In Val Belluna le montagne a nord, dietro le mie spalle, erano avvolte da una lenta danza di nuvole sornione che non lasciavano scoprire l’orizzonte.
Nel fondovalle le nuvole erano più rade e da esse filtrava il luccichio delle stelle. Com’è solito dei cieli autunnali, mi apparve la luminosa costellazione di Cassiopea con le sue cinque stelle a comporre una M, come la prima lettera del mio nome. Decisi in quegli attimi, d’istinto, come mi capita a volte quando un richiamo interiore mi assale, di salire in auto e dirigermi in un qualche luogo, in alto, dove poter respirare e risentire in me la leggerezza degli anni trascorsi.
Salii al passo San Boldo dove un agevole sentiero mi condusse sulle alte creste del Crodon e poi giù al bivacco dei Loff, dove osservai l’infinito nella striscia di luci all’orizzonte. Percepii una musica flebile, come se scorresse in un pentagramma su cui passava la mia vita, scritta sulle colorate note dei giorni allegri o su quelle alte e basse a segnare il solco dei giorni sempre uguali e con le chiavi di violino pronte a riaprire ogni giorno che seguiva.
Accesi la mia frontale per non inciampare e davanti a me compare, su una parete di roccia, la sagoma di una figura che mi fermai ad osservare.
Pareva Mufasa, il Re Leone, che sovrastava dall’alto il suo Regno e d’istinto mi avvicinai. La differenza di statura mi fece sentire Simba, il piccolo leoncino e così mi sedetti vicino alla parete ad ascoltare il Re e i suoi racconti del tempo che scorre.
Poi, d’un tratto, la magia si interruppe con lo squillo del telefono che tenevo in tasca. Nella piccola luce dello schermo un messaggio di poche parole: “Tanti Auguri, Marco!” E sono 55.