Sardegna, direzione sud-ovest, sono le prime ore del mattino e c’è molta foschia, da lontano avvistiamo il castello di un pozzo di Montevecchio; sono i giorni dopo natale e in giro non c’è nessuno, novelli Stalker ci inoltriamo nell’inverno delle miniere.
Le enormi strutture di metallo, un tempo porta d’accesso al mondo sotterraneo, svettano immobili dalle montagne di sterile che rendono questo paesaggio lunare; negli edifici ancora in piedi, riposano macchinari industriali di un’altra epoca: una rumorosa presenza visiva sottolineata dal gran silenzio.
Camminiamo lentamente, attenti a non disturbare questa quiete protetta da una splendida natura. Passiamo i primi giorni dell’anno nuovo a cercare e visitare i resti delle miniere, da Montevecchio fino a Bindua, passando per Ingurtosu, Naracauli, Fluminimaggiore, Buggerru, Nebida, Iglesias…
Seguiamo delle tracce, iniziamo a riconoscere degli elementi ricorrenti, leggiamo i libri che parlano di questa millenaria attività ormai spenta, poi, finalmente, entriamo in contatto con chi questi posti li viveva.
Ci mettiamo in ascolto e ci lasciamo guidare lungo i percorsi delle tante memorie che incontriamo, nel buio delle gallerie dove i minatori ci portano, che sono la materializzazione di quelle memorie, nella loro essenza più intima: contorte, diverse, spigolose e nascoste.
Iniziamo a vagare da un uomo all’altro, da una storia all’altra, da un’esperienza all’altra. Ogni storia personale è legata a tante miniere, ogni miniera custodisce le storie personali: sono tante, non si possono contare. Intorno a noi il territorio inizia a prendere vita: la lotta, l’amore, la rabbia, le scelte, la dignità, l’appartenenza.
L’attività estrattiva è ferma e il lavoro è venuto a mancare ma la miniera è viva, nella testa e nelle mani dei minatori.
“Nella vita probabilmente dovevo proprio fare questo, andare al buio, nel buio, andare sottoterra, andare a conoscere altri uomini assolutamente diversi da me per storia e per cultura, nel senso di sensibilità, di conoscenza più profonda dell’uomo, dell’uomo in genere non soltanto dell’uomo minatore, dell’uomo in genere.”
– Manlio Massole