Così, in pieno lockdown, mi sono ritrovato in cammino con lei e con i suoi “clienti” milanesi, percorrendo il sentiero che da Colloro, frazione di Premosello, conduce prima a La Motta, poi a La Piana, quindi a Stavelli, sulla via della Colma che conduce in Val Grande. O almeno, così mi è sembrato di fare, di essere lì con loro, in quei due giorni d’aprile di fine Ottocento, a vivere momenti ricchi di spunti per altre future gite e, soprattutto, a soddisfare – seppur virtualmente – quel desiderio di montagna che si accentuava sempre più con il trascorrere delle settimane.
La prima gita sociale del CAI Sezione Milano si sarebbe dovuta tenere domenica 4 aprile; gli otto soci iscritti avevano come meta la Rossola, «una vetta ossolana ergentesi sulla sinistra del Toce sopra Premosello, tra il Pizzo di Proman e il Pizzo delle Pecore o Moncerigo, nella catena che separa la Valle dell’Ossola dalla Val Grande d’Intra».
La cronaca della gita ci permette di conoscerne anche i nomi: Francesco Allievi, Alessandro Bossi, Giulio Clerici, Paolo Fraschini, Camillo Gorla, Giuseppe Sada e Carlo Torrani, capitanati da Carlo Magnaghi. Erano partiti da Milano la sera del sabato alle 16,10, passando da Novara, allorché la Linea ferroviaria del Sempione sarebbe stata completata solo pochi anni dopo, nel 1906. Il treno a vapore Novara-Domodossola li condusse a Premosello, «grosso villaggio assai pittoresco, abbellito da numerose villette, formante stazione sulla linea Novara-Domodossola». La scelta era caduta sulle sue irte montagne perché «poco “battute” dagli alpinisti».
Arrivata a Premosello alle 22,31, la comitiva fu accolta dal Sindaco, geom. Carlo Fontana-Rossi, il quale, avvertito della loro venuta, aveva telegrafato il mattino del sabato alla Sezione di Milano chiedendo informazioni su programma e numero dei gitanti, «allo scopo di far loro preparare convenienti alloggi all’Albergo del Gallo», nel centro del paese.
Tra una chiacchiera e l’altra, non sempre beneaugurante per la camminata prevista, arrivò la mezzanotte e il momento del congedo.
– Impossibile raggiungere la vetta della Rossola, domani è previsto maltempo – disse il Sindaco.
– In alto c’è ancora troppa neve e per di più fresca – aggiunse.
Nulla da fare, inutile cercare di dissuadere chi ha pianificato da mesi l’escursione, viaggiato per 100 e più chilometri e ora ha la meta quasi a portata d’occhio. Il mattino seguente, alle 6 in punto, gli alpinisti s’incamminano «con tempo brutto, scortati da un montanaro (non essendovi guide a Premosello) e da una portatrice».
Dopo un’ora di marcia, le previsioni del primo cittadino si avverano e una fitta pioggerella inizia a scendere dal cielo. Una densa nebbia li avvolge. Passate le alpi Lut, La Piana e La Motta, scendono in una valletta, dove un rio rumoreggia quasi volendo atteggiarsi a torrente.
Sono da poco passate le 9 e una leggera nevicata inizia a imbiancare il paesaggio. Gli alpinisti chiedono di fermarsi a far colazione, all’alpe Stavelli. Malgrado la neve cadente, preferiscono stare all’aperto, poiché nelle baite non si può stare, dicono, «per il loro profumo poco aggradevole».
Mi sembra di vederli, Rosina e il suo compaesano, rifocillarsi nel tepore della stalla e sorridere osservando i milanesi, avvolti nei loro tabarri ormai fradici e gelidi. Mi sovviene così il ricordo di quando qui, anni fa, trascorsi la notte in una stalla, disteso su un morbido cumulo di fieno, incurante di altri poco graditi ospiti. Le zecche non perdonarono.
Poco dopo le 10, lasciata in loco la Rosina che ha il suo bel daffare con i preparativi dell’ormai vicina stagione d’inalpamento, volgono a Nord Ovest su per i fianchi della Rossola.
– Saprà trovare la via di salita? – s’interroga la giovane mentre gli uomini svaniscono verso il nulla.
Conosce il suo compaesano. Come molti altri, oltre che contadino è anche cacciatore, quindi il territorio lo conosce più che bene. Ma in queste condizioni di scarsa visibilità è sicura che non si sia mai trovato. Lei invece sì, tante volte nel tardo autunno le è toccato andare alla ricerca delle capre nel bel mezzo di una tormenta.
Però non può seguirli, non glielo hanno chiesto, e poi sarebbe sgarbato nei confronti della guida da loro ingaggiata.