Ci sono luoghi in cui arrivi per caso, senza volerlo. Quando parto non so mai a cosa andrò incontro e forse è proprio questo a rendere i miei viaggi così pieni di senso. Quel che conta è trovare, ogni volta, la giusta motivazione per partire. Il perché si svela da solo, passo dopo passo, chilometro dopo chilometro.
Valmalenco Ultra Trail, 87 km di pura fatica. Un sogno nel cassetto. E’ venuta naturale la decisione di percorrerne la prima metà, in un bel sabato di inizio luglio, per sentire sotto alle suole il sapore di questa avventura. Tracciato disegnato su un foglio e una lista con i nomi dei rifugi per individuare meglio la rotta, per non perdere la strada. Una giornata intera per percorrerne i primi 40 Km e gli oltre 3000 metri di dislivello che si inerpicano su sentieri duri e impervi. Un the caldo al rifugio Longoni e un ultimo sguardo alla “cartina disegnata”, per non perdere la strada. E si riparte, certa di arrivare, in due ore e mezza, al lago Palù. Seguo i segnavia, i bolli gialli. Le gambe sono stanche ma continuano a macinare chilometri. A preoccuparmi ora è il buio della sera, che scende veloce e vela lo sguardo. Seguo i bolli, per non perdere la strada. Forse una cartina, una vera, mi sarebbe stata utile. Il sentiero sembra scendere. Lo seguo. Perdo i bolli, perdo la strada. Senza saperlo, senza capirlo. Il lago deve essere là sotto, per forza! Me lo ripeto, in maniera quasi ossessiva, perché il sole si è già nascosto dietro le vette più alte. Il passo si fa sempre più veloce. Non sono ancora cosciente di aver perso la strada. Esco dal bosco ancora con la certezza di trovare un lago (e il rifugio dove pernottare) e invece mi ritrovo dinanzi ad alcune mucche e un pastore, senza denti e senza età. La gerla sulla schiena e il secchio del latte, ancora tiepido, nella destra.
“Salve” – sfodero uno dei miei sorrisi migliori – “Credo di essermi persa. Credevo di essere al lago Palù”.
Mi guarda, come se fossi uno strano animale.
“Sei sola?”
“Sì, ma non importa. Il lago…”
“Il lago sta dall’altra parte della valle…”
“Ah, bene. Bene ma non benissimo…”. Non capisce la battuta, è evidente, e mi guarda serio.
“Dove siamo scusi?”
“Entova, Alpe d’Entova”
“Fa buio qua, ora. Non occupo spazio e dormo anche per terra”
“Devo mungerne ancora una”. Mi guarda con sospetto. Non ha detto sì, non ha detto no.
“Guardo, se non reco disturbo”.