La vecchia stufa non è riuscita ad asciugare nulla in poco più di mezz’ora. Mi guardo attorno e mi sembra di essere in un edificio abbandonato abitato da qualche senzatetto. Immondizie buttate nel cassettone della legna, qualche fornello, una branda con dei vestiti logori ammucchiati, quattro litri di grappa sullo scaffale. Com’è che sono arrivato fin qui?
Sono a malga Lagorai, punto nevralgico di un progetto di riqualificazione che interessa diverse strutture utili a chi effettua il trekking di oltre 80 chilometri che da Passo Rolle arriva fino alla Panarotta, in Trentino. È il terzo giorno che avanziamo sotto la pioggia battente e dopo 44 chilometri siamo costretti ad abbandonare. Con il frontalino ci avviamo a piedi verso Ziano, mancano 8 chilometri su strada forestale per incontrare un amico che ci porterà a casa.
Mille chilometri quadrati di boschi, pietraie e laghi
Quando Elisa mi ha scritto dicendomi di voler fare la Translagorai non pensavo che sarei arrivato a rimpiangere la mia scelta di prendere parte a questa avventura. È da diversi anni che frequento il Lagorai per arrampicare, fare escursioni estive, scialpinismo, ed ho sempre voluto fare questo trekking che percorre la catena nella sua interezza. Cinque giorni in completa solitudine nell’unica montagna che d’estate non è presa d’assalto dai turisti. Pochissimi i rifugi tra le aspre rocce di porfido, pochissimi i punti di appoggio Non ci sono gli spettacolari panorami delle Dolomiti fassane, non ci sono funivie o navette. Solo alcuni bivacchi e malghe, sparsi su più di mille chilometri quadrati di boschi, pietraie, moltissimi laghi e ovunque i segni della Grande Guerra.
La logica sembra essere sempre la stessa: sfruttare un’area naturale per addomesticarla, renderla più accessibile a tutti.
Mentre mi incammino infreddolito e fradicio sulle sponde di lago Lagorai per scendere a valle, odio il Lagorai, perché non c’è un rifugio dove potermi riscaldare, perché molte delle strutture sono così spartane da risultare inutilizzabili, perché è un luogo che ti mette alla prova in continuazione e perché con settembre sembra arrivato l’autunno. In alto abbiamo visto la prima neve della stagione e nel bivacco dedicato a Nada Teatin abbiamo deciso di abbandonare il percorso in quota perché troppo rischioso e siamo scesi a valle.
Potrebbero essere gli ultimi anni del Lagorai
Non c’è mai stata fretta di fare la Translagorai, è sempre stata lì ad attendere in silenzio, ma da un po’ di tempo si è cominciato a parlare di riqualificazione e riprogettazione dell’intera area. La discussione ha coinvolto un gran numero di addetti ai lavori e appassionati di montagna. La logica sembra essere sempre la stessa: sfruttare un’area naturale per addomesticarla, renderla più accessibile a tutti. Potrebbero essere gli ultimi anni del Lagorai così come lo conosciamo, mi sono detto, ed ho deciso di prendere parte al progetto di Elisa e partire.
Con alcune settimane di anticipo, Elisa, ha iniziato ad essiccare zuppe, cuscus e barrette energetiche per riuscire ad essere completamente indipendenti e cercare di avere meno rifiuti e peso da portare nello zaino. A fine essicazione abbiamo 1,5 kg di scorte che occupano pochissimo spazio da dividere per tre notti e quattro giorni. Sono così contento quando carico lo zaino: con tenda, sacco a pelo, materassino, pane, qualche salsiccia e un po’ di formaggio comprati a Predazzo, sono sotto i 15 kg totali.
Con l’uso dei mezzi pubblici e un fortunatissimo autostop raggiungiamo Passo Rolle, la giornata è splendida, il cielo terso tipico delle giornate settembrine ci riempie la vista. Antonio, che ci ha caricati a Predazzo è del posto, ci racconta come ha vissuto la folle notte di ottobre mentre la tempesta abbatteva gli alberi mettendo in ginocchio la valle. Salutiamo contenti del passaggio e iniziamo a camminare.