo tornante per una piccola pausa bagno e per bere un po’ d’acqua; nel frattempo ammiro l’Alpeilspitzen (2552 m) sbiadito da una nube bassa che sembra salire, come fumo, dalla valle sotto di me. Completa il quadro una staccionata in legno prima del precipizio.

Mi rimetto in sella e supero velocemente il tornante.
Il cielo si sta aprendo un po’, e qualche timido raggio sfiora gli aghi dei pini prima di toccare l’ asfalto. Si alza anche un leggero vento, che mi crea un piccolo brivido lungo la schiena sudata; decido di fermarmi nuovamente e aggiungere uno strato sotto la t-shirt.

Curva a 90° verso sinistra e ancora salita. Salita che si fa sentire. Dietro di me in lontananza delle voci mi fanno voltare lo sguardo; 2 ciclisti che come me faticano lungo questa strada. Lontani, sembrano non riuscire a raggiungermi; voglio mantenere questo distacco. La mia fantasia si estende e mi fa credere di essere in una competizione e io sono in testa; per questo voglio mantenere il distacco. A nord, i pochi raggi di luce non riescono a essere più decisi e vengono fermati totalmente da uno strato spesso di nubi grigie cariche di pioggia. Continuo a pedalare e ora penso a cosa potrei fare se in questo momento dovesse iniziare a diluviare; nessun riparo nelle vicinanze; solo la strada che taglia una parete di sassi e pietrisco facilmente franabile. Distolgo il pensiero e mi lascio stupire dalla bellezza che ho attorno: a ovest la cima del Hahnleskopf (2332 m) coperto alla base da un mantello verde, scruta a nord il Kienberg (2218 m) e a nord-ovest il Gabelspitze (2581 m) che con la sua catena rocciosa imponente si incontra con le nuvole, creando una sfumatura di un grigio più marcato e tenebroso.

Riprendo la corsa, le voci sono più vicine ora.

La fantasiosa competizione viene terminata dopo qualche chilometro a causa di un blocco stradale. E i due ciclisti mi raggiungono. Salutano e iniziamo a parlare. Di biciclette, viaggi, bikepacking e di quanto duro è questo passo. Chiedo quanto manca al punto più alto: 4 km. Ok manca poco. La mia mente si distende e anche il mio corpo un po’ alla volta si raffredda a rimanere fermo. Uno di loro va a chiedere all’operaio la causa del blocco e il tempo di attesa: messa in sicurezza di una possibile frana e attesa di 10 minuti. Mangio una barretta energetica e lo sguardo si posa sul versante nord, su delle colate di ghiaia che sembrano aver inghiottito il bosco.

Si riparte, i 2 ciclisti mi salutano e partono veloci con le loro bici leggerissime in carbonio. Mi danno subito un distacco eccezionale. Per fortuna la mia fantasia è terminata circa mezz’ora fa.

Continuo per la mia strada, nel mio mondo, col mio mezzo pesante, per ciò che mi compete in questo momento. Rilasso collo e spalle, impugnatura sui corni sopra i freni e testa bassa. Lo sguardo cade sul gps; pendenza del 14% e velocità di 6 km/h. Un buon compromesso tra equilibrio e consumo energetico. Se rallento mi sembra di cadere. Va bene così. Con questa velocità la respirazione è costante e dà il ritmo. Io e la bici siamo un’unica cosa: un’entità fatta per metà di carne e l’altra metà di metallo. Il sole si fa forza e inizia a bucare lo spessore di nuvole rivendicando la propria presenza. La mia mente libera è sorpresa da un’altra fantasia: una competizione diversa dalla precedente. Una gara dove viene valutata la qualità del viaggio: le persone che incontri, la fatica delle pedalate giornaliere e nel trovare un appoggio alla fine della tappa dove poter riposare, preparare da mangiare, lavare gavetta e vestiti, e ricominciare così ogni giorno. La fantasia sembra vera: sento la telecronaca che commenta l’impresa magnifica che sto facendo, sento le telecamere puntate da una ripresa aerea da un elicottero e… il rumore dell’elicottero… si lo sento.

