Liberi di sbagliare… ricordo assai bene, toccandomi le cicatrici in varie parti del corpo accumulate in quarant’anni di alpinismo, tutte le volte che in montagna ho sbagliato.
So che a volte la montagna mi lancia segnali che aumentano lo stato di allerta della mia corteccia cerebrale, piccoli segnali che vengono registrati ma non lasciano un segno tangibile.
Altre volte la montagna mi lascia un segno, la cicatrice appunto. Nella mia umanizzazione del rapporto con la montagna penso che questi segni e segnali ricevuti servano a tenermi distante dal grande definitivo, conclusivo ed irreparabile passo finale che cerchiamo sempre di schivare.
Naturalmente sappiamo benissimo che queste elucubrazioni mentali non esistono in quanto la montagna non pensa, non ragiona e non si rapporta con noi e alla fine basta una sola pietra al posto giusto per terminare il nostro percorso terreno!
Questa strana ed inconscia sensazione di sopravvivenza la chiamiamo anche esperienza alpinistica.
Vi racconto di un piccolo segnale che la montagna ha lanciato a me ed ai miei figli Francesco e Paolo, allora quindicenni e sedicenni.
Quel caldo pomeriggio estivo partimmo molto tardi, con l’obbiettivo di ripetere una via che avevo aperto 25 anni prima e che ricordavo, o almeno così pensavo, perfettamente.
Paolo tirò la via da capocordata mentre io e Francesco salivamo tranquilli, stupendomi sia della bellezza della via, oggi una classica della Val d’Adige, sia dei numerosissimi spit presenti: ne arrivai a contarne fino a 110. Ovviamente in apertura non ne usammo e abbiamo anche fatto un uso rarefatto di chiodi, 5 o 6, preferendo nut e stopper. Allora mi sembrava una via esplorativa che forse mai nessuno avrebbe più ripetuto.
Ma torniamo a noi… superiamo l’ultimo esposto traverso verso destra, saliamo una placca strapiombante e, per facili roccette – citazione di Castiglioni – siamo in vetta o meglio alla fine della parete.
Cosa facciamo ora? – mi incalzano i ragazzi -Torniamo in doppia o lungo il sentiero? Poiché la via sale in diagonale, le doppie si presentano ostiche e complesse e quindi decidiamo per la strada più sicura… il sentiero. Questo sentiero lo ricordo bene poiché oltre ad aprire la via ci siamo dovuti aprire anche il sentiero di avvicinamento e pure il sentiero del ritorno.