9 MARZO 2021, DENTRO LA MIA SILA
Trovo il tempo di ripensare ai quattro giorni appena trascorsi e la percezione è quella di essere stata travolta da uno tsunami.
22 ore di viaggio, ore di sonno saltate, montagne di bagagli, vita in un appartamento grande quanto un camper per 5 umani e 5 quadrupedi, zaini da preparare, concentrazione da trovare, brodi da cuocere, attrezzatura da controllare, dubbi sul meteo, tamponi, incontri con icone sportive, cene non digerite, barrette dimenticate… E poi i fuochi si accendono, la musica suona forte, Yuki abbaia incessantemente, vuole partire a mille all’ora.
Stacchiamo buona parte dei concorrenti, usciamo dalla confusione, entriamo nel bosco, ci troviamo soli, cala il silenzio, i cani cercano il ritmo del passo, noi quello del respiro. Io entro in una bolla di concentrazione in cui occhi e gambe lavorano all’unisono per coordinare i miei movimenti a quelli di Yuki. So che i bastoni sono indispensabili per questa gara ma li odio da subito, sono in totale antitesi con la nostra disciplina. Superata la prima salita si prende a correre, inciampo in un grosso sasso, evvai un’unghia è andata, insieme al laccio del bastone.
Si pesta neve, in salita, finalmente, calziamo i ramponi, qui si fa il gioco che piace a noi. Tira vento perché siamo usciti dal bosco, cerco di sciogliere una barretta in bocca mentre salgo, Yuki a testa bassa fa quello che ama fare, trainare in salita.
Secondo check point, scatto qualche foto, orrenda, calzo i booties a Yuki, le do da bere e da mangiare, bevo e mi vesto, qui si fa freddina. E ora giù in discesa, in un tratto infinito di neve dura, ghiacciata e poi farinosissima, stare in piedi è un gioco da equilibristi. Controlliamo regolarmente il GPS, tutto ok, anzi no: “torna indietro e prendi la prima sinistra”. Fa freddo, il vento si fa sentire, mangio un dattero ma non riesco a bere. Di nuovo GPS, non si capisce bene, proviamo a muoverci per intuire quale sia la via corretta. Maggie fiuta una bellissima impronta di un lupo, sento un brivido lungo la schiena, sembra fresca. Ora si riprende una salita, la neve non cessa, meglio così, si corre bene, si progredisce con maggiore sicurezza, i cani sono concentrati. Koori è fantastico, lo vedo in traino costante senza mai un’esitazione, ogni tanto gratifichiamo i cani con le nostre voci, vederli lavorare così scalda l’anima.
La neve si interrompe, via i ramponi, improvvisamente gli occhi fanno fatica ad adattarsi al fango, foglie, radici, grossi rami a terra, acqua di disgelo che scorre. Corriamo in silenzio, siamo concentrati, io penso che alla prossima base vita devo togliere i booties ai cani e che mi sono dimenticata di fare l’arnica a Nes. Urlo e volo, non so come, non so dove, non capisco, sento solo un male pungente alla caviglia destra e il freddo del fango ovunque. Ecco, lo sapevo, mi ero data un 70% di probabilità di scassarmi ed è fatta. Zaino tasca sinistra in alto, Okitask al volo, bevo un sorso, respiro profondamente, mi appoggio ai bastoni e mi alzo.