Paul Preuss, visionario e filosofo dell’alpinismo
Di Paul Preuss come alpinista è superfluo parlare, basta fare riferimento alla monografia che ce ne ha dato Reinhold Messner[2].
Dal punto di vista intellettuale, è morto troppo giovane per lasciare testimonianze importanti intorno a questioni che non riguardassero la pratica alpinistica. Certo, anche la sua poetica dell’alpinismo è testimonianza di una rigorosa purezza di pensiero a cui è stato fedele fino alla morte. Il suo amico Paul Jacobi, anche lui morto in guerra, lo ricordò come un uomo la cui visione del mondo era basata su alti ideali. Qualcosa di lui ci dice una breve poesia che, in suo onore, scrisse nel febbraio del 1906:
Spera sempre in ciò che ti aspetti
Ma non aspettarti mai quello che speri.
Credi solo a ciò che ti convince,
Ma lasciati convincere
Solo da ciò in cui credi.
A felice ricordo di chi, tra Schiller, Lessing e se stesso
Lascia solo una foglia in libertà,
Perché sotto i raggi del sole ogni sua goccia
Di rugiada possa brillare.
Il giorno della fotografia Preuss veniva da una campagna alpinistica intensa ed entusiasmante. Il 28 luglio aveva realizzato il suo capolavoro: salita e discesa in solitaria della parete Est del Campanil Basso, mentre la sorella Mina e l’amico Paul Relly lo aspettavano sullo Stradone Provinciale. Con Relly il primo agosto, aveva aperto una nuova via sulla parete Ovest del Crozzon di Brenta e due giorni dopo ripetuto la via del “masso squarciato” di Dibona sul Croz dell’Altissimo. Dopo breve tempo, Paul Relly e Mina, si sposarono.
Molti dei ragazzi che si riunivano intorno a Preuss in quei giorni provenivano da famiglie ebree ed erano inconsapevoli dei tempi duri che li attendevano dopo la guerra imminente. Nel 1921 Eduard Pichl, presidente della sezione austriaca del DÖAV, fece introdurre nello statuto del club la clausola ariana a cui abbiamo fatto cenno; ma poiché questo non era sufficiente per gli elementi più retrivi del DÖAV, in un’assemblea straordinaria della sezione austriaca venne votata l’esclusione della Sektion Donauland dall’associazione alpinistica: Per questo motivo la sezione danubiana venne trasformata in Alpenverein Donauland, non associata al DÖAV. Preuss, morto nel 1913, nonostante le sue clamorose imprese e del fatto che fosse socio onorario di molte associazioni alpinistiche, non sarebbe stato mai accolto nell’ Österreichischer Alpen Club di Vienna, per motivi razziali.
E tuttavia, questo fu solo l’avviso della tempesta che stava per scatenarsi. La fotografia da cui abbiamo preso l’avvio rappresenta tre ragazzi sereni che si godono l’atmosfera di una località dolomitica. Tutti tre sono, in misura diversa, di discendenza ebraica. Emmy aveva cercato di mettersi al riparo con l’abbandono della fede religiosa del padre; Schmidkunz, divenne un sostenitore aperto della politica nazista nei confronti degli ebrei e Paul Preuss morì prima di conoscere quello che il futuro gli avrebbe riservato. Scriveva Dino Buzzati nel 1970, rievocando una riflessione di Tita Piaz:
«Nell’amaro rimpianto per una giovane gloriosa vita troncata si mescola un dubbio: non fu la sorte a lui misericordiosa? Se quel giorno fosse giunto in vetta sano e salvo, se avesse proseguito sulla strada che sembrava protetta da una fortuna invincibile, se fosse sopravvissuto alla guerra, a quali ignominie sarebbe andato incontro Paul Preuss che era figlio di un ebreo?»[3]
_____
[1] Hartwich, Emmy, «Die Frau in den Bergen. Eine heitere Plauderei über ernste Dinge» Mitteilungen des Deutschen und Oesterreichischen Alpenvereins 50, no. 3 (1924): 26–28.
[2] Messner, Reinhold, L’arrampicata libera di Paul Preuss, Istituto Geografico De Agostini, Milano, 1987.
[3] Buzzati, Dino, «Il fenomeno Preuss», Corriere della Sera, 31 agosto 1970.
L’articolo non ha bisogno di commento. La storia che ne è seguita, nel suo lento svolgimento, ci descrive ampiamente quello che è accaduto. Forse la dea bendata gli ha davvero voluto bene a Paolo Preuss come ha scritto Dino Buzzati.
Grazie per l’interessante contributo storico. Nino Guidi