La «Controstoria dell’alpinismo» edita da Laterza in collaborazione con il CAI, ha l’ambizione di “riscrivere dalle basi la storia dell’alpinismo” in una nuova interpretazione per la quale “tutti i suoi eventi fondatori assumono una luce completamente diversa”. Per “eventi fondatori” l’Autore[1] intende le salite che furono compiute da persone che raggiunsero vette più o meno famose, senza sapere di compiere imprese alpinistiche. Fra questi, Francesco Petrarca che, nel 1335, raggiunse la cima del Mont Ventoux, in compagnia del fratello e di due servitori. Ne lasciò un’accurata descrizione in una lettera che si studia a scuola come la più celebre delle Epistolae del grande poeta, e che servì nel 1886 all’ allora presidente del CAI Paolo Lioy per indicarlo come inventore dell’alpinismo. Il titolo del capitolo dedicato all’uso “politico” del Petrarca (La nascita dell’alpinismo riscritta) rappresenta la sintesi della tesi sostenuta dall’Autore: che l’assunto convenzionale dell’illuminismo come radice culturale dell’alpinismo sia un falso storico.
Intendiamoci: Andrea Zannini ha tutti i titoli per sostenere la sua tesi, sia come storico di riconosciuto prestigio, che come alpinista dall’invidiabile curriculum. Basterà ricordare che, insieme al compianto Fabio Favaretto, curò la «Guida del Gruppo del Sella», pubblicata dal CAI nel 1991. Da storico serio e scrupoloso, Zannini ricostruisce la storia di decine di salite compiute tra il Sei e l’Ottocento da cacciatori, cercatori di cristalli, garzoni di monasteri, notabili di villaggi e religiosi, imprese tradizionalmente ignorate nelle storie dell’alpinismo e che, al contrario, ne spostano l’invenzione nel tempo e nello spazio. Si tratta di un sasso lanciato in uno stagno di convinzioni storiche ritenute assodate e condivise che, raggiunge il bersaglio solo se suscita anche reazioni contrarie.
Alle perplessità che lo stesso Autore si augura verranno suscitate dal suo lavoro, aggiungo le mie di storico dell’alpinismo “conservatore”, posto che il termine abbia senso.
Un riferimento bibliografico obbligato è una raccolta di scritti curata da uno dei massimi filosofi inglesi del secolo scorso, Antony Kenny: «Mountains, an anthology», uscita a Londra nel 1991. L’opera prende in esame il rapporto fra l’uomo e la montagna dalla celebrazione dell’Olimpo di Omero alla scalata di Hillary e Tenzing del 1953, scansando, tuttavia, il problema di assegnare una data di nascita e una paternità a quel fenomeno culturale che va sotto il nome di “alpinismo”. E qui siamo al nocciolo del problema: se sia legittimo dare il nome di alpinismo alla lunga e inevitabile storia del rapporto tra gli uomini e le montagne.