Recensione

SE NON DOVESSI TORNARE

E hai ottenuto quello che volevi da questa vita, nonostante tutto? Sì.
E cos’è che volevi? Potermi dire amato, sentirmi amato sulla terra. (R. Carver)

Recensione di Davide Torri

31/03/2023
7 min
Enrico Camanni arriva in libreria con un libro che saprà sorprendere anche chi ha già dato per le storie dell’alpinismo eroico.

“Se non dovessi tornare. La vita bruciata di Gary Hemming”, alpinista fragile è un peradam prezioso, un appuntamento da non perdere, una lettura che ci emoziona e ci rende partecipi, dentro, profondamente dentro, all’improvvisa ascesa e terribile caduta di uno di noi. Un breve e fondamentale pezzo di storia della nostra società (e dell’alpinismo che dentro ci stava) raccontato come un romanzo. Come un romanzo perfetto.
Il libro, diviso in quattro parti, si avvia con un prologo: “Gary è alto, ossuto e duro. Tende al biondo senza esserlo davvero. Seduttore naturale, paralizza le sue vittime con il sorriso beffardo e gli occhi da lago di montagna.”

Prologo che apre anche la finestra temporale, gli anni ‘60, dove Gary, con tutti gli altri personaggi, si muove. Il luogo è la montagna, le montagne: Grandes Jorasses, Aiguille du Fou, Grand Capucin, Mount Rainier, Grand Teton, Sentinel Rock, Shawangunk, Orizaba, Iztaccíhuatl, Aiguille Verte, Aiguille de Triolet, Petit Dru.
E su questa guglia si svolge la prima parte del libro. Dru sta a significare qualcosa di colossale, senza punti deboli: un monolito.

“Nessuno torna a Chamonix senza una fotografia del missile di granito puntato sulle nuvole.”

Ma il Petit Dru, più del suo fratello maggiore, non è così solido come dovrebbe[1] e questa sua imperfezione sembra essere il simbolo della vita dell’americano: destinata a franare.
Se non conoscete la storia di Gary Hemming leggerete l’ultimo libro di Camanni come un romanzo romantico, nell’accezione più ampia, accorgendovi già dalla prima pagina, che si arriverà al dramma, se già avete letto[2] su questa vicenda potrete godere ancor di più della bella scrittura esistenziale e filosofica che l’autore mette sulle pagine.

Gary Hemming sembra fatto apposta per una vita spericolata, trent’anni prima di Blasco.
La prima parte racconta, nella fredda estate del 1966, del salvataggio sul Petit Dru del meccanico di Hannover Hermann Schriddel e del suo casuale compagno di cordata lo studente Heinz Ramisch. Giovani alpinisti arrivati ai piedi del Monte Bianco con pochi soldi, poche ferie e ancora meno esperienza. Sceglieranno la parete ovest con la pazzia e l’irresponsabilità di chi ha davanti ai propri occhi una Circe ammaliatrice. Finiranno nei guai. Senza più poter salire e nemmeno scendere aspetteranno gli eventi su un terrazzino di roccia a più di trecento metri dalla cresta della vetta. Trecento metri di “parete verticale, aggravati dagli strapiombi, dalle nuvole e dal vento.”

Scrittura serrata e appassionata quella che segue le vicende del salvataggio: saranno in campo gli uomini dell’esercito con una idea che si rivelerà mortale, i professori delle Guide Alpine e, stracciati ma felici, i pirati reclutati da Gary.
Mick Burke, britannico, venticinque anni, calmo e competente, conosce la via di fuga giù dalla Diretta americana; Gilles Bodin, zingaro di Parigi, spirito libero e senza paura; François Guillot, giovanissimo anche lui, un gatto che arriva da Marsiglia; Gerhard Baur, nato nel 1947, da grande sogna di lavorare nel cinema di montagna[3].

Con Lothar Mauch e Gary saranno la meglio gioventù̀. Bastardi senza gloria a cui si aggiungerà René Desmaison, la più famosa ed invidiata guida di Francia con Vincent Mercié, ventitré anni e aspirante guida. Un californiano ed un francese che si rispettano a vicenda e che hanno uno dell’altro una idea quasi mitica.
Perché “ogni alpinista è responsabile dei salvataggi in montagna. Non solo le guide, che sono pagate per i soccorsi. E nemmeno i militari, che è il loro mestiere (…) la cosa più̀ bella in assoluto è correre in aiuto di chi ne ha bisogno.”

