Recensione

GENIUS LOCI, LA SENTINELLA DEL MONTE GRAPPA

La nuova mostra del pittore Giorgio Serena, che inaugura a Bassano del Grappa a gennaio 2024, è strettamente legata al suo territorio natale. «Per me, cercare lo spirito di questi luoghi, non è solo nostalgia romantica per il passato. È la nostalgia per un futuro in cui noi non ci saremo più».

testo di Luana Bendo

06/01/2024
6 min
Giorgio Serena è un pittore di Castelfranco Veneto, laureato in storia dell’arte, gallerista e appassionato di musica classica.

Da sempre abita nella terra del Giorgione, immerso nella campagna ma vicino alle montagne che dipinge nei suoi quadri. Il suo legame con la montagna risale a molto tempo fa, quando nel 2006 tenne una mostra personale “La nostalgia dei miti – Cent’anni di fantasmi buzzatiani in Val Belluna” a Belluno in occasione del centenario della nascita di Dino Buzzati, proprio nel granaio di Villa Buzzati nel quale lo scrittore aveva ambientato uno dei suoi racconti di fantasmi. Segue nel 2008 a Dobbiaco “Il canto della terra – Cent’anni fa Mahler a Dobbiaco”, in occasione del centenario dell’ultima opera del compositore austriaco.
Genius Loci, La Sentinella del Grappa” è invece la nuova mostra di Giorgio Serena che inaugurerà a Bassano del Grappa, ad inizio 2024, e sarà strettamente legata al suo territorio natale.

La campagna a nord di Castelfranco, che si eleva impercettibilmente verso le colline di Asolo, verso le Prealpi Venete che vanno da Bassano a Pederobba, ha un primato: è stato il primo paesaggio nella storia dell’arte italiana a diventare, non più semplice sfondo per le figure di angeli e santi, ma vero e proprio soggetto protagonista del quadro. Per chi dalla pianura guardi verso nord, ecco profilarsi laggiù un maestoso spalto di montagne dominate dal Monte Grappa, noto come “La Montagna Sacra” per tutti coloro che abitano la pianura circostante.

«In certe mattine dall’aria limpida e trasparente, guardando verso nord mi sembra quasi che le montagne abbiano silenziosamente camminato nottetempo in direzione di casa.
Ammirando dalla finestra il Monte Grappa che si erge all’orizzonte, spesso mi è capitato di fantasticare. Questa distanza dalla Montagna Sacra mi è sempre sembrata una metafora: la vita, come il cammino di un pellegrino che lentamente attraversi il paesaggio che si stende dinanzi a lui percorrendo una strada che porta sulla cima della montagna, dove infine il sole del tramonto gli irraggi sul volto una luce gloriosa.
Ogni volta che salgo il Grappa una pace interiore mi avvolge. Guardando il panorama sottostante, le incantevoli colline asolane incoronate dalla Rocca e via via più distanti i dettagli della pianura che si stende all’orizzonte, mi capita di pensare: qui sotto è dove vivono le persone che amo, è dove sono sepolti i miei morti, è il posto da cui vengo ed il posto dove vorrei giacere alla fine del mio viaggio».

Genius Loci, La Sentinella del Monte Grappa

Palazzo Bonaguro, Bassano del Grappa (VI)


Dal 7 al 28 gennaio 2024

www.giorgioserena.net

«Guardare la montagna dalla pianura mi ha sempre aiutato ad elevare lo sguardo ed i pensieri. Dalla mia terrazza di casa guardo con il cannocchiale le cime più distanti, le cime che ho perlustrato nei miei vagabondaggi e questa “distanza magica” mi fa avere una nostalgia primordiale per quei luoghi: mi fa venire la voglia di tornare lì.  Penso sia stato così da sempre per gli esseri umani. Le montagne, così difficili da abitare sono da sempre un rifugio della mente. L’uomo, che nella pianura trova le comodità del vivere industrioso, ambisce alle vette perché è solo lì che si ha l’impressione di staccarsi dalla massa formicolante; è solo lì che ci si può sentire come un’aquila che volteggia solitaria e leggera, sostenuta dalle correnti ascensionali. Gli eremiti di un tempo cercavano di isolarsi sulle vette più impervie, perché era lì, nella solitudine e nella fatica che si sentivano più vicini a Dio.

Il Massiccio del Grappa se ne sta lì da milioni di anni, con la sua rassicurante e solida stazza, a fare da argine alle nostre paure sulla fuggevolezza delle cose.
Ammirando lo spalto di montagne che chiudono la pianura padana, Cima Grappa è la vetta più riconoscibile, quella che si porta dietro tutte le storie che ci hanno tramandato i nostri vecchi fin dalla nostra infanzia. Per chi abita in questa zona è come il Monte Fuji, o l’Etna: è La Montagna».

Tanti sono i versanti da cui lo si può salire, ma i più vicini a Castelfranco sono Romano d’Ezzelino, Madonna del Covolo sotto Crespano del Grappa o Semonzo del Grappa, si possono percorrere i sentieri più impervi e verticali, ma allo stesso modo è possibile addentrarsi nei boschi fitti e immergersi completamente nella contemplazione della natura circostante (come il sentiero panoramico delle Meatte).
Alla fitta boscaglia del Monte Grappa Giorgio Serena dedica una miniserie di quadri intitolata “L’oracolo del bosco”.

