Ricordo bene la sensazione: il cuore che si apre, che preme sulla cassa toracica come volesse uscire, come di una mancanza finalmente colmata, di un sorriso d’amore un po’ amaro.
Yenda è un luogo perso nell’arido entroterra del Nuovo Galles del sud, trasformato dopo la Grande Guerra in un reticolo di canali d’acqua proveniente dalle lontane Alpi Australiane. Nuove terre fertili date ai reduci (i diggers) di quella guerra. Partirono e combatterono per una Inghilterra lontana, per un’idea di patria culturale ormai sbiadita sotto il sole cocente, in una natura difficile e spinosa.
Spesso ho udito il consiglio di donne rassegnate ai loro “doveri coniugali”, che davano ad altre donne più giovani: di sdraiarsi e pensare all’Inghilterra. In altre parole di estraniarsi, di tornare con la mente ai luoghi familiari e sicuri. La stessa cosa che il popolo indigeno di Yenda, gli Wiradjuri, si augurava facessero i coloni e non solo con la mente.
I reduci, per innumerevoli motivi, non si accontentarono di nuove terre rese fertili dai canali per l’irrigazione. Dopo aver girato il mondo, combattuto in Francia, Turchia ed Egitto, una vita monotona non era per loro. Così vendettero le terre e al loro posto arrivarono altri europei fuggiti da paesi in rovina. Qui a Yenda arrivarono i De Bortoli, i Signor, i Marin, i Berton e molti altri nati sulle sponde del Piave.
Io vi giunsi nel 1983 a 22 anni.
Arrivai a Sydney con i capelli lunghi e in tasca 150 mila lire, senza conoscere nemmeno una parola d’inglese e nessuna paura. Trovare un lavoro era la mia priorità e per averlo al più presto pensai che fosse fondamentale avere un bel aspetto. Trovai un negozio dove tutto costava pochissimo e i miei occhi si accesero di stupore davanti al costo irrisorio di un completo beige, anni ’50. Gilet compreso! Uscii dal negozio con addosso il nuovo abito sentendomi come fossi “un milione di dollari” (slang di feeling like a million dollars). Guardai meglio l’insegna del negozio e vidi che un tale Vincent De Paul ne era il proprietario. Subito pensai che quel Vincenzo De Paoli fosse un benefattore veneto. In seguito vidi una insegna come quella in ogni paese e mi resi conto che erano le insegne di una rete di negozi di beneficenza. Spesi il resto dei soldi per un biglietto del treno che mi portò nel Queensland. Lì incontrai Minchio, era originario di Asiago, che mi portò con la sua otto cilindri Holden Kingswood nel Nuovo Galles, appunto a Yenda.