Il salvataggio sui precipizi del Dru attirerà giornalisti e televisioni importanti: Le Figaro, Paris Match, l’Office de Radiodiffusion de la Télévision Française, dalla Germania Stern. Il pubblico vuole conoscere in diretta le sorti dei disgraziati del Dru, vuole lo spettacolo e spettacolo sarà.
“Le pupille di mare di Hemming e gli occhi persi di Schriddel e Ramisch bucano l’obiettivo. Alle undici del 21 agosto 1966 Gary diventa l’uomo da copertina.”
Sembra, fin qui, che i vincitori siano gli eroi della storia ma questa non è una storia di alpinismo.

Erinco Camanni, l'autore di “Se non dovessi tornare" e Andrea Giorda.

La seconda e terza parte del libro vedrà Gary affrontare una scalata a cui non ha mai pensato: la via della gloria e l’incontro con la scrittura.
Camanni interseca con abilità non comune i fatti personali del cappellone biondo con quanto accade nel mondo in quella breve striscia di anni fantastici (gli ultimi fino ad oggi). Martin Luther King, l’Arno che sommerge Firenze, il Vietnam, Bob Kennedy, Jan Palach e l’invasione sovietica di Praga, Luigi Tenco e Sanremo, la conquista dello spazio e l’Apollo 11. E poi il ‘68 parigino a cui Gary assisterà con sguardo confuso. Lui che con le sue salite, il suo essere marinaio, artista, girovago e anarchico ha anticipato sulle pareti delle montagne l’arrivo di quel movimento di protesta, si trova ora ad osservare dal suo piccolo appartamento a Montmarte quello che accade nelle strade. Forse la Parigi dei carri armati schierati da de Gaulle non è quella, da lui amata, descritta da Henry Miller trent’anni prima o forse Gary non ha le parole giuste per i giovani studenti assiepati nel teatro Odeon[4].
“Sai che c’è? Quando ci parlo a tu per tu mi sembrano dei fratelli, ma se sono tutti assieme vedo un gregge di pecore pulciose. L’individuo è bello, la massa è spaventosa.”

Se esistesse il “camannismo” come stile di scrittura questi capitoli ne sarebbero intrisi. E lo sarebbero per almeno tre motivi: perché Enrico è un vero storico dell’alpinismo e, in particolare, di quegli anni che presero il via proprio dal movimento parigino[5], secondo perché, come in altri suoi libri, il personaggio principale fa e dice cose con la voce, e con l’accento torinese, di Camanni:
“Mi piace pensare che Gary si attardi a guardare le nuvole e il calare del sole, come facciamo noi scalatori sulle alture che ci hanno fatto sudare, prima di scendere.”
Infine, perché nessuno conosce e descrive il Monte Bianco come l’autore di “Se non dovessi tornare”.
“La mattina seguente la porta si aprì su una cascata di seracchi bianchi come pezzi di torrone alle mandorle: allora scoprirono di essere in paradiso.”

Quarta parte. Gary arrampica poco e male, la sua scimmia è un libro, quello che non scriverà mai. Chi scrive un libro cerca attorno a sé l’amicizia se non l’amore: Gary avrà entrambe. Amicizie preziose come Pierre Joffroy, giornalista che, dopo l’estate del ‘66, non lo abbandonerà mai nonostante le bugie, le debolezze, gli inciampi dell’alpinista bislungone e Pierre Mazeaud, alpinista e giurista parigino, uomo che saprà essergli riconoscente ma che non potrà salvarlo da se stesso. E gli amori: Claude, da cui avrà anche un figlio, la giovane Marie-Claude e Françoise, l’amore più doloroso.

Gary è cambiato, il ragazzone non c’è più, ora c’è un uomo diverso, sono passati pochi anni ma sono bastati: la salita al successo e la paura della discesa l’hanno cambiato. Ha capito che la fama è una puttana di lusso e che lui non potrà mai fare un miracolo al giorno.
“Io sono quello che ero prima. Prima ero già io, come sono adesso. Perché allora nessuno si accorgeva di me?”
Gary lotta con la scrittura e perde, perde perché la sua vittoria avrebbe bisogno di una macchina del tempo per portarlo ai nostri giorni[6] “Sui miei quaderni scrivo di luci, ombre, notti, risvegli (…) Sono la pattumiera di me stesso.”
“Se non dovessi tornare” si chiude con un epilogo, doloroso e poetico. Dentro c’è tanto Camanni, tanto Gary e un poco di Settembrini.
Ma ormai è tardi, è veramente tardi.
Gary non è più Aldo Raine, ora è Joseph Merrick.[7]

