Riconosco certamente il gesto atletico, ma condivido poco questa corsa nel superare i limiti. Nel mio andare in montagna ho infatti scelto di dedicarmi alle discipline sportive con la serenità della passione, con la voglia di raccogliere storie inedite, incontrare persone e godermi la natura. Forse il tutto è dovuto anche al fatto che il livello di prestazioni su roccia negli ultimi anni è andato via via sempre più crescendo, non sono riuscito a starne al passo e senza la continuità anche il divertimento è venuto a mancare. Inoltre arrampicare sulla plastica indoor mi sembrava ormai diventato solo una moda dalla quale già da tempo mi ero svincolato. Nonostante ciò, nei viaggi in Croazia continuo a portare con me le scarpette d’arrampicata e mentre Glorija legge i suoi libri gialli in relax, con la scusa di fare un altro tuffo in un mare fantastico, io provo a farmi male su qualche scogliera.
Un giorno ricevo un messaggio: “Hey Jack! La tua via sta diventando un hot spot! Ciao Greg”.
Gregor Demetz è il mio amico guida alpina dei Catores della Val Gardena che ho conosciuto lo scorso anno (leggi la storia), mi scrive che la parete che avevamo visto, ora ha una nuova via dedicata a me. Penso stia scherzando. Lo chiamo al telefono e mi dice di andare a ripeterla insieme a lui. Capisco che non è uno scherzo e così metto subito le cose in chiaro: gli dico che ho un po’ di ruggine, che sono fermo da un bel po’ e che sul sesto non ho mai tirato da primo. Mi dice che nelle Dolomiti non bastano tre vite per salire tutte le bellissime vie tra il quarto e il quinto grado. Ho capito che non ho scampo.