Dentro di me si agitavano sensazioni disagevoli. Stava sorgendo una sorta di rivoluzione di cui non trovavo la causa.
Per ovviare al peggio, decisi di fare una vacanza, circondata dalla natura e distante dalla quotidianità. Scelsi l’Irlanda con la segreta speranza che il verde brillante della sua erba e delle sue foglie acquietassero le acque tormentate della mia mente. Come un riflesso della situazione interna così la realtà si adattò, provocando una serie di scioperi che coinvolsero anche il mio volo. Dovetti partire con un giorno di ritardo per fare scalo poi, a notte fonda e sotto una fastidiosa pioggerellina, a Dublino. La mattina mi svegliai sotto gli auspici di una colazione abbondante a base di fagioli e pudding. Visitai la città in lungo e in largo lasciando che i miei passi sostituissero la stanchezza alla tensione. Mi abbandonai al vagare senza meta permettendo ai pensieri di districarsi e di sciogliersi. Prenotai anche le escursioni: Cork, Cliffs of Moher, Giant’s Causeway e Galway.
Fu proprio in una di queste, in un momento di totale beatitudine, dopo essere stata bagnata da degli schizzi di acqua ghiacciata, risalenti da un anfratto sullo sperone di roccia, a farmi comprendere quanto necessitassi di semplicità. Più che aggiungere qualcosa alla mia vita avevo bisogno di togliere. Quell’attimo era stato per me salvifico, come se una porta si fosse improvvisamente spalancata dentro di me, per farmi vedere che tutto ciò che perseguivo e cercavo fosse in verità già presente. Ritornai con questa nuova conquistata consapevolezza, felice di aver trovato il bandolo della matassa della mia inquietudine.
Ero però scoraggiata dal fatto che ritornando a casa non avrei avuto il supporto del verde brillante. Mi affidai, dunque, alle sapienti zampe del mio amico canino Tom. Lui, forse, mi avrebbe portato a connettermi di nuovo con la terra. Passeggiando nei dintorni, sempre più frequentemente, mi resi conto che la verde Irlanda si trovava intorno a me. Sorrisi, perché trovai buffo essermi dovuta allontanare per vedere meglio ciò che mi circondava. Nacque in me una curiosità nel tempo abbandonata di scoprire il mondo. Ricordai quante volte, da bambina, sognavo ad occhi aperti di viaggiare per conoscere le celate bellezze dell’universo.
Fortunatamente vivo nei pressi di una montagna e la scelta dei percorsi da fare non manca. Ma quanta fatica salire in alto quando non si è allenati! Molte volte mi ritrovavo con il fiato corto e i muscoli delle gambe che bruciavano dallo sforzo e mi veniva da piangere. Possibile non fossi capace neanche di passeggiare? Gli occhi pazienti di Tom mi osservavano con dolcezza come a infondermi fiducia, e funzionava, senza di lui non sarei riuscita a raggiungere la meta.
Di volta in volta salivo sempre più in alto, finché un giorno scoprii un percorso, appena sopra il paese, nascosto fra le piante di ulivo. Proseguii fino a raggiungere uno spiazzo di terra piantonato da ulivi. Mi sedetti a fianco a riprendere fiato e osservai il paese in basso. C’era rumore e distrazione mentre lì c’era calma e silenzio. Il paragone era inevitabile. In basso mi sentivo incerta, in alto sempre più rilassata. Ogni tanto tra le rocce spuntavano delle facce scolpite da abili artisti della zona. Raggiunsi un capitello dedicato alla Madonna, frequentato durante i periodi di festa e attrezzato con tavoli e focolari.
Sulla sinistra, quasi nascosta da occhi indiscreti, un sentiero si inoltrava nel bosco. C’era qualcosa di impattante e tormentato che non riuscivo a decifrare. Forse quel silenzio assordante mi preoccupava. Mi sentivo mille occhi puntati addosso e non riuscivo a proseguire. Non mi perdetti d’animo però. Mi bastò guardare ancora una volta negli occhi Tom per sapere che potevamo andare avanti. Con il giusto ritmo di camminata, l’oppressione svaniva e gli occhi del bosco mi sembravano meno minacciosi. Lo spazio vitale si stava aprendo permettendomi nuovamente di vedere in basso e riconoscere il fiume che correva sottostante.
Iniziavo a entrare in sintonia con l’anima del bosco, con i suoi segreti e la sua saggezza. Mi stava insegnando a rimanere umile, ad ascoltare e ad apprezzare ciò che c’era. Esattamente com’era. Se il bosco faceva questo, lo potevo fare anch’io con me stessa. E ogni volta che un dubbio nasceva dentro di me sapevo che potevo tornare qui per risolvere il problema. Perdendomi in un sentiero che pareva oscuro e spaventoso avevo affrontato inconsciamente i mostri della mia anima e dolcemente li avevo combattuti. Non si erano allontanati ma avevamo imparato a convivere assieme.
Le mie radici, come quelle di un albero, rimangono ben piantate a terra. I rami, come la mia anima, nel tentativo di salire verso la luce, si sbilanciano. Guardandoli rimangono stabili ma in verità il vento li sposta di continuo. Allo stesso modo anch’io, sospinta dalle vicissitudini della vita barcollo, ma, avendo fiducia del mio essere, rimango in equilibrio. Questo l’insegnamento del bosco e della lunga strada percorsa per arrivare ad esso.