Il titolo del volume Miliés con l’accento giusto è significativo e sottolinea fin da subito l’importanza del nome di un luogo, in questo caso di una piccola comunità prealpina, appartata ma non marginale, da proteggere per la sua unicità “anche dall’incursione degli accenti sbagliati”, come scrive Daniele Ferrazza nella premessa al libro.
Una comunità, appunto, più che un villaggio, di cui l’autore ricostruisce nei dettagli relazioni sociali, spostamenti, storie di famiglia, tecniche produttive, ritualità religiose e profane, toponomastica, a partire proprio dalle ipotesi etimologiche relative al nome Miliés: miles, milites, milium (aree di accampamento di soldati romani)?
Un prediale romano da Aemilianus, come suggerisce il linguista Dante Olivieri o da Aemiliasium-Aemilius come ipotizza Giovan Battista Pellegrini, il quale accenna anche a una possibile derivazione da milium (miglio), un cereale coltivato già in epoca romana, ingrediente principale delle polente prima dell’arrivo del mais in questi territori?
Miliés era un luogo di prealpeggio, in una conca a 680 metri di altitudine, ai piedi dei monti Doch e Cesen, nel comune di Segusino. Rispetto agli insediamenti sparsi (maiolère) destinati al prealpeggio nel confinante territorio feltrino, ma anche nello stesso comune di Segusino, presenta una struttura accentrata, un nucleo di abitazioni assai spartane, grandi stalle e capienti fienili, una grande lama, detta Laguna, per gli animali e una chiesa ottocentesca, che funzionava solo d’estate, a patto di portarci il prete da Segusino a dorso di mulo. Una comunità dinamica che si ricomponeva ogni anno per la fienagione, il pascolo dei bovini e la coltivazione dei campi (patate, mais, fagioli, frumento).
L’articolazione verticale dell’economia agrosilvopastorale ha saputo valorizzare, come ricordano Mauro Varotto e Viviana Ferrario “le diverse fasce altimetriche, sfruttando al meglio la capacità biogenica dei differenti quadri ambientali, e adeguando di conseguenza le forme d’insediamento mediante una continua redistribuzione nello spazio e nel tempo della popolazione”(1).
Le ricerche di Lio hanno messo in evidenza la valorizzazione della verticalità del territorio, con il controllo di attività produttive non contigue agli insediamenti di fondovalle, ma comunque raggiungibili in tempi accettabili.











Località di grande fascino, dove parecchie volte con amici, siamo partiti per fare delle gite di Scialpinismo.
Grazie!
Il libro è senz’altro da comprare
Grazioso ed ospitale luogo, girando nei dintorni provi un sentimento di tranquillità.
Gentile Massimo,
mi fa piacere risponderle perchè in effetti Miliés è un villaggio che ha, o mantiene, il suo fascino.
Le nuove costruzioni, l’imprescindibile modernità sopraggiunta, il bosco che spinge per riappropiarsi degli spazi oggi lasciatigli a disposizione, non impediscono all’occhio attento di cogliere gli elementi di una vita “altra” che è stata di lavoro, stagionalità, migrazione temporanea, di date scandite da santi e tradizioni…
Filo conduttore di tutto questo sono le famiglie locali, accomunate dallo stretto rapporto con natura, animali, spirito di solidarietà e un mondo rurale che sembra così lontano, ma che conta ancora oggi tanti protagonisti e testimoni diretti.
Grazie a lei e, chissà, magari a incontrarci a Miliés!
Mariano Lio
Gentile Armando,
pur non contando particolarità uniche, la dolcezza della vallata, la generosità della natura, l’insediamento storico con lo sviluppo successivo, la cintura di montagne che la protegge e l’apertura panoramica a sud, verso i Colli Asolani, Euganei, fino alla pianura e alla Laguna, trasmettono tranquillità e rendono il contesto di Miliés un felice esempio di prima montagna per chi sale dalla pianura.
E la somma di tutto questo permette di capire perchè nel passato Miliés sia stato scelto anche come luogo stanziale da tante famiglie, accomunate da questo “vivere sull’ért”. Un vecchio ed eloquente proverbio locale sentenzia: “Segusin senzha Miliés, no l val an zhariéss” (Segusino senza Miliés non vale un ciliegio)!
Oggi, questa indagine con accenni storici, religiosità, economia, rapporto con l’alpeggio, fienagione, produzioni agricole, mappe storiche, caratteristiche costruttive, toponomastica, leggende, storie familiari, il tutto corredato da un bel apparato fotografico, permettono di ripercorrere la vita che vi si è consumata fino agli anni Cinquanta/Sessanta del Novecento.
Ritengo possa essere un buon contributo per fissare su carta una parte di memoria di vite, luoghi e attività già di per sè naturalmente destinata a essere macinata dal tempo e quindi dimenticata.
Grazie e un cordiale saluto
Mariano Lio