Reportage

#108 RITORNO ALLE SORGENTI

testo e foto di Paolo Maggioni  / Milano

03/01/2021
9 min
Il Bando del BC20

Ritorno alle sorgenti

di Paolo Maggioni

La scorsa notte ho dormito profondamente, come succede quando passo qualche giorno in montagna, lontano dalla frenesia del quotidiano.

La scorsa notte ho dormito profondamente, anche se non vedo l’ora di mettermi in marcia per gli ultimi tre giorni del cammino che mi condurrà alle sorgenti del fiume Adda. Un itinerario a tappe iniziato un anno fa, pochi giorni dopo l’interruzione della gravidanza di Sonia, la mia Compagna.

Fin da subito le cose non erano sembrate andare come previsto, e in una notte di metà agosto 2018, con un’emorragia, se n’é andata anche la flebile speranza che la ginecologa potesse essersi sbagliata. E’ stato un momento piuttosto doloroso per entrambi, che ho deciso di provare a metabolizzare percorrendo a piedi tutto il fiume che nel suo medio corso attraversa Cassano d’Adda, il paese in cui sono cresciuto, nella provincia milanese, sul confine con quella di Bergamo.

Ritagli di tempo, soprattutto nel weekend, trascorsi a camminare con l’obiettivo di mettere in ordine alcuni pensieri. E di conoscere a fondo un territorio che si estende dalla bassa pianura padana, dove l’Adda sfocia nel Po, all’alta Valtellina, dove sgorga dalla roccia.

17 tappe lungo tutto un anno, spesso da solo, a volte in compagnia di Sonia, 350 chilometri attraverso aree rurali, provincie suburbane, paesaggi di lago, territori sconvolti da alluvioni e montagne soffocate dal turismo.

È passato un anno esatto dalla partenza, Sonia è nuovamente incinta, e questa volta tutto sembra andare per il meglio. L’arrivo di Ada è previsto per la fine di ottobre, per cui camminerò queste ultime tappe in compagnia di un amico.
Si chiama Luca, e mi ha raggiunto ieri sera in Val Camonica, in provincia di Brescia, dove sto trascorrendo con Sonia il mese di agosto, lontano dall’afa della pianura.
Ha appena finito un master in salute globale a Barcellona, dopo aver lavorato come ingegnere in Olanda per un lungo periodo.
Sono state pochissime le occasioni di vedersi di persona recentemente, per cui sono contento che abbia accettato la proposta di trascorrere assieme i prossimi tre giorni.

Ci mettiamo in auto di buon mattino per scendere ad Edolo, dove imbocchiamo la strada per il passo dell’Aprica da cui scolliniamo in Valtellina, per risalire fino a Grosio, punto di arrivo dell’ultima tappa, che avevo completato poco più di un mese fa.

Sistemiamo l’auto in un campo perché il parcheggio del cimitero è occupato dal mercato settimanale, e ci mettiamo in marcia lungo la via principale di Grosio che è piuttosto affollata e che seguiamo fino a quando, fuori dal centro storico, intercettiamo il “sentiero valtellina” lungo il lato destro del fiume. Il sentiero valtellina è un percorso quasi esclusivamente ciclopedonale che costeggia il fiume Adda da Colico, in cima al lago di Como, a Bormio.

Dopo qualche centinaio di metri attraversiamo un ponte ciclopedonale di acciaio e legno e percorriamo un tornante per proseguire in direzione nord. Il tracciato qui corre basso rispetto alla superstrada, ben mimetizzato tra piante ed arbusti, anche se è frequente sentire il rumore delle auto che sfrecciano.
Luca mi aggiorna sul suo master, e io, medico, mi trovo ad ascoltare, affascinato, un ingegnere che mi racconta cose che ho imparato ad apprezzare solo attraverso letture e inseguendo interessi personali. E concordiamo che le tematiche legate alla salute globale dovrebbero essere centrali nella formazione medica, perché nessun Sanitario dovrebbe poterne prescindere nel suo agire quotidiano.

