Racconto

La certezza dell’insicurezza

testo e foto di Francesco De Bastiani

10/11/2018
5 min
logo blogger contest2018_ita_senza feccia
La macchina sembrava volare su quel nastro d’asfalto mentre a destra e sinistra a delimitarne lo spazio, lampioni e tralicci del tram: a destra le prostitute, a sinistra i trans.

La centrale operativa ci aveva inviato per una rapina all’interno di una farmacia.
L’autista della Volante sembrava veleggiare su quel sentiero d’asfalto dove le luci e gli odori si confondevano con altri chiarori e fiuti provenire dai venditori ambulanti di panini. Con la mano destra reggevo il microfono della radio e ascoltavo le indicazioni della Sala Operativa: “Massima attenzione due giovani a volto coperto, con pistola, sono ancora all’interno”.

Quella sera ero di poche parole e, alla radio di servizio, mi limitavo a rispondere “ricevuto”. Con la mano sinistra azionavo la sirena bitonale, a dire il vero con parsimonia, solo per farmi strada agli incroci più trafficati, mai mi era successo di farne un uso così limitato. Mi dava fastidio quella sera, le altre volte invece no, dava coraggio a me e a quelli del mio equipaggio, ci era amica, ci dava la forza e coraggio di osare, anche dove sapevamo che il rischio era più grande del nostro ardire.

Il collega seduto dietro l’autista sobbalzava sulle pietre di corso Sempione e ad ogni curva sebbene ancorato con i piedi al pavimento dell’auto, veniva sballottato a destra e sinistra come un fuscello in mezzo alla tempesta: “Volante Sempione, sul posto” lapidario comunicai. Eravamo arrivati nel giro di pochi minuti, una tirata tutta d’un fiato su quel vialone d’asfalto e pietre che ci aveva fatto volare come se fossimo su di una rotta aeronautica, sebbene qualche miglio più in basso. Il primo a scendere dalla macchina il collega di scorta, non stavo bene, appoggiai i piedi a terra ed ebbi un fastidioso senso di nausea e insicurezza: «Sono appena scappati in direzione viale Certosa», fagocitò il farmacista venuto sull’uscio del negozio.

Ho lasciato la città per ritornare nella mia terra, sopra la valle, dove ogni cosa ha un tempo diverso rispetto ad una misura che non riconosco più. 

Entrai con fatica trascinandomi le gambe che sembravano due zavorre ai fianchi, vidi a mala pena il bancone della farmacia e caddi a terra. Mi sembrava che il mondo mi girasse attorno e mi spingesse dal basso all’alto, da destra a sinistra, un senso di confusione totale mi avvolgeva, percepivo luci e suoni mai conosciuti e visti prima di quella notte di primavera. Mi trovai sulla barella disteso in terra con polsi e caviglie costrette da nastri di nylon di colore rosso. Al Fatebenefratelli il dottore di turno lapidario mi disse: «Labirintite dovuta ad intossicazione alimentare, abbia pazienza, riposo assoluto e auguri». Ripresi con un filo di voce: «Niente di grave quindi…» aggiunse: «Assolutamente no, unica rottura di balle, potrebbe soffrire in futuro di vertigini… tutto qui».

Al tempo divoravo chilometri con la bici da strada, avevo lasciato la mountain-bike per quei nastri di asfalto arroventato, avevo dimenticato il silenzio dei sentieri, per i rumori di strade trafficate. In quella notte milanese, mai avrei pensato che il futuro mi avrebbe riportato a salire declivi ammantati di verde dalle mille sfumature, a bagnare con il sudore della fronte l’eternità della roccia che sotto ai miei piedi si faceva sentiero e viatico per l’anima, a carpire di ogni fremito di foglia, il perché di quell’alito di vento, a lasciarmi abbandonare al frastuono del più prezioso silenzio di quelle cime, a bere quell’acqua pregna di vita, nutrice del mio corpo e della mia essenza nata lassù, dove ogni balza e ogni vetta sono custodi del mio esistere.

