Racconto

Eyes without a face

testo e foto di Emanuele Pennini  / Pinasca (TO)

Bergère e Franci giocano nella neve
29/12/2018
4 min
logo blogger contest2018_ita_senza feccia
Una nevicata improvvisa, appena dopo il tramonto. La temperatura è scesa giusto di quel paio di gradi per trasformare il nevischio in fiocchi molli e spugnosi.

Mezz’ora dopo siamo già ben sotto lo zero e la neve si è fatta tersa e dura. L’esperienza dello scorso anno mi ha insegnato che questa è una delle circostanze peggiori della nostra vita qui: l’acqua del torrente, di colpo, si pietrifica nei tubi, formando lunghi ghiaccioli maledetti. Così istintivamente apro il primo rubinetto che mi trovo dinnanzi, per controllare la situazione. L’acqua c’è: il primo problema per ora è sotto controllo. Mi riaffaccio alla finestra: le altre casupole della borgata sono impallidite dalla neve. Schiudo le imposte, ansioso di udire lo spazzaneve salire per la stradina del bosco. Niente. Dalla baracca sotto casa però giungono attutiti gli strepiti delle faine, che, indispettite dal rumore che ho creato, devono essersi dileguate in qualche anfratto della borgata. Nel bosco un allocco accenna un saluto.

Puoi scorgere solo gli occhi, dietro i quali non c’è un volto, un muso, un corpo.

Scendo nel piazzale a coprire la macchina, ormai avvolta da una soffice coperta di neve. Lo scricchiolio della neve ghiacciata sotto il mio piede copre un altro rumore, leggermente fuori sincrono; tanto che, quando mi blocco un secondo, in preda ad una certa angoscia, sento quell’inquietante rumore, non più malcelato dalla neve che si sbriciola al mio passaggio.
Non posso far altro che voltarmi di scatto verso il bosco, da cui proviene quel suono secco, come di legni che vengono calpestati e quasi macinati. Ecco, come l’anno scorso, la stessa sensazione di essere osservati dal bosco.

Se hai fortuna e cogli il momento più propizio, riesci perfino a incrociarli quei due piccoli fanali che luccicano, con un riflesso rosaceo o azzurrino, dipende dall’attimo in cui penetri quello sguardo. Puoi scorgere solo gli occhi, dietro i quali non c’è un volto, un muso, un corpo. Occhi che ti fissano per qualche istante, per poi, con un tonfo un po’ ciocco, salire sul crinale quei pochi metri che bastano a rifugiarsi nel buio e a lasciarti quell’angoscia iniziale.
Ovviamente niente di tutto questo sarebbe potuto accadere in presenza di Bergère, che corre come una forsennata su per il sentiero e per la parete montuosa, su e giù, abbaiando, sacramentando e sollevando col muso la neve rimasta farinosa in quei punti dove non è stata ancora calpestata. Bergère trasforma tutto in gioco, in schiamazzo, in bisca.

Ma stavolta quando ti giri gli occhi senza faccia non li vedi.

Ma  il biscazziere lo fai un po’ anche tu, quando, nel vuoto che segue la scomparsa degli occhi senza faccia, ti affanni ad alzare la voce per esclamare qualcosa, qualsiasi cosa interrompa quel silenzio fatto di tanti occhi che ti osservano da ogni angolo di nero.
Poi ti senti un fifone: allora torni indietro a coprire meglio la macchina per la notte, la tiri lunga il più possibile, scruti la montagna e ti fai anche qualche passo nel sentiero che va verso la miniera. Azzardi perfino qualche richiamo, un abbaio di capriolo o un fischio. Niente. Torni sui tuoi passi: hai superato la paura di essere pauroso e puoi salire verso casa soddisfatto. Fai qualche passo e di nuovo senti quello scrocchiare fuori sincrono. Ma stavolta quando ti giri gli occhi senza faccia non li vedi. L’angoscia ti assale di nuovo e sali i gradini di pietra due alla volta, non importa che siano ghiacciati. Quando oltrepassi il cancellino ti senti al sicuro.
Così ti immagini le risate si son fatti quegli occhi a vedere te che scappi, ritorni, sali in montagna, e poi te la dai a gambe.

Ci sarà qualcuno che avrà finito di leggere ridendo e deridendo. Ma almeno una volta quell’orrore cieco che ho descritto l’avrà provato anche lui, camminando nel bosco di sera, o anche in città, quando ti senti inseguito dal silenzio e dalla nebbia.

  • Verso la borgata
  • Lou Donn, la nostra borgata abbandonata
Emanuele Pennini

Emanuele Pennini

Ho 38 anni, 36 dei quali passati in pianura, in Lombardia. Poi la svolta: con la mia compagna e nostro figlio di due anni mi sono trasferito nella borgata abbandonata di Lou Donn, nelle Alpi della Val Chisone. Per sopravvivere faccio l'insegnante di lettere, per vivere basta la montagna.


Il mio blog | Vita a Lou Don è il blog in cui, da circa un anno, racconto la nostra vita qui nella borgata disabitata: in particolare, ho narrato, giorno dopo giorno, l'avventura del primo inverno a Lou Don. Scrivo anche racconti e favolette ispirati alla nostra montagna.
Link al blog

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Esplora altre storie

Erano i giorni dell’Adventsfenster, un’antica tradizione che passeggiava saltellando per i vicoli e lasciava... Erano i giorni dell’Adventsfenster, un’antica tradizione che passeggiava saltellando per i vicoli e lasciava sulla neve impronte nitide, persistenti. ...

"Non erano tanto i luoghi selvaggi del Canada o dell’Alaska ad attirarmi, quanto lo... "Non erano tanto i luoghi selvaggi del Canada o dell’Alaska ad attirarmi, quanto lo sferragliare dei treni merci avvicinati di nascosto." ...

Pochi sono i sogni che si avverano se non si sa cogliere il profumo... Pochi sono i sogni che si avverano se non si sa cogliere il profumo che un piccolo fiore calpestato emana prima di morire… ...

Tra Venezia e le montagne dell’Altopiano dei Sette Comuni si dipana il racconto di... Tra Venezia e le montagne dell’Altopiano dei Sette Comuni si dipana il racconto di Andrea Nicolussi Golo. Protagoniste sono tre donne: la giovane pittrice...

Il momento sembrava ideale. Mia moglie era andata via definitivamente (no, non era morta.... Il momento sembrava ideale. Mia moglie era andata via definitivamente (no, non era morta. Era finita in Costa Rica con quello che si diceva...

Estremo baluardo sull’abisso del Burèl è un vecchio pino nero ... Estremo baluardo sull’abisso del Burèl è un vecchio pino nero ...

Sapevo che le catene montuose sono generate da grandi terremoti, dall’attivazione di faglie che... Sapevo che le catene montuose sono generate da grandi terremoti, dall’attivazione di faglie che si muovono in risposta agli sforzi tettonici, ma non mi...

Quando cammini sentieri e tocchi rocce da tempi che nemmeno ricordi, ti può capitare... Quando cammini sentieri e tocchi rocce da tempi che nemmeno ricordi, ti può capitare di andare oltre quella scorza superficiale dove i più si...

Quattro intense giornate di scialpinismo, con compagni di avventura di sei nazioni, in una... Quattro intense giornate di scialpinismo, con compagni di avventura di sei nazioni, in una delle più belle valli del Tirolo austriaco. ...

Come nelle migliori tradizioni, dopo una giornata fosca il tramonto fu splendido e pieno... Come nelle migliori tradizioni, dopo una giornata fosca il tramonto fu splendido e pieno di speranze. Subito dopo la cena, servita da camerieri in...