L’incontro si svolge in laguna attorno a quella che oggi è diventata un’installazione artistica della Biennale d’Arte: il bivacco Günther Messner¹, rappresentazione fisica di un ideale rifugio alpino, simbolo delle terre alte come luogo di passaggio e di scambio. Un luogo d’accoglienza, di pace e convivenza che diventa ponte tra le cime e il mare, un ennesimo invito al superamento dei confini e dei pregiudizi di oggi.
Ma il bivacco è anche espressione di semplicità, di essenzialità dello spazio; ridurre al minimo è infatti anche la filosofia dell’alpinista. Eliminare il peso inutile, semplice metafora che funge da motore di grande valore per organizzare al meglio e con la giusta consapevolezza il proprio tempo libero, la propria vita².
Rosso sbiadito e con i segni dell’età e del tempo meteorologico il bivacco Messner fa da cornice a questa conferenza stampa all’aria aperta, si confonde sullo sfondo, sembra a suo agio immerso in questo giardino di tigli, ulivi e piccoli alberi da frutta. Con un po’ di immaginazione lo si riporta facilmente in quota, al limitare di un piccolo bosco, in una radura sotto roccia³.
Nel frattempo Simon sorride e annuisce spesso alle domande che gli vengono rivolte, non è di certo un gran chiacchierone, è lui stesso ad ammettere che preferisce esprimersi con i fatti più che con tante parole. Si considera alpinista al 50%, perché è soprattutto videomaker. Lavora con il papà Reinhold nella realizzazione di film e documentari, ma con un battuta dice che nella vita si può sempre cambiare direzione. Confessa poi che suo padre, inizialmente, faceva fatica ad accettare le sue avventure in montagna, lo voleva proteggere, limitare nella pratica di un alpinismo esplorativo, spesso troppo pericoloso. Allora lui, per essere più agile, ha imparato a raccontare le sue avventure solo una volta tornato a casa senza farsi troppa pubblicità.