Racconto

Di chi è la montagna? #7

testo di Andrea Nicolussi Golo

foto: archivio Istituto Cimbro - Kulturinstitut Lusérn.
03/04/2020
Perché mi chiedi di chi sia la montagna?
C’è un sogno che ripeto spesso, un sogno ricorrente. Ci sono io bambino, ma come accade solo nei sogni, ci sono anche io adulto e osservo il bambino.

#7 – Luserna, Alpe Cimbra, Trento

Io bambino cammino per il mio paese in cima alla montagna, riconosco la strada che dalla piazza piccola porta alla piazza grande, la strada è senza asfalto e la luce e i colori sono quelli di una fotografia virata a seppia. Anni sessanta del secolo scorso.
È un pomeriggio di giugno che le scuole sono appena finite, vado alla Privativa, cammino piano, devo prendere le Alfa per il mio papà un pacchetto di tabacco trinciato forte per la nonna e anche il sale, so che comprerò l’Intrepido e al ritorno devo prendere il pane.
Sulla porta del suo negozio c’è l’uomo delle scarpe, mi chiama, dice che ha pronti gli scarponcini che gli ha ordinato la mamma. Il negozio delle scarpe è il mio preferito, è dentro una cantina scura e odora forte di cuoio, l’uomo siede quasi sempre al suo deschetto dove sono appesi una miriade di piccoli strumenti, ha la magia nelle mani l’uomo delle scarpe, da un pezzo di pelle informe in poco tempo modella la tomaia di un elegante stivaletto da signora, stivaletto che non venderà mai a nessuno che qui non ci sono signore da stivaletti eleganti. Mi piace stare a guardare l’uomo delle scarpe quando lavora, è buono con me anche se ogni tanto dice qualche sconcezza alle donne. Io adulto penso che quest’uomo aveva smesso da un pezzo di fare scarpe quando se ne era andato, nella vita vera fuori dal sogno aveva trascinato i suoi ultimi anni su una sedia a rotelle di legno e gli colava la bava dalla bocca.

Ed è anche loro la montagna di chi si messo in gioco e ha deciso di rimanere o di tornare. Delle ragazze e dei ragazzi, di Matteo, di Elena di tutti loro.

foto: archivio Istituto Cimbro - Kulturinstitut Lusérn.
foto: archivio Istituto Cimbro - Kulturinstitut Lusérn.

Le persone si fanno ombre ma ne riconosco gli occhi
Mescolati alla polvere della strada senza asfalto gli escrementi delle vacche non hanno odore. Sento vicino gli improperi del messo comunale, che una ventina di anni prima era capomanipolo e sovraintendeva al sabato fascista.
«C’è l’ordine di raccogliere le boazze. È nel regolamento comunale. È il regolamento!» Lo sento ripetere a voce ancora più alta: «Il regolamento!»
Io bambino rido, è un’idea stupida raccogliere le boazze, che tanto poi le vacche passano di nuovo e ne fanno delle altre.
Io adulto ho la gola chiusa da un nodo nero, penso che un giorno non ci saranno più vacche a sporcare le strade e non ci saranno più bambini a rincorrerle e anche il messo-capomanipolo non ci sarà più e non ci sarà più nessun regolamento comunale, perché non ci sarà più nessun Comune da regolare.

Poco oltre c’è la mamma di un mio compagno che ha il negozio di vestiti è ancora quello nella casa vecchia con la scritta di fine ottocento sopra la porta: Martino Pedrazza, commerciante in Luserna.
La mamma del mio compagno vende i blue jeans Roy Rogers, ma la mia mamma non ci sente a comprarmi quelli, mi prende sempre dei falsi Jeans con la riga in mezzo. Io adulto sorrido, ogni volta quando vedrò dei jeans mi verranno in mente i Roy Rogers che vendeva la mamma del mio compagno, li vendeva solo ai bambini ricchi però, che poi in realtà era uno solo, chissà se al paese ci sarà ancora qualcuno che indossa i falsi jeans di allora, di lanetta e la riga in mezzo.
Le persone si fanno ombre ma ne riconosco gli occhi, sono gli occhi di chi sa ogni cosa, sa chi sono, di chi sono il figlio, dove vado, cosa faccio; occhi gentili guardiani di infanzia.

La montagna è di chi sa che quassù ci vogliono i paesi
Di chi è la montagna? Mi hai chiesto. È loro, delle persone che mi hanno visto crescere, è loro la montagna, di chi c’era allora quando ancora in montagna si viveva, si lavorava, si teneva bottega, si sperava e si aveva un futuro. La montagna però è anche di chi non ha mai smesso neppure per un istante di pensare che serve esserci come ci sono stati loro che bisogna aprire un negozio di vestiti, una pasticceria, un negozio di scarpe, una stalla, un caseificio. La montagna è di chi sa che quassù ci vogliono i paesi e nei paesi il Comune e la scuola e l’ambulatorio del medico e anche il prete, sì anche il prete che a noi ci serve il prete per dare gli ultimi sacramenti ai nostri vecchi. La montagna è di chi l’abita quando sono cadute le foglie del faggio e il cielo si fa triste. La montagna è di chi l’abita quando la neve ti impedisce di andare a fare la visita medica prenotata sei mesi prima. La montagna è di chi l’abita quando l’ultima neve si fa fango e imbratta l’anima. La montagna è di chi l’abita quando i giorni d’estate si trascinano lunghi e inutili e la noia prende il cervello. La montagna è di chi l’abita, chiunque altro è un ospite gradito, pur non sempre.

Andrea Nicolussi Golo

Responsabile dello sportello Linguistico della Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri, collabora con l’Istituto Cimbro di Luserna/Lusérnar Kulturinstitut. Ha pubblicato il libro di racconti Guardiano di Stelle e di vacche (2010), e i due romanzi Diritto di Memoria (2014) e Di roccia di neve di piombo (2016), quest’ultimo finalista e segnalato ai Premi ITAS, Rigoni Stern e Leggimontagna. Nel 2011 è stato insignito del premio “Ostana scritture in lingua madre”. Ha vinto numerosi concorsi di poesia sia in lingua cimbra che in italiano e nel 2013, su autorizzazione Einaudi, ha dato alle stampe la traduzione in lingua cimbra del capolavoro di Mario Rigoni Stern Storia di Tönle. Nel 2016 ha pubblicato la traduzione in cimbro de "Il piccolo principe", nel 2018 la versione integrale di "Pinocchio" e nel 2021 "Il sergente nella neve". Per l’Istituto Cimbro di Luserna ha pubblicato varie favole per bambini.


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