Intervista

LA MONTAGNA È ANARCHIA

La montagna è anarchia. Lo dice Peter Moser, alpinista, guida alpina, montanaro. E ribelle.

testo di Roberta Orsenigo

Spigolo ovest del Sass d’Ortiga (foto Alessandro Beltrame)
25/10/2024
10 min
Peter Moser sembra uscito dalla capsula del tempo. Ha gli occhi piccoli, vivaci e quando ti parla sono sempre rivolti verso un orizzonte immaginario. Come se in quel momento si trovasse sulla cima di una delle sue montagne. Le Dolomiti.

Lì, senza fretta, il 10 agosto 2021 ha realizzato il sogno di concatenare in un solo giorno sei delle principali cime delle Pale di San Martino. «Volevo fare qualcosa per me stesso. Ho tolto tutta l’attrezzatura perché desideravo restare solo con la montagna. Una grande fuga di un giorno dove ho respirato la libertà e ho ritrovato le mie radici, come alpinista, guida e come montanaro», racconta Peter[1] .

Da San Martino di Castrozza, punto di partenza, fino al Piz de Sagron ha inanellato una dopo l’altra, Cimon de la Pala, Pala di San Martino, Cima Canali, Sass Maor, Sass d’Ortiga, per concludere la sua incredibile cavalcata sul Piz de Sagron, estremo confine con le Pale di San Martino: «Una cima solitaria per un arrivo solitario come l’avevo sempre sognato»[2] .

L’incredibile concatenamento di Peter Moser è stato raccontato nel film Pionieri prodotto da AKU e diretto da Alessandro Beltrame, un viaggio intimo e solitario lungo le vie normali delle Pale, sulle tracce dei primi salitori ispirati dalla voglia di conoscenza più che dalla conquista[3] .

Peter Moser nel suo maso in Valsugana (foto Alessandro Beltrame)

Mi ricordo le prime salite, il sangue nelle unghie, il terrore. In certe situazioni ho giurato più di una volta di buttare via tutto.

Chi è Peter Moser?
Sono nato in Trentino, sono di origini sudtirolesi. Tutta la mia famiglia proviene da lì e dall’Alto Adige, montanari e contadini da generazioni. Anch’io sono un contadino, ma a differenza loro ho praticato anche sport di montagna. L’unico della famiglia ad averlo fatto. Diciamo che sono stato il primo ad affrontare delle fatiche “inutili” in montagna.

Peter Moser da bambino com’era?
Irrequieto e contrario a ogni tipo di costrizione. Boschi, animali selvatici, esplorazione delle montagne intorno a casa: questo era il mio mondo. Avevo sempre voglia di mettermi in gioco, di vivere l’incognita dell’avventura. Che poi sono le stesse sensazioni che ricerco adesso. A dieci anni avevo già esplorato tutti i boschi intorno alla mia proprietà. Poi, non avendo più nulla da scoprire, ho spostato la mia visione oltre quei confini per vivere nuove esperienze.

Ti ricordi la prima volta che hai toccato una parete di roccia?
Sì, ero un ragazzino ed era la parete sopra il mio maso. Rocce non proprio adatte alla scalata, dove si muovevano con disinvoltura solo gli animali selvatici. Salivo su quei massi senza corde e senza un minimo di tecnica. Era semplicemente un provare ad andare su.

E la prima vera arrampicata?
La sensazione della prima arrampicata me la porto ancora dentro ed era quella di sentirmi perfettamente a mio agio. Provavo una facilità innata perché fin da bambino ero abituato rischiare la vita sulle cenge e sugli sfasciumi. Era un gioco nuovo, tutto qui. Ricordo il fastidio che già allora mi dava il materiale tecnico. La corda, ad esempio, mi si arrotolava alle gambe. Non sapevo come usarla, mentre mi sentivo più sicuro usando solo mani e piedi. Mi sono quindi innamorato di questo nuovo modo di muovermi e ho dedicato la mia vita all’arrampicata sulle pareti verticali.

Che rapporto hai con la paura?
Mi ricordo le prime salite, il sangue nelle unghie, il terrore. In certe situazioni ho giurato più di una volta di buttare via tutto. Ho pensato: se sopravvivo questa è l’ultima volta. Sto a casa a mangiare pasta, polenta e luganiga[4]. La montagna però ti richiama sempre e la voglia di tornare su quelle pareti è più forte della paura.

Cima d’Asta (foto Roberto De Pellegrin)

Cima d’Asta (foto Roberto De Pellegrin)

I graniti di Costa Brunella nel gruppo Lagorai-Cima d’Asta (foto Roberto De Pellegrin)

Ci sono animali che vengono protetti perché si stanno estinguendo. Io mi sento una di quelle specie. 

