La prima volta che l’aveva raggiunto si era messa a piangere come una bambina, sopraffatta dalla bellezza, dall’imponenza. Ricordava di avergli parlato come ad una persona, aspettandosi una risposta. Pensare di scalare il Campanile era uno di quei sogni nel cassetto che coltivava da anni, non si sentiva mai sufficientemente sicura, nonostante i corsi e la pratica, le sembrava impossibile poter realizzare quel sogno.
Continuava a studiare minuziosamente il percorso, le sembrava di averlo praticamente già salito da quanto ricordava ogni minimo passaggio. Ma non l’aveva fatto. Il desiderio era molto intenso perciò quando Aldo, la guida alpina suo amico, le propose di seguirlo per arrampicare proprio sul Campanile il Sì le sfuggì quasi di bocca, senza un attimo di esitazione. Era il cuore ad aver parlato per primo.
Organizzarono l’uscita in un batter d’occhio, chiesero anche a Luca se voleva unirsi a loro. La prima risposta era stata affermativa, poi aveva sottolineato che lui non se la sentiva proprio di arrampicare, ma di fare un paio di giorni in mezzo alle montagne sì, aveva voglia. Pensarono così di fare un’uscita per così dire mista, un po’ di arrampicata e un po’ di escursione lunga. La proposta venne votata all’unanimità.
Aldo la guida, Luca e lei
Partiti praticamente all’alba, come al solito, avevano trovato un particolare movimento di gente a Barcis. Si stava preparando uno degli eventi legati ai campionati di nautica o motonautica sul lago. Anche a Cimolais si stava preparando una festa, la sagra paesana di inizio estate e le persone iniziavano ad allestire molto presto al mattino quanto serviva poi per i festeggiamenti.
Niente pedaggio all’imboccatura della Val Cimoliana, avrebbe pagato Aldo al ritorno i fatidici 6 euro del pass giornaliero. Al momento del loro transito non c’era ancora nessuno. La stradina era tutto sommato buona, un po’ di sterrato, qualche guado praticamente asciutto, in breve tempo si erano trovati nei pressi di Malga Meluzzo. Le vacche erano già in movimento, si potevano sentire i rintocchi dei campanacci. Avevano lasciato la vettura nel parcheggio di Pian Meluzzo, c’erano tre o quattro macchine, probabilmente gli ospiti del rifugio.
Cinque minuti a piedi e si erano trovati al Pordenone, l’aurora accennava qualche timido chiarore. Erano dunque in tre, Aldo la guida, Luca e lei. L’itinerario concordato e messo a punto durante il tragitto era quello di salire il Campanile, Aldo poi sarebbe rientrato con la macchina mentre lei e Luca si sarebbero fermati a dormire al bivacco Perugini per riprendere il cammino il giorno seguente verso Forni di Sopra, con tutta probabilità puntando al Rifugio Giaf.
Al Pordenone avevano suonato per ritirare le chiavi del bivacco, il gestore era sceso in pigiama, lo sguardo un po’ perso, ancora probabilmente addormentato. Aldo l’aveva chiamato la sera prima per avvisarlo e per vedere se il bivacco era libero. In quel periodo gli escursionisti si muovevano parecchio e il Campanile era una meta ambita da scalatori provenienti un po’ da ovunque.
Il gestore, dopo aver consegnato le chiavi si era raccomandato di non lasciare nulla in giro, tipo rifiuti o cose del genere. Le chiavi le avrebbero consegnate al gruppetto che sarebbe arrivato l’indomani: si trattava di tre austriaci che avevano prenotato il bivacco per più giorni. Con tutta probabilità avevano l’intenzione di arrampicare su tutte le cime circostanti, sulle cime di Toro, le Crode Bianche, il Monfalcon di Montanaia, ce n’era per tutti i gusti. Accordati su tutto, fatta una buona scorta di acqua, i tre avevano lasciato il rifugio assopito con tutti i suoi ospiti.