Lo so, ma io non sono stato “amico” di Mario Rigoni Stern solo il suo più oscuro scolaro, il più ignorante, quello di cui il maestro si dimentica presto il nome, se mai lo avesse imparato.
Di Anna Rigoni Haus quindi, non dirò quello che dicono gli amici di Mario, ma quello che io so di lei e dei nostri brevi e radi incontri. Dirò di quella sua pudica affettuosità così rara oggi, così frequente, invece, per la generazione di Anna.
Dirò di Anna e di me, perché infine parlando degli altri si parla sempre di sé stessi; Anna è stata la sola persona in più di cinquanta anni che mi disse un giorno: “Peccato, dovevi avere degli occhi molto belli, quando ti è successo?”.
La sua domanda arrivò inaspettata, ma non sgradita, non sono arrossito, non ho avuto paura a raccontarle quello che non ho mai detto, avvertivo una rude dolcezza, inusuale nei rapporti tra le persone, una franchezza che tutto scopriva senza dolore.
Poi quell’incontro in Valgiardini a un anno dalla scomparsa di Mario e quel misterioso, impensato turbine di neve a giugno, rivedo il suo appoggiare il pezzo di legna sul ciocco e venire verso di me: “Nevica”. Già nevica, risposi. Non è impossibile una folata di vento e neve i primi giorni di giugno, ma che la neve cadesse solo in quei pochi metri e che il cielo sopra Asiago rimanesse azzurro, quello sì era strano.
“Cosa ti sembra?”
“Che ci voglia salutare”.
“Dici?”
Poi si parlò di altro, della fatica di portar dentro la legna e degli anni che passano senza nessun riguardo e di mio padre che anche lui non c’era già più e che le era coscritto.
Chissà se qualcuno si sarà stupito di quella lunga carezza che mi riservò quella sera a palazzo Labia a Venezia in occasione del Premio Rigoni Stern del 2017, lei e io sapevamo perché. Ero così fuori posto, così inadatto a quel luogo suntuoso che la sua carezza è stata la scialuppa cui aggrapparmi per lasciarlo e tornare a casa.
Non ho più avuto occasione di incontrarla da allora, mi è rimasta una carezza infinita e un altro passo amico che mi accompagnerà sui pascoli alti.
Che gentilezza…. Un ricordo affettuoso di una grande donna che è stata anche lei protagonista e custode del nostro periodo storico. Complimenti sempre ad Andrea NG
Grazie Erica. Grazie.
Che poesia Andrea, che umiltà dentro di te e nelle tue parole. Sempre da imparare tanto da uomini rari come sei tu. Mi sono commosso, e dentro a quel velo che ho davanti confondo le cose e rumori di casa. Perché vorrei essere con te e carezzarti timidamente come ha fatto Anna. Grazie per quello che mi insegni. Maurizio
Maurizio amico, devo venire a cercarti. Promesso.
Una volta non servivano tante parole, bastava guardarsi per capire già tutto….tu mi hai già capito vero? I drukte (scusa non so se si scrive così)
Liaba.
Poche e giuste parole per descriverla. E tramite queste parole, ora posso dire di averla incontrata per un attimo anch’io. Grazie anche stavolta Andrea m
Grazie Federica
– davvero delicato come ritratto, congratulazioni all’autore.
Grazie
Veramente a volte servono poche parole; gli incontri piu’ intensi sono fatti di silenzi, di pensieri che escono dall’espressione. Grazie per questo “ritratto”. Saluti cari
Un caro saluto anche a lei. Grazie.