«Per me, cercare lo spirito di questi luoghi, il Genius loci del Monte Grappa», afferma Giorgio Serena, «non è solo nostalgia romantica per il passato. È la nostalgia per un futuro in cui noi non ci saremo più. Accettare l’idea che in quel certo posto, nel teatro di quella che è la nostra vita, noi non ci saremo più. È la rappresentazione del nostro mondo senza di noi.
Vorremmo che la nostra memoria si fondesse con quella dei nostri luoghi, cosicché quando i posteri li abiteranno, noi saremo lì con loro, come noi siamo stati nei luoghi intrisi della presenza/assenza dei nostri predecessori».

Gli altri elementi distintivi dell’arte di Giorgio sono le cornici di terra, gli omini stilizzati e le case coloniche.

«Le case coloniche che dipingo in primo piano, quelle case che vanno scomparendo, archeologia del nostro passato, rappresentano la nostalgia per un paesaggio in estinzione che sentiamo comunque come eterno dentro di noi».

La casa, per tanto tempo simbolo di famiglia, focolare domestico, solidità, adesso vacilla appoggiandosi alla cornice del quadro, sprofondando dentro la terra o va dissolvendosi tra le nebbie dell’orizzonte…

Il giaciglio, la casa, significano sicurezza, protezione e punto di riferimento sin dai remoti tempi delle caverne. La casa rappresenta le nostre radici, la nostra memoria, le nostre sicurezze, il focolare della nostra famiglia. l’oggetto con cui materializziamo nella pietra e nei mattoni la nostra immaginazione.

«Mentre le sto dipingendo, le case pericolanti, circondate da un alone come fossero delle apparizioni, mi hanno chiesto di diventare sempre più materiche, forse per uscire dallo spazio scenico del quadro e farsi spazio nel mondo reale. Per questo sono talvolta verniciate con una resina di gomma lacca, così come facevano i primi popoli stanziali, come gli egizi, per salvare dalla corruzione del tempo le salme dei propri cari estinti».

La casa, per tanto tempo simbolo di famiglia, focolare domestico, solidità, adesso vacilla appoggiandosi alla cornice del quadro, sprofondando dentro la terra o va dissolvendosi tra le nebbie dell’orizzonte, lasciando il fragile essere umano, rappresentato dalla allampanata statuina astante, senza più un riparo nel quale potersi rifugiare, se non quel portico del fienile pieno di buio e ricordi, come il varco nella tomba di Canova alla chiesa dei Frari di Venezia, una grande piramide con al centro una porta semi-aperta che conduce nell’aldilà, o come la misteriosa grotta del San Girolamo eremita tante volte rappresentata nei quadri del ‘500.

«Compio la stessa operazione che fecero i nostri avi prima del Cristianesimo: ponevano le piccole sculture in argilla che rappresentavano il loro defunti (i lari e i penati) nelle sacre edicole all’interno delle loro dimore, sculture nelle quali appunto erano convinti fosse trasmigrato lo spirito dei loro defunti. Andando nei musei archeologici, talvolta mi è sembrato che certe sculture, rimaste sottoterra per tanto tempo, si fossero caricate di una magia primordiale che parlava ancora all’uomo moderno con la forza del feticcio apotropaico. Le mie sculture vorrebbero evocare un’età sepolta, come fossero state dissotterrate e restituite alla luce dopo che il tempo ed il buio avessero loro conferito una eterna e ieratica solennità.
Ho cercato di ricontestualizzare i miei feticci, restituendoli alla terra delle cornici che li circonda, facendo attorno a loro una scenografia entro cui abitare. Nell’anima antica della terra è iscritta l’origine di tutto: e allora le mie cornici di terra, vorrebbero forse rievocare le motte: dei terrapieni protettivi dentro cui gli uomini del passato si rifugiavano per resistere alle minacce esterne. Sopra una di queste motte paleovenete sarebbe poi sorto il castello medioevale di Castelfranco. La motta è ancor oggi visibile ai piedi delle mura.
A fianco dell’omino mi capita spesso di dipingere uno striminzito albero spoglio che se ne sta lì, ad ondeggiare lievemente in mezzo al campo, con l’aria di voler dire qualcosa, di voler significare una natura che pur ridotta a quasi nulla è sempre pronta a rinascere, quando saremo finalmente disposti a rispettarla nel suo miracoloso equilibrio che noi abbiamo stravolto con l’arroganza ignorante di bambini prepotenti».

Nei miei quadri l’uomo e le piante crescono dentro cornici la cui base è di cartapesta riciclata che poi viene intrisa di terra. 

«Mi piace pensare che questa natura abbia una opportunità di rinascita. Nei miei quadri l’uomo e le piante crescono dentro cornici la cui base è di cartapesta riciclata che poi viene intrisa di terra. Vecchi giornali, zeppi di notizie ed immagini che raccontano della cronaca degli uomini, tornano magma informe che, una volta plasmato, si fa deserto anacoretico, silenzioso spazio di preghiera e meditazione, come si conviene da sempre alla pittura.
Credo che fino alla fine porterò dentro di me il profilo in controluce della mia piccola città medioevale, con all’orizzonte il Monte Grappa, che si staglia come un miraggio nella foschia della sera. L’indicibile nostalgia dell’altrove è insediata nel cuore di ognuno di noi, ed è commovente scoprire che quell’altrove, che si andava cercando nell’esotismo dei viaggi, era invece da sempre in questi campi dove giocavamo spensierati nella nostra infanzia, protetti dall’abbraccio dalla Montagna Sacra».

Ora tocca a noi il compito di essere “le sentinelle del Monte Grappa”.

Luana Bendo

Luana Bendo

Mi occupo di comunicazione. Grande appassionata di montagna, sportiva e viaggiatrice. In Altitudini.it queste passioni trovano un'unica casa.


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