Quasi a ricordarcelo, poco oltre, dall’altra parte del fiume, sulla montagna, avvistiamo i padiglioni dell’ospedale di Sondalo, un pezzo di storia della medicina, che una volta ospitava il sanatorio più grande d’Europa.

Camminiamo di buona lena fino a quando il tracciato ciclopedonale va a coincidere con la Strada Provinciale 27, percorsa anche da (pochissime) auto.
Nei pressi di un piccolo abitato facciamo sosta in un negozio di alimentari dove compriamo pane e formaggio prima di rimetterci in marcia.
Proprio qui la Provinciale corre bassa sotto ad un cavalcavia della SS38, prima che questa vada a sparire in una montagna, nell’ennesima galleria, definendo un territorio tanto poco abitato quanto profondamente antropizzato, fatto di svincoli e rotatorie al servizio della logistica.

Arrivati a Le Prese, frazione di Sondalo, appena prima che la Provinciale superi l’Adda per portarsi sulla sua sponda destra, non resistiamo al richiamo della “Locanda Cacciatori”. All’interno di un edificio degli anni ’70, dietro al bancone, Irene sta servendo un calice di bianco al signor Giovanni. Con la scusa di bere anche noi un bicchiere, scambiamo qualche parola con Irene, che ci racconta del drammatico alluvione del 1987, di cui né io né Luca eravamo a conoscenza, ma le cui conseguenze caratterizzeranno il paesaggio dei prossimi chilometri. Mentre stiamo per rimetterci in cammino, incontriamo anche Maria, l’anziana nonna di Irene, orgogliosa di essere ancora la cuoca della locanda.

Da qui in poi la Provinciale sale con lunghi rettilinei a pendenza costante, poco adeguati a chi viaggia a piedi.

Il paesaggio si fa brullo e a regolare distanza, montati su alti pali, sono sirene ed altoparlanti, utili ad avvisare per tempo la popolazione in caso di future alluvioni.
Quando la strada sembra spianare, raggiungiamo Aquilone, frazione di Sant’Antonio Morignone, dove l’alluvione ha lasciato le ferite più profonde, e in cui sorge la cappella-memoriale per le vittime di questo piccolo abitato che non venne fatto sgomberare perchè considerato al sicuro, ma in cui persero la vita 35 persone in seguito allo spostamento d’aria determinato dalla frana del Monte Zandila, sull’altro versante della valle.
Sul prato, un cartello avverte che è vietato mangiare in prossimità del sacrario, per cui ci sediamo su una panca di legno fuori da una casa per addentare pane, formaggio e arrosto cucinato dalla madre di Luca.

Riempite le borracce alla fontana ci rimettiamo in cammino lungo la Provinciale, fino a reimmetterci nel tracciato ciclopedonale che costeggia il fiume nei pressi dell’ingresso a Bormio, dove sorge un grosso stabilimento di imbottigliamento di acqua minerale.

Attraverso un ponte che conduce alla sponda sinistra dell’Adda raggiungiamo l’hotel dove trascorreremo la notte, e prima di prendere possesso della camera ci beviamo una birra in giardino.
Dopo la doccia e un riposino, mentre ci prepariamo per la cena, per sbaglio mi siedo sugli occhiali che avevo appoggiato sul letto, e che irrimediabilmente si spezzano in due.
Scendo in reception per chiedere del nastro adesivo, con cui cerco di ricomporli prima di uscire per la cena a base di pizzoccheri e vino rosso.
Rientrati in hotel beviamo un amaro locale alle erbe e andiamo a dormire.

Ci svegliamo piuttosto presto, facciamo colazione e cerchiamo un alimentari per comprare formaggio di capra, bresaola e pane fresco.
Prima di lasciare Bormio voglio comprare del nastro adesivo in modo da poter riparare nuovamente gli occhiali quando, complici il caldo e il sudore, questa sera saranno nuovamente inutilizzabili.
Usciti dal centro storico, puntiamo ad intercettare il sentiero che corre parallelo alle prime rampe dello Stelvio, sul versante sinistro dell’Adda.
Il sentiero ci porta in costa tra la strada dello Stelvio e i Bagni Vecchi, dove lo sguardo cade invidioso sui clienti immersi nelle vasche termali, qualche decina di metri sotto di noi.

