Secondo atto
Dal Rifugio V Alpini al Rifugio Ghiacciaio dei Forni.
Delle lenzuola di nubi tra cime maestose, del passo della cacca di stambecco e di un fatto increscioso.
Le previsioni meteo dicevano di muoversi a lasciare le alte vette sfruttando la finestra di bel tempo fino alle 13 circa. Alle 7.30 quasi tutti gli abitanti del rifugio erano in movimento. Mi piace immaginare il cuoco festeggiare nella solitudine con i Modena a tutto volume. Lo capisco.
Sul sentiero ci precede il gruppone di venti persone. Dietro di noi un paio di coppie. Ci saremmo ritrovati quasi tutti al Rifugio Forni più avanti.
B stava bene, aveva superato le fatiche grazie all’ottima cena e alla quasi buona dormita e mi aveva fatto giurare che il dislivello del giorno non avrebbe superato i 500 metri positivi.
Il sentiero era molto più affascinante e montano di quello fatto il giorno precedente.
Si traversa sotto le cime dei Forni su terreno ghiaioso a tratti immerso tra nubi danzanti, si oltrepassa il passo a gomito sopra un tappeto di scivolosa cacca di stambecchi e si calpesta un territorio lunare sempre pianeggiante fino ad un canalino attrezzato con qualche corda e gradini di pietra e al successivo strappo che porta ai 3010 metri del Passo Zebrù.
E circa il fatto increscioso annunciato nel sottotitolo?
Il fatto increscioso è che nessun gipeto, nessuno stambecco, nemmeno un cervo, una volpe, un ermellino si sia palesato a noi. B ha provato ad inventarsene qualcuno, ma una era una coppia di corvi, uno era una roccia che in effetti, causa aria rarefatta, poteva anche sembrare uno stambecco stanco ed accosciato, e infine la marmotta che da lontano sembrava un ermellino e che si è avvicinata apostrofandomi con parole ardite raccontandomi la mia ignoranza e pessima vista.
Raggiunto il Passo Zebrù abbiamo salutato tutti i presenti, alcuni del gruppone che si erano staccati per mostrare la loro esuberante forma fisica, alcuni arrivati dalla parte opposta alla nostra e ci siamo buttati giù in Val Cedec direzione Rifugio Pizzini e infine alla nostra meta al Rifugio Ghiacciaio Forni.
Abbiamo percorso 12 km in 4 ore con un dislivello positivo di 500 metri e uno negativo di 1200 metri. Il Rifugio Forni è questo www.forni2000.com.
Il rifugio è un albergo più che un rifugio. Ci sistemano in una camera per due con bagno interno. La cucina valtellinese è ottima, la birra anche, la vista sul ghiacciaio dei Forni altrettanto ottima. All’interno ci sono bacheche e vetrine ricolme di reperti storici della grande guerra. Abbigliamento, armi, oggetti riportati dal ghiacciaio dai vari escursionisti, uno su tutti dall’alpinista Marco Confortola, che qui è, giustamente, un’istituzione. Notevole il plastico dei ghiacciai Ortles Cevedale di Ardito Desio.
Dopo esserci rifocillati con un buon piatto di pizzoccheri e una birra, in attesa del temporale delle 17 in sostituzione di quello delle 13 mai pervenuto, per fortuna, e che pareva non volersi presentare anch’esso, partiamo per un mini anello fino al Rifugio Branca, posto a 2493 metri, quindi poco più di 300 metri sopra di noi, raggiungibile in meno di un’ora con un breve anello.
Al rientro ritroviamo gli atleti del Passo Zebrù e tutto il resto del gruppone, che ci raccontano di aver allungato il giro facendo visita alle trincee poco sopra il Rifugio Pizzini. Salutiamo anche altri ospiti del V Alpini e ci ritroviamo persino con le cinque wonder woman che vediamo ripartire a bordo della loro auto in direzione di altre mille mirabolanti avventure.
Dopo un breve riposino prima della cena delle 19, gli orari sono da rifugio pur non essendo propriamente un rifugio, scopriamo sui tavoli esterni mucchietti di grandine come segno del temporale ritardatario delle 17. Possiamo andare a cena contenti. Poi, dopo una partita a carte con il famoso baro B, tutti a letto ché alle 22 si spengono le luci.
Bel racconto scritto molto bene, che per la leggerezza la sensibilità e il l’umorismo che trasmette, si avvicina al mio modo di vedere le cose.
Grazie
Grazie a te Massimo per la lettura.