La salita di una classica dell’Eldorado, Métal Hurlant, si svolge regolare e stupenda, un alternarsi incredibile di muri, placche e fessure di ogni dimensione. Accanto a noi e a sinistra, i fratelli Remy stanno aprendo un nuovo itinerario e quindi affinando quelle tecniche di apertura che porteranno l’alpinismo moderno ancora più avanti. Alla sosta resto meravigliato a guardare, a bocca aperta, la freddezza e la bravura di Claude, il capocordata: sta usando uno strumento da poco sulle scene, il perforatore a batterie. Fa un rumore discreto, un ronzio appena udibile nel vento leggero. Una ferita da bisturi. L’Eldorado è un grande cocuzzolone di granito, un’emisfera emergente da un lago artificiale, il Grimselsee. Una ferita bestiale. Ma nessun’acqua potrà rimarginare / una ferita inferta nel granito (Maria Rosa Gogna). L’uomo distrugge e ama nello stesso tempo.
Ricordo la mia attesa di cinque ore a lato del Langer See: la più bella montagna del Verwall, l’aguzzo Patteriol, era lo sfondo di una grande rincorsa di nuvole in un primo pomeriggio potenzialmente minaccioso. E i tanti ciclisti che mi sono passati accanto cosa sapevano dell’Urgestein, come i tedeschi chiamano questa ruvida roccia metamorfica, questo gneiss che tanto mi piacerebbe scalare invece d’essere qui ad attendere? Perché e che cosa sto aspettando invece d’essere quieto e sereno?
“La vita dell’uomo / è un vago succedersi d’ombre / nel vasto chiarore del mondo. / I sogni dell’uomo / son sogni di luce nell’ombra. / La notte e il giorno / s’inseguono sempre cercando / la sosta serena (da Luce ed ombra di Maria Rosa Gogna)”.
Da piccolino mi piaceva, col secchiello, costruire castelli di sabbia in riva al mare. Ogni tanto arrivava un’onda a lambire la mia costruzione e me la distruggeva. Ci rimanevo tanto più male, quanto più mia mamma mi guardava e mi sorrideva con amore. Eppure era lì che bisognava edificare, con la sabbia bagnata.
Certi giorni ho ricordi così tenui che la memoria mi sembra diventata vento, forse per adeguarsi al volo delle foglie secche a lato della strada. Queste creano fuggevoli immagini, visioni inafferrabili, rimembranze liquide.
Certi giorni invece ho la memoria così viva da non aver bisogno di scrivere alcun ricordo sulle rocce. I ricordi di una bella giornata sono come le fiamme di granito che orlano le creste dei Bühlenhörner, vive lampade che c’illuminano di qualche piccolissimo particolare. I ricordi, fluttuanti nell’aria, si sfrangiano e si ricreano per sempre nuove immagini. Noi li fotografiamo con lo sguardo, gelosamente conserviamo spicchi di cielo e porzioni di paradiso nel nostro intimo. I ricordi degli uomini sono fiori di un giardino difficilmente posto in vendita. Anche perché sono fiori comuni, forse: e solo noi siamo in grado di apprezzarne le sfumature e il profumo ch’è soltanto nostro.
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foto:
1. Questa è la copertina dell’edizione italiana (1974) di Le massif du Mont Blanc (1973), il primo libro “Bibbia” della grande collana diretta da Gaston Rébuffat, Les 100 plus belles courses. Qui il granito, con le sue forme rudi, e con espressioni slanciate o potenti, la fa davvero da padrone (foto: Alessandro Gogna).
2. Questa è la copertina dell’edizione italiana (1964) di Au dela de la verticale (1958) di Georges Livanos, un libro ricco di sagaci osservazioni sugli usi e costumi della comunità alpinistica (foto: Alessandro Gogna).
3. Hans Berger, assicurato da Claudia Simmen (1 luglio 1999) è in cima all’ago di roccia che si erge sulla cuspide del Salbitschijen, una bellissima montagna delle Urner Alpen, nel cantone svizzero di Uri. Contrariamente alle apparenze, le difficoltà per salirlo non superano il IV+ (foto: Marco Milani).
4. La notte da me passata nella Tiefenbach Gasthaus, sulla strada per il Furkapass (Svizzera), è stata una delle peggiori, praticamente insonne. Stavo realizzando che il motivo era l’acqua sotterranea che le scorre al di sotto (Tiefen=profondo, Bach=ruscello) (foto: Alessandro Gogna).
5. Copertina de Ho la memoria fatta di granito, probabilmente la più bella delle raccolte di poesie di mia cugina Maria Rosa, edito nel 1969 (foto: Alessandro Gogna).
6. Il Patteriol 3056 m, il cosiddetto Cervino del Verwall (Tirolo), una regione alpina così poco conosciuta da noi italiani (foto: Alessandro Gogna).