Poco oltre il sentiero va a perdersi, per cui ci arrampichiamo per portarci sulla strada carrozzabile che percorriamo, tra motociclette ed auto, per qualche centinaio di metri fino ad imboccare il sentiero che scende all’area picnic di Boscopiano.
Da lì, superato il ponte di legno su un torrente, il sentiero prende a salire, piuttosto ripido, per poi scendere a lungo e tornare a risalire con lunghi tornanti fino all’area attrezzata di Solena, raggiungibile anche in auto, in questo momento piuttosto affollata dato che è l’ora di pranzo. Ma dove riusciamo a trovare un posto ombreggiato per rifocillarci.

Quando ci rimettiamo in marcia mancano poche centinaia di metri al Rifugio Ristoro Solena, da cui possiamo vedere il Lago di Cancano, il secondo dei due laghi artificiali formato dall’Adda. All’esterno, tra auto in sosta selvaggia e biciclette a pedalata assistita, uno spaesato alpaca è oggetto dell’interesse di numerosi bambini.
Ci fermiamo poco, perchè dovremo percorrere i 4 km del versante nord del lago per raggiungere il Rifugio Ristoro Val Fraele, in prossimità della diga che separa il lago di Cancano da quello di San Giacomo, dove trascorreremo la notte prima di raggiungere la sorgente.
Nell’attesa di avere le chiavi della camera ci vengono presentati i piatti del menù della cena, tra cui scelgo una zuppa e, a seguire, brasato con polenta.

Finalmente possiamo toglierci le scarpe e bere una cosa seduti tra gli escursionisti che ancora non hanno fatto ritorno a valle al termine della giornata.
Dopo la doccia scendiamo nuovamente all’aperto, ma inizia ad alzarsi un vento freddo, per cui ci spostiamo all’interno, e mentre Luca disegna, io leggo un po’. L’atmosfera è calda e familiare, siamo in 6 a fermarci per la notte, e al termine della cena ci beviamo una grappa.
Saldiamo il conto e chiediamo di poter avere qualcosa da portare in camera per la colazione di domattina, dato che vogliamo partire presto in modo da far rientro al rifugio entro le 12:00.
Domani è domenica e non vogliamo perdere l’autobus che ci riporterà da Bormio a Grosio, dove abbiamo lasciato l’auto ieri mattina.

La sveglia suona prima dell’alba e facciamo colazione con fette biscottate, marmellata, frutta e caffè. Fuori l’aria è fresca, la luna ancora ben visibile e i primi raggi di sole scaldano le vette delle cime di Plator sulla sponda opposta del lago.
Mentre percorriamo la diga di San Giacomo, alla nostra destra, una coltre di nebbia avanza da nord, strisciando come un serpente a pelo d’acqua, facendosi largo nella Valle Alpisella, la valle in cui origina l’Adda, quasi ad indicarci la via.
Questo lato del lago è costellato da piccole baite ancora addormentate, mentre i punti di ristoro si stanno preparando a ricevere gli escursionisti che fra poche ore inizieranno ad affollarli.

Proseguiamo costeggiando lo specchio d’acqua e, improvvisamente, ci troviamo immersi nella nebbia. Poco prima di superare il ponte sotto il quale scorre l’Adda, che qui ha le dimensioni di un piccolo torrente, appena prima di immettersi nel lago, svoltiamo a sinistra imboccando una strada che sale con una serie di tornanti, inoltrandosi in una valle laterale.
Ci dobbiamo fermare un attimo per consentire la manovra di un mezzo a supporto di 3 adulti e 3 bambini che stanno tagliando degli alberi. I loro sguardi, stupiti del nostro passaggio a quell’ora, ci danno la sensazione che quello che stanno facendo non è completamente legale.
Sempre un po’ assonnati ma, io in particolar modo, eccitati dal portare a termine un viaggio iniziato quasi un anno fa, seguiamo il sentiero che, talvolta costeggiando l’Adda, talvolta allontanandovisi, prende quota.

