Luis era nato a Cochrane, la cittadina a tre ore di fuoristrada, ma rilevò l’estancia negli anni ’70, e da allora la sua vita si spostò ai piedi del San Lorenzo. In quegli anni la dittatura seminava morte e terrore in tutto il paese, ma in quelle terre estreme fu un periodo di grande sviluppo, tra cui la costruzione della carretera che unì i fiordi del sud al resto del paese. Luis ricordava con profonda nostalgia quel periodo di grande fermento.
– Arrivano tanti alpinisti quì?
– Tanti italiani sono passati di quì – riprese Luis – per salire sul San Lorenzo. Ho tanti amici italiani.
– Ci sei mai salito Luis?
– No, mai, mi hanno invitato ma non ho tempo. Ho gli animali, le pecore, le vacche, i cavalli.
– Quanto terreno hai?
– Non lo so – ridendo – da qui fino al San Lorenzo e al confine con l’Argentina.
Continuammo per un po’ a parlare dell’estancia, della montagna, dei suoi ghiacciai, degli italiani.
– Vi mostro una cosa – disse improvvisamente, e scomparve per qualche minuto.
Luis tornò con un barattolo tra le mani, un semplice barattolo di vetro, di quelli che di solito contengono sottaceti o confettura, ma che sembrava pieno di piccoli foglietti di carta a quadretti, pagine strappate da un quaderno.
Le sue mani svitarono il tappo e rovesciarono il contenuto sul tavolo, poi spiegarono con cura ogni singolo foglietto sul tavolo, rivelando il contenuto.
– Questo barattolo era al rifugio sotto il San Lorenzo. Ci sono i nomi di quelli che sono passati negli anni. Un giorno lo rubarono, pensavo di averlo perso. Dopo un po’ di tempo un tizio mi chiamò, mi disse che aveva recuperato una cosa che era mia, ma non mi rivelò dove l’aveva trovato. Mi disse solo che qualcuno l’aveva preso pensando di farci dei soldi con un libro.
Pescando a caso tra quei foglietti scritti a matita, trovammo nomi sconosciuti da tanti paesi, che a partire dagli anni ’80 avevano trascorso qualche notte al rifugio, alcuni con l’intenzione di salire la cima. Leggemmo di tanta frustrazione per il brutto tempo che non dava tregua, di tanti giorni di vana attesa, di tante fatali rinunce con la promessa di fare ritorno in quella terra che, comunque, lasciava un segno indelebile. Trovammo tanti ringraziamenti per l’aiuto offerto da Luis e dalla sua famiglia, cosa che naturalmente lo riempiva d’orgoglio.
Tra i foglietti ne scovammo infine uno del 1984 che portava in calce tre firme prestigiose, tre esploratori ed alpinisti italiani che avevano segnato la loro epoca, uno in particolare noto in tutto il mondo, che già sapevamo essere passati in quelle valli. Era proprio seguendo le loro tracce che eravamo giunti anche noi in fondo alla strada, oltre il guado.
Quel foglietto però non raccontava di imprese alpinistiche, di prime, di ripetizioni, di tentativi. Quelle poche righe raccontavano di tre amici che erano tornati a trovare il loro amico Luis, che avevano intenzione di salire il Cerro ma che, a causa del tempo, dopo alcuni giorni nel rifugio avevano dovuto rinunciare. Come tutti gli altri foglietti anche questo terminava con l’augurio di tornare, un giorno, a respirare il vento delle terre australi.
Come una bottiglia lanciata nell’oceano profondo, quel barattolo conteneva tanti messaggi affidati alla corrente del tempo, che noi avevamo trovato arenato nell’estancia sotto il Cerro.
Piegammo con cura tutti i foglietti e chiudemmo il barattolo. Volevamo dire a Luis di conservare con cura quel prezioso barattolo, quella memoria di tante avventure sulla sua montagna.
Luis però già sonnecchiava sulla poltrona quando ci alzammo, e ci salutò distrattamente quando uscimmo nel buio per tornare alla nostra tenda.
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foto:
1. La radura favolosa.
2. Il guardiano del barattolo di vetro.
3. La montagna.