Nelle giornate di tramontana le faggete ululano al cielo, ma te lo lasciano vedere, te lo indicano quasi, ti fanno alzare la testa e lo sguardo. L’azzurro, il biancore dei rami spogli e dei tronchi come colonne antiche, il tappeto di foglie, la terra gelata che crocchia sotto le suole degli scarponi. In mezzo ci sei tu. Dentro. Finalmente dentro qualcosa di reale.
Nella complessità delle strategie del riabitare l’Appennino abbandonato c’è anche questo. Andarci, passarci del tempo, non solo per sport o per divertimento, ma per riportarsene a casa un po’. Per cominciare a ricostruire l’Appennino dentro di noi. Per rientrare nei luoghi abbandonati, sentirne le voci.
Cosa ci farai con queste sensazioni? Non si sa. Lo sai solo tu, anzi lo sa la tua anima più profonda e più antica. Quella appenninica e italica. Intanto oggi hai di nuovo assaggiato il benessere della fatica di una salita senza meta, della stanchezza, di una birra alla fine della passeggiata, dei gatti che ti vengono incontro, di un piatto di pasta insieme. Hai giocato a confondere la tua ombra con quella dei tronchi degli alberi. Hai seguito le tracce dei selvatici. Hai sperimentato la malinconia di una casa abbandonata, di un bosco non curato, di un eremo senza eremiti. Ma hai visto il cielo e il sole come non li potrai mai vedere in uno schermo o in un poster. Te ne potrai ricordare, sempre, in ogni tua azione, se vorrai.
Una storia molto bella e molto importante per l’ambiente e la montagna!