Raggiunti i 2000 metri sul livello del mare, gli alberi si fanno più radi e il sole inizia a scaldare. Abbassando lo sguardo, a fondo valle notiamo il greto di un torrente in secca, un corso d’acqua che, con il disgelo primaverile, fornisce acqua al corso dell’Adda.

Confrontandoci con la traccia GPS realizziamo di aver superato la sorgente, per cui decidiamo di abbandonare il tracciato e di raggiungere il greto del torrente, per seguirlo verso valle. Poco oltre iniziamo a sentire lo scroscio dell’acqua e dopo aver superato un grosso masso, ecco la sorgente. Da un ammasso di roccette in cui la montagna pare sgretolarsi, in più punti, ecco sgorgare l’acqua. Sono felice di aver completato un viaggio durato un anno intero, iniziato in un momento tanto triste e terminato poco prima della nascita di mia figlia.

Ma allo stesso tempo mi assale un po’ di malinconia, mi tornano alla mente le torride giornate di fine agosto in cui, incazzato, camminavo tra campi di granoturco in provincia di Lodi, ripenso alla stupenda “Via del Viandante” percorsa con Sonia in autunno, e poi ancora all’inaspettata “Via dei Terrazzamenti”, in pieno inverno, tra filari di nebbiolo in corso di potatura. Tutto sommato questa sorgente è cosa di poco conto, eppure qui era importante arrivare.

Dopo aver scattato qualche foto di rito ci rimettiamo in marcia, seguendo l’Adda. La terra è sempre molto umida, e in diversi punti vediamo sgorgare l’acqua da spaccature nel terreno. Tornati in riva al lago, decidiamo di fare rientro al Rifugio Ristoro Val Fraele dove abbiamo trascorso la notte, completando il giro del lago in senso orario. Una volta arrivati sediamo sul prato antistante a mangiare quel che era avanzato della colazione, mentre aspettiamo il minibus di linea che ci riporterà a Bormio.

Il traffico si fa sempre più intenso per cui penso che quella di muoversi all’alba sia stata la scelta più giusta. La carrozzabile che scende verso Bormio è stretta e con numerosi tornanti che l’autista disegna con grande esperienza, facendo attenzione ad evitare i tanti ciclisti che, in bici da corsa o mountain bike, cercano di raggiungere il lago sotto il sole cocente delle ore più calde della giornata.
Arrivati a Bormio ci accertiamo sull’orario del prossimo bus che ci possa portare a Grosio, acquistiamo il biglietto e cerchiamo un posto tranquillo per pranzare.
Mezz’ora abbondante di autobus e siamo Grosio, da cui recuperiamo l’auto per fare rientro a Milano.

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foto:
1. La nebbia all’alba, poco prima di raggiungere le sorgenti dell’Adda.
2. Maria, all’interno della Locanda Cacciatori a Le Prese.
3. Situazione onirica sulla riva del Lago di San Giacomo la sera prima dell’ultima tappa.

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Questa storia partecipa al Blogger Contest 2020.

Paolo Maggioni

Paolo Maggioni

Sono un medico di famiglia, e nel mentre mi guardo attorno per cercare di comprendere un po' di più ciò che accade e si trasforma nel mondo che mi circonda. Quando posso, viaggio, e mi piace farlo via terra, soprattutto a piedi o con mezzi pubblici perchè questo, penso, è il modo migliora per entrare in contatto con l'altro.


Il mio blog | Un po' per caso mi sono trovato a postare il racconto del mio primo viaggio a piedi su "Medium", e quello è rimasto l'unico blog su cui ho scritto.
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