C’è veramente un elicottero rosso che sbuca dall’ultimo tornante. Si l’ultimo tornante e la strada che spiana, il sole che travolge completamente il grigiore e ora è caldo su tutto l’asfalto e sulle pareti delle montagne. L’ultima fatica e vengo accolto da un caloroso applauso di un gruppo di signore escursioniste; partecipo alla gioia alzando il braccio in segno di vittoria. E’ fantasia o realtà? Ultimi metri e arrivo davanti al cartello: Hahntennjoch Seehöhe (1894 m). Scendo dalla bici. Provo una forte soddisfazione; tolgo il casco e il vento mi abbraccia e accarezza la testa.

Mi rilasso su una panchina ai piedi del Hinterer Scharnitzkopf (2554 m) e mi preparo un panino con formaggio e cetriolo. Godo ancora un po’ di tutto ciò che ho attorno.
Mi preparo per la discesa: guscio antivento, casco e occhiali da sole.
Mi lascio andare con attenzione. Lascio scorrere le ruote come se volessi far riposare anche loro. Sento il vento in faccia che a tratti mi toglie il respiro. Incontro altri ciclisti salire e li saluto; un modo per fargli forza; da questa parte le pendenze mi sembrano molto più aggressive. Scendo veloce veloce e poi rallento; il paesaggio è idilliaco: boschi e prati verdi che sembrano infiniti. Mi fermo a scattare una foto: un triangolo perfetto rovesciato, e come in un gioco di specchi fa sembrare le pareti boschive ripetersi senza una fine precisa. In basso la valle BschlaberTal e lontane, come in un diamante incastonato, le montagne Elferspitze (2512 m), Schwellenspitze (2494 m) e Klimmspitze (2465 m).

Scendo giù fino ad Elmen e controllo i campeggi nelle vicinanze. Opto per un campeggio super attrezzato a Vorderhornbach che dista 4.5km, ho ancora qualche energia che mi permetterà di raggiungerlo ma scoprirò ben presto che è tutto prenotato. Cerco altro nel gps: Camping da Rudi ad Elmen. Devo tornare indietro e rifare i 4.5 km più altri 4 km. Gratto il fondo del barile delle energie e mi faccio anche questi ultimi chilometri. Sebbene sia sfinito, la natura mi ripaga ancora una volta: una graziosa ciclabile lungo il fiume Lech e ancora tanto verde, pascoli e piccole casette. Arrivo al campeggio alle 17.00 e mi accoglie un gentile uomo che parla poco ma che mi consiglia caldamente di montare la tenda prima che inizi a piovere. Seguo il suo consiglio e tornerò da lui più tardi per il checkin.

Terminata la registrazione, torno alla mia casetta e per festeggiare preparo la busta trek più ricca che ho(riso al curry con ananas e pollo) e stappo una birra da 66 cl. Divoro il tutto disteso sul fianco sinistro stile imperatore romano mentre osservo il tempo cambiare nuovamente.
E’ buio ormai, e le gocce di pioggia cominciano il loro concerto battendo sul telo della tenda. Entro nel sacco a pelo. Nella mia testa non c’è più spazio per niente, passato o futuro, solo io qui nel presente.

_____
foto:
1. La ciclabile nella valle del Lech.
2. L’arrivo In cima al passo Hahntennjoch.
3. Boschi infiniti e sullo sfondo Elferspitze, Schwellenspitze e Klimmspitze.

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Leonardo Sartor

Leonardo Sartor

Abito a Treviso ma sono originario di Montebelluna. Software architect/programmatore di professione. Nel mio lavoro mi piace trovare soluzioni e aiutare gli altri a trovare quelle giuste. La mia ricchezza: amici, viaggiare in bici, correre, camminare tra le montagne, scendere da pendii innevati con una tavola da snowboard, lasciarsi folgorare da un beat funk con sopra delle rime taglienti, leggere.


Il mio blog | Altitudini.it è mia rivista digitale. Come presenza nel web, altitudini.it mi piace perchè è semplice e funzionale. E' diverso dagli altri perchè l'utilizzatore non è bombardato da banner e inserzioni pubblicitarie in ogni pagina o ad ogni click. Come blog e rivista è molto interessante perchè dà la possibilità alle persone di raccontare le proprie esperienze vissute e di condividerle con gli altri.
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