Il pomeriggio procede al meglio anche se la sensazione di essere stanchi e non aver mosso un passo in tutta la giornata è qualcosa di strano a cui abituarsi. Le sponde sono ora più frequentate da pescatori, timidi naturisti e cercatori d’oro. Il Ticino, infatti, è da sempre meta ambita da chi ama setacciare la sabbia alla ricerca di pepite preziose. Nei passaggi ravvicinati ci guardiamo incuriositi giusto il tempo di scambiare alcune parole e scivolare via lungo il fiume che diventa sempre più veloce.
Ci fermiamo per rifocillarci lungo le sponde ad un piccolo bar (uno dei pochi che vedremo lungo il fiume) rispondendo alle domande dei camerieri curiosi; non è così usuale vedere delle persone che si spostano con delle canoe piene di viveri. Raccogliamo alcune informazioni sul ponte di Turbigo, punto che ancora non sappiamo se riusciremo a superare con facilità, e ripartiamo dopo un breve trasbordo. Ci troviamo in breve al tanto temuto ponte dove ci rendiamo conto che nonostante ci sia un salto di almeno un metro possiamo farcela.
La difficoltà maggiore nella navigazione è dovuta al repentino cambio di stato d’animo. Mentre in montagna c’è una tensione e attività costante, sul fiume si passa dall’essere rilassati all’essere vigili ogni volta che c’è una rapida. Si passa quasi da uno stato di contemplazione rilassato e annoiato ad un’attivazione esagerata.
Parte Marco, l’importante è tenere dritta l’imbarcazione, con colpi decisi mantenere la punta verso la direzione dell’acqua, se ci si lascia girare dall’acqua è finita, gli zaini in acqua, le borse legate male chissà dove finirebbero. Riesce a passare con facilità, ora tocca a me. Qualche pagaiata per mettermi al centro e faccio il salto, un po’ di acqua entra nella canoa ma sono subito fuori, galleggio placidamente.
C’è un momento, appena prima delle rapide, in cui il fondale si abbassa e l’acqua inizia a spingere con tutta la sua forza, si vedono i sassi passare rapidamente ed è necessario mantenere la concentrazione per evitare rami, secche, sassi appuntiti, prima che il fiume si arricci in onde bianche c’è un momento in cui l’acqua sembra diventare più trasparente, quasi oleosa, pagaiando con forza è possibile raggiungere una velocità considerevole. Ecco in quel momento sembra quasi di volare, di essere sospesi mezzo metro dal fondale, si sente la forza della montagna da cui quello scavo primordiale ha avuto inizio.
Poi il viaggio prosegue fluido, passiamo sotto un ponte che al centro non è ancora completato, alcuni signori in barca ci dicono che le ditte che prendono l’appalto durano giusto il tempo per tirare i soldi pubblici e poi dichiarano il fallimento. Di fatto è da anni che i lavori sono fermi ed il ponte pur non essendo ancora completato arrugginisce piano piano come uno scheletro di capodoglio sospeso.
Scendendo la corrente si fa più costante, le rapide sono sempre meno mosse ed è chiaro come il fiume sia sempre più prossimo a gettarsi nel Po. Ci fermiamo per la seconda notte, reidratiamo del cibo essiccato e poi ci buttiamo in tenda esausti.
Il giorno successivo una volta tolto l’accampamento non rimane nulla del nostro passaggio, qualche zolla d’erba schiacciata e dei sassi ammucchiati per far spazio alla tenda. Nel nostro viaggio dalla montagna cerchiamo di scivolare via proprio come fa l’acqua, senza fermarci troppo tempo per non cadere nella tentazione di modificare il paesaggio per addomesticarlo alle nostre esigenze. Con una sosta prolungata sarebbe inevitabile spostare un sasso per farci il tavolo o un tronco per farci una panchina, spezzare un ramo per facilitare un passaggio. Preferiamo continuare.
Mentre scendiamo gli ultimi chilometri non possiamo che esser contenti di concludere questo viaggio, nell’ultimo tratto il fiume diventa placido, sempre più simile ad un’autostrada senza intoppi. Non ci sono più rapide e cominciano a vedersi lunghe imbarcazioni a motore che si muovono controcorrente con agilità. Decidiamo di fermarci al ponte di barche di Bereguardo. Diversi uomini ci scrutano con le mani sui fianchi mentre attracchiamo al fondale ghiaioso, incuriositi ci guardano mentre sgonfiamo quelle che sono state le nostre case per alcuni giorni. Le rimettiamo negli enormi sacchi, riallacciamo le scarpe e torniamo ai nostri monti con le spalle cariche.
La sensazione è strana, quando si va in montagna si arriva in un posto in cui pochi arrivano, mano a mano che si sale gli elementi scompaiono, prima le persone, poi gli alberi, poi l’erba, si arriva alla vetta e l’unica cosa che rimane è il cielo, qui il processo è inverso. Piano piano siamo rientrati alla civiltà, sempre più costruzioni, ponti, imbarcazioni poi persone. L’eco dei giorni passati in compagnia dei soli cormorani è però forte e rimarrà ancora a lungo con noi, che ci siamo fatti trasportare dalla montagna per vedere dove la sua forza può arrivare.
Funny facts
- Il parco fluviale del Ticino è l’unico parco naturale che ospita al suo interno un aeroporto intercontinentale.
- Nel parco del Ticino esiste un ponte che è in costruzione da 8 anni e non riesce ancora a collegare Piemonte e Lombardia; mancano 23 metri per collegare le due sponde.
- Le zanzare del parco del Ticino sono quasi innocue.
- Il parco del Ticino, pur essendo in una zona fortemente antropizzata, è tra i luoghi più selvaggi che si possono trovare in Italia.
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foto:
1. Ticino (ph. Marco Cestarolli)
2. Madagascar (ph. Elisa Bessega)
3. Ticino (ph. Marco Cestarolli)