Gary, Andrea, Gian Piero e io
40 anni fa io e Gobetti eravamo due giovani redattori della Rivista della Montagna. Andrea si vedeva poco, ma scriveva benissimo e piombava ogni tanto con delle idee. Io sgobbavo, imparavo e raccoglievo le provocazioni. Sopra di noi, non per ruolo ma per carisma, c’era Gian Piero Motti, filosofo della Rivista e dell’alpinismo, il fratello grande che ci ispirava e proteggeva quando era dello spirito giusto. Un giorno ci parlò di Hemming il californiano, che su un giornale francese aveva scritto di elicotteri, di pirati e del Dru. Cercammo il numero di Paris Match, trovammo l’articolo, Andrea tradusse e presentammo Gary sulla Rivista, mettendo insieme il poco che si sapeva di lui. Non ricordo se Gian Piero ebbe il tempo di vedere l’artico pubblicato, perché se ne andò per scelta il giorno più lungo del 1983, lasciandoci terribilmente soli e confusi, però mi pare che glielo facemmo leggere e disse «bravi, è una bella storia». Non era solo bella, era la storia di una generazione. Per la prima volta un alpinista non parlava di se stesso, ma dei suoi compagni e della guerra in Vietnam. È così che ho conosciuto Gary Hemming.
Enrico Camanni

_____

[1] Tra le tante frane quella del 2005 resta, per ciò che ha cancellato, significativa. Quel giorno di fine giugno, sul pilastro sud ovest del Petit Dru, venne giù la straordinaria via di Bonatti.
[2] Su tutti: Gary Hemming. Una storia degli anni ’60 di Mirella Tenderini Edito da CDA & VIVALDA, 1992.
[3] Baur vedrà il suo sogno realizzato. https://trentofestival.it/archivio/1982/der-weg-ist-das-ziel-die-eiger-nordwand-tragodie-1936
[4] Poco tempo dopo, Pasolini, le troverà: I ragazzi poliziotti che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione risorgimentale) di figli di papà, avete bastonato, appartengono all’altra classe sociale. A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte della ragione) eravate i ricchi, mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque, la vostra! In questi casi, ai poliziotti si danno i fiori, amici.
[5] Camanni gli ha dedicato uno dei suoi libri: Nuovi mattini. Il singolare Sessantotto degli alpinisti. Edizioni CDA e Vivalda 1998. Per una prima conoscenza si consiglia https://gognablog.sherpa-gate.com/1968-rinascimento-alpinistico
[6] A così ben da dire Carlo Rovelli: la differenza tra passato e futuro […] è un po’ come la differenza fra due direzioni geografiche”: non si declina in forma assoluta, ma appunto locativa.
[7] https://it.wikipedia.org/wiki/Bastardi_senza_gloriahttps://it.wikipedia.org/wiki/The_Elephant_Man

Se non dovessi tornare

Autore: Enrico Camanni
Editore: Mondadori, 2023
Pagine: 288
Prezzo di copertina: € 19,00

Mondadori

Davide Torri

Davide Torri

Insegnante di educazione fisica. Da diversi anni promuove iniziative dedicate alle terre alte (e anche alle montagne di mezzo). Ha prodotto documentari e spettacoli teatrali, organizzato convegni, incontri, mostre, costruito progetti di microeconomia alpina, pubblicato saggi e ricerche: il tutto dedicato alle montagne e alla gente che sopra ci vive (in pace). Collabora con altitudini da molto tempo.


Il mio blog | Scrivo su altitudini.it da molto tempo. Mi piace starci perché, nonostante sia virtuale, è un luogo dove la concretezza delle persone e delle montagne è sempre lì: da toccare.
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2 commenti:

  1. Diego ha detto:

    Ispirante ,desta curiosità, la recensione aiuta a capire che il libro tratta di montagna ma nello specifico , dell’ animo di chi la vive . Molto bene lo leggerò

  2. Christian ha detto:

    Bellissima recensione Davide , non mi resta che cercarlo e leggerlo sono proprio curioso di conoscere le imprese e i pensieri di Gary Hemming.

    Grazie

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