Cosa significa amare la montagna?
Amare la montagna non coincide sempre con il volergli bene. Io l’ho maledetta tante volte, lavorando al freddo o quando, durante le arrampicate, pensavo di non farcela. È come il rapporto con la famiglia, a volte si litiga ma si continua a farne parte. L’amore per la montagna non è solo la vacanza dove va sempre tutto bene. L’innamoramento dura quindici giorni poi passa. Se il rapporto è vero, allora può durare e ciò significa prendere il bello e il brutto della relazione. E questo si chiama amore, che richiede tempo e conoscenza.

Cosa ti affascina della montagna?
Sono attirato dalla montagna perché è una parentesi dove non esistono delle regole. Ognuno è padrone di sé stesso. Io ricerco l’anarchia, non ne posso fare a meno. Non trovo altri spazi dove sentirmi libero di muovermi. La montagna mi permette di essere padrone delle mie paure e anche di pagare per le mie scelte.

Eppure, l’essere umano cerca sempre delle sicurezze, non credi?
L’uomo vuole avere l’assoluto controllo della sicurezza della propria vita e della vita altrui. In montagna non esiste questo. Si può vivere la montagna senza avere la badante, il carabiniere o lo Stato che impone delle regole per preservarti. Lì, sei veramente padrone di te stesso nel bene e nel male. E se sbagli sei fuori.

Hai mai pensato di esplorare altri luoghi fuori dalle montagne di casa?
Qui mi muovo in terreni di cui i turisti non conoscono nemmeno il nome. Sono affascinato dall’esplorazione ma preferisco continuare a ricercare posti inediti e solitari nelle mie valli.

Per questo tuo modo di pensare e di vivere la montagna non ti senti diverso rispetto ad altri alpinisti?
Ci sono animali che vengono protetti perché si stanno estinguendo. Io mi sento una di quelle specie. Faccio parte di quelle persone che cercano di portare avanti una cultura della montagna che sta scomparendo.

Ha qualche rimpianto?
Rimpiango solo di non aver vissuto la montagna ai tempi di mio nonno e dei valligiani di una volta, cioè in spazi immensi e inesplorati. Però poi mi consolo pensando che a quei tempi avrei di sicuro passato tutti i giorni a rastrellare il prato e non certo ad arrampicare.

Devo dire che hai un legame molto solido con la tua terra.
Sì, è vero. Credo che quando hai le radici ben inglobate in un sasso non le puoi più togliere e impiantare in un altro terreno. Sono cose che ti differenziano rispetto a tutti gli altri. L’appartenenza ti rende unico. Sei come un albero secolare che non si può spostare.

______
[1] Peter Moser è alpinista, guida alpina (lo diventa giovanissimo, a vent’anni), agricoltore, montanaro. Per cinque anni fa parte del Gruppo Militare Alta Montagna del Centro Sportivo dell’Esercito. Nel suo curriculum spaziano ripetizioni di itinerari sportivi anche superiori all’8c, salite alle grandi Nord, centinaia di vie in Dolomiti e in tutta la catena delle Alpi, numerose prime aperture sia su roccia che su ghiaccio. Oltre al concatenamento nelle Pale di San Martino, tra le sue avventure (non chiamatele imprese!) ricordiamo quella portata a termine nell’inverno del 2020, quando in quindici giorni ha unito oltre 200 cime sopra i 2000 metri della catena del Lagorai‐Cima d’Asta, con e senza sci.

[2] Ispirandosi ai pionieri dell’alpinismo, il 10 agosto 2021, Peter Moser ha concatenato in solitaria sei vie storiche delle Pale di San Martino. È partito di notte da San Martino di Castrozza e prima del tramonto ha raggiunto il Piz de Sagrón, concatenando le seguenti cime:
Cimon della Pala (3184 m) per la via normale di sud-est (prima salita: nel 1870 da Edward Robson Whitwell, Christian Lauener con la guida Santo Siorpaes).
Pala di San Martino (2982 m) per la via normale di nord-ovest (prima salita: nel 1878 da Julius Meurer, Alfredo Pallavicini, con le guide Michele Bettega, Arcangelo Dimai e Santo Siorpaes).
Cima Canali (2900 m) lungo lo spigolo nord-ovest con l’attraversata delle creste (prima salita: nel 1879 da Charles Comyns Tucker con la guida Michele Bettega; Peter ha salito lo spigolo nord-ovest con l’attraversata delle creste).
Sass Maor (2812 m) per la via normale di sud-est (prima salita: nel 1875 da Henry Awdry Beachcroft, Charles Comyns Tucker, con le guide Francois Devoassoud e Giovanni Battista Della Santa).
Sass d’Ortiga (2631 m) per lo spigolo ovest (prima salita: nel 1892 da Demeter Diamantidi e Peter Kotter con Giuseppe Zecchini).
Piz de Sagrón (2486 m) per il versante settentrionale e meridionale (prima salita: nel 1877 da Cesare Tomè, Tommaso Da Col e la guida Mariano Bernardin “Gabiàn”).