Ho lasciato la città per ritornare nella mia terra, sopra la valle, dove ogni cosa ha un tempo diverso rispetto ad una misura che non riconosco più. Da quella notte tutto mi sembra più difficile, anche se probabilmente in vero non lo è. Per ogni traccia topografica prescelta, accanto ne corre sempre un’altra, è come se la percorressi due volte, perché solo per me, la seconda è il sentiero nero. E allora la gioia di aver percorso due tracce su di un’unica rotta, mi appaga doppiamente; la prima perché forse, mi veicola alla cima, la seconda ben più intima, perché ogni passo compiuto equivale al raggiungimento della cima più intrigante del mondo, non la più difficile.

Il mio sentiero nero allora affiora nella paura di quell’insicurezza che molto più vigorosa della forza di gravità, mi fa attaccare alla roccia con i piedi e mani, mi fa strisciare il sedere a terra e irrigidisce ogni muscolo e tendine, mi fa sudare e pregare di tornare agli affetti più cari e, solo una volta raggiunto il riparo dal vuoto, mi riconsegna la dignità umana. Non a caso tutto è nato in quel viale di asfalto di Milano, dove la perdita della dignità umana venduta per poca cifra sotto i lampioni a bordo strada, si confonde con un’altra dignità riconquistata, la mia, quando ogni sentiero nero svanisce e si fonde lento col timido farsi della sera, lontano dalla città.

Francesco De Bastiani

Francesco De Bastiani

Alla continua ricerca del perché e del come… vivo al cospetto delle autentiche Dolomiti trovando l’essenza che mi aiuta a colmare il bisogno innato di certezze. Osservo con rinnovato sbalordimento l’immutato aspetto delle cime e ogni qualvolta si tingono di rosa, allora mi sento figlio prediletto di tanta magnificenza.


Il mio blog | Altitudini è il mio blog.
Link al blog

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Esplora altre storie

"Queste brevi ma intense giornate hanno i toni forti del viaggio d’avventura: incontri e... "Queste brevi ma intense giornate hanno i toni forti del viaggio d’avventura: incontri e condivisioni con persone di diverse nazionalità, scoperta ed immersione in...

Viola andava per i nove anni, era magra e curva, aveva arti nodosi, duri... Viola andava per i nove anni, era magra e curva, aveva arti nodosi, duri ma ancora piuttosto agili, e dal reticolato di capillari erano...

E' una vita che viaggiamo. Io e te, ancora una volta. Insieme abbiamo scalato la vetta... E' una vita che viaggiamo. Io e te, ancora una volta. Insieme abbiamo scalato la vetta del Chacaltaya, calcato i ghiacciai perenni d'Islanda, affrontato la foresta...

Tornarono in valle, insieme, come una volta. Le gambe stanche ma soddisfatti. Davanti alla... Tornarono in valle, insieme, come una volta. Le gambe stanche ma soddisfatti. Davanti alla stazione, Eva si volse a guardarlo. E lo abbracciò, baciandolo...

Lo scheletro di una balena affiora dalle acque: è il fossile che emerge dal... Lo scheletro di una balena affiora dalle acque: è il fossile che emerge dal passato? O è il presagio di quel che sarà? ...

Questa volta avrebbero tentato una salita invernale, con la neve alta, quando i turisti... Questa volta avrebbero tentato una salita invernale, con la neve alta, quando i turisti non ci sono più e rimane solo il silenzio interrotto...

Un salto nel passato con un piede nel presente. Una lettura piacevole che fa... Un salto nel passato con un piede nel presente. Una lettura piacevole che fa si un po’ sorridere ma contiene tanta saggezza. ...

Imst, 18 agosto 2020, ore 7.00 Ottavo giorno di viaggio. Ha ripreso a piovere. Esco dal... Imst, 18 agosto 2020, ore 7.00 Ottavo giorno di viaggio. Ha ripreso a piovere. Esco dal sacco a pelo ed inizio a preparare la colazione. Un...

Quante cose possono cambiare in un anno quando la vita segue i passi del... Quante cose possono cambiare in un anno quando la vita segue i passi del cuore e delle stagioni? ...

N. avrà avuto undici anni - tra i dieci e i dodici comunque, anche... N. avrà avuto undici anni - tra i dieci e i dodici comunque, anche se l’età esatta non è fondamentale; importante, non fondamentale... ...