La partita di biliardo è già in corso quando entro nel bar
Le palle da biliardo sbattono una contro l’altra e questo rumore è l’unica cosa che potrei udire identica ovunque. Il tavolo da biliardo, vecchio e consumato, è già servito a chissà quanti nella sua annosa esistenza. Ora si trova qui sotto la tenda. Le stecche radunate in compagnia variopinta, sono di plastica e di legno, lunghe, corte e cortissime. La tenda è appoggiata alla casa che è diventata una sala scommesse e bar. L’unico luogo dove gli abitanti del villaggio si ritrovano in cerca di divertimento. La partita di biliardo è già in corso quando entrando, a mezza voce, accenno un saluto.
Sul tavolo alto è già disposta una discreta collezione di bottiglie di birra; in mezzo a loro c’è un grande piatto con carne e patatine (il meze¹); in questo momento – tra il pranzo e la cena – è lì per la compagnia e le mosche.
Guardo la partita non troppo interessato e ascolto i consigli che generosamente elargiscono coloro che non giocano, citando figure geometriche a loro conosciute.
Nedim mi guarda dritto negli occhi e mi dice: «Morirai!»
Mi si avvicina Nedim balbettando, inizia il suo discorso facendomi le domande di rito: «Quando sei arrivato? Quando vai via?» Così si chiede a quelli che non vivono più stabilmente in zona ma tornano ogni tanto a fare visita. È segno di attenzione, ma in realtà serve a rompere il ghiaccio nella comunicazione. Rispondo anche se so che non gli interessa. Vedo che vuole dirmi qualcos’altro ma non sa come iniziare. In realtà lo sa ma balbettando gli viene più difficile.
«… Ve… ve… ved… vedo che ancora arrampichi sulle rocce, neve e ghiaccio», riesce a dire.
Qualche volta pubblico sulla mia pagina facebook o sono gli amici a taggarmi le foto che anche Nedim ha notato. Rispondo: «Si, ogni tanto». So che per la maggior parte della gente quello che pubblico non ha molto interesse, i valori comuni per lo più sono di altra natura.
Nedim si ferma e mi guarda dritto negli occhi, per alcuni istanti e senza più balbettare mi dice: «Morirai!»
Questa sentenza o predizione non me l’aspettavo, ma so che significa qualcosa tipo: «Stai attento a non cadere e che Dio non voglia che tu muoia».
Come la palla nera, quando cade in buca finisce il gioco
Lo guardo dritto e vedo che si aspetta una risposta o almeno una reazione. Prendo un attimo di tempo e poi gli dico: «Forse no».
Nedim non si aspettava una risposta così, perché il ‘’forse no’’ ha dentro di se anche un “forse sì” e ciò lo inquieta. Come può uno andare da qualche parte sapendo che esiste la possibilità che non torni a casa? Gli leggo nei pensieri.
Poi all’improvviso la sua fronte si rasserena e come se avesse capito veramente, girando la testa mi dice: «Già, forse no».
Non c’è veramente un motivo per spiegargli come e perché faccio qualcosa di così pericoloso.
«È quando la palla nera cade in buca che finisce il gioco?», chiedo facendo finta di non saperlo. Lui mi guarda sorpreso da una domanda così banale e dice: «Sì, certo».
Guardo il tavolo con le bottiglie di birra vuote; so che Nedim balbetta di più quando ha bevuto e so anche che sarebbe troppo facile fare i paragoni con il rischio che lui accetta ogni volta, quando si siede ubriaco dietro il volante. Perché questo, qui, è normale ed accettato.
Così, come d’abitudine, chiamo il cameriere, pago la mia Cola e un giro per tutti.
Molti degli amici che avevo non sono più tra i vivi e le cause sono le armi e la guerra o un male incurabile o incidenti stradali, ma anche, come per il mio buon amico, l’incidente in montagna.
Tra i due settori, proseguo, sulla traccia verso l’inizio della parte più ardua. I pensieri si diradano come la nebbia al sole e ora in questo momento dove realmente esistiamo solo io e il tempo non mi rimane altro che finire quello che ho iniziato e uscire in cima.
Questa è la prima parte del percorso. La seconda, tornare ancora una volta a casa, è la vera meta.
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1) meze è un piatto di carne per accompagnare dei superalcolici.