Dopo cena la stanchezza comincia a farsi sentire. Fuori il silenzio è incrinato solo da un vento leggero che fa fare “tin tin” al gancio della bandiera del Parco.
Ci sono poche cose rilassanti come passare la sera in un rifugio semideserto, circondato da uno splendido nulla immerso nella nebbia.
Questa mattina siamo partiti presto senza una meta precisa; volevo solo fotografare orchidee spontanee. La goodyera repens, per l’esattezza. Ma poi a un certo punto i boschi sono terminati, ci siamo trovati nel Van de Zità mentre lentamente calava la sera – il momento della giornata a noi più congeniale – e con lei le nuvole, che in breve ci hanno privati di qualsiasi visuale. La goodyera non si era fatta trovare, ma non avevo rinunciato alle nigritelle: così ho continuato a vagare per i pascoli magri, distratta.
Poi all’improvviso, uno sbuffo infastidito mi ha spaventata. Un camoscio metà bianco, sbucato dalle nuvole, mi guardava altero e irritato. “Cosa ci fai tu qui? Cosa cerchi?”. Sono rimasta imbambolata per un tempo indefinito, un’eternità di pochi secondi. Cosa cerco, nel tardo pomeriggio tra le nebbie del Van de Zità?