[3] Il film Pionieri è stato presentato per la prima volta al Trento Film Festival 2023. Hanno quindi fatto seguito importanti menzioni e riconoscimenti in diversi festival come: il premio per il miglior film di montagna al Tegernsee International Mountain Film Festival in Germania, il Premio della Giuria al Poprad Mountain Film Festival in Slovacchia e il primo posto alla 9a edizione di Cortomontagna, il concorso per cortometraggi dedicati alle terre alte. Ad oggi sono oltre venti gli allori collezionati da Pionieri in altrettanti festival internazionali dedicati alla montagna.

[4] Nome che si usa dare in Veneto e in Lombardia alla salsiccia.

Cima Canali lungo lo spigolo nord-ovest (foto Alessandro Beltrame)

Spigolo ovest del Sass d’Ortiga (foto Alessandro Beltrame)

Pala di San Martino per la via normale di nord-ovest (foto Alessandro Beltrame)

PIONIERI CERCALO SU AMAZON PRIME VIDEO

Il film Pionieri in streaming è disponibile in italiano su Amazon Prime Video.
Per i non abbonati è possibile usare gratuitamente la piattaforma per 34 giorni, previa iscrizione.

Qui puoi vedere il trailer di Pionieri, con riprese a fil di cielo e ricostruzioni storiche dei primi salitori. Belle le parole del Mago Maurizio Zanolla, Manolo, che nel film riflette sul suo nuovo rapporto con la montagna: “Sono tornato ad avere timore a sentirmi piccolo in questi luoghi. Che sono invivibili dentro, che ci è concesso di entrare solo per un breve momento, perché dentro non possiamo rimanerci a lungo. Dobbiamo uscire. Siamo degli uomini”.

PIONIERI: NOTE DI REGIA

Pionieri è un film prodotto da AKU, la regia è di Alessandro Beltrame, la sceneggiatura di Roberta Orsenigo, l’idea e il soggetto di Teddy Soppelsa.
Per raccontare nel modo più fedele possibile il concatenamento compiuto da Peter Moser in un solo giorno attraverso le Pale di San Martino, sono state necessarie 20 giornate di riprese. Le Pale di San Martino non sono ambienti facili da documentare, gli avvicinamenti alle parteti sono sempre lunghi e faticosi, seguire Peter Moser non è stato semplice. Tuttavia si è scelto di salire in arrampicata su tutte le vie percorse da Peter Moser, seguendolo nelle varie fasi del suo lungo e articolato viaggio, con un racconto in presa diretta che ha coinvolto la troupe tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno del 2021 e del 2022.
Per le riprese aeree sono stati utilizzati tre droni diversi, in base agli spostamenti; le riprese fisse sono state effettuate con telecamere e ottiche speciali per dare una sensazione vicina al linguaggio cinematografico, infatti per ogni sequenza, per quanto possibile, è stato creato un piccolo set cinematografico, con luci e diverse angolazioni di ripresa, evitando sequenze con inquadrature uniche tipiche del racconto documentaristico.
Per la migliore resa di luce e ambiente, si è cercato di sfruttare le condizioni meteo più favorevoli, costringendo spesso la troupe a ritornare più volte sui luoghi e anche la gestione di comparse non professioniste ha dovuto adattarsi alle loro esigenze. In questo modo le immagini che accompagnano Peter Moser restituiscono la grandiosità di un ambiente minerale maestoso, unico e severo come sono le Pale di San Martino, documentato forse per la prima volta “da dentro”, seguendo un ideale filo rosso che dai 3000 metri del Cimon de la Pala si snoda attraverso cime e valli fino alla dolomite più meridionale del Piz de Sagron, sul confine tra Trentino e Veneto.
Accanto al viaggio verticale di Peter Moser, viene messa in scena un’ascensione storica che, unita al commento dello storico dell’alpinismo Luciano Gadenz e alle riflessioni del forte scalatore Maurizio Zanolla “Manolo”, rende il sapore di una montagna senza tempo, uno spazio di avventura e libertà.

La cresta porfirica di Sasso Rotto, Lagorai occidentale (foto Roberto De Pellegrin)

Roberta Orsenigo

Roberta Orsenigo

Sono giornalista pubblicista, copywriter e autrice di testi per produzioni video.


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