Racconto

Blanca, la cagnolina delle Ande

testo e foto di Glorija Blazinšek

05/03/2019
4 min

Pochi mesi dopo la mia nascita mio padre portò a casa dei suoi suoceri una femmina di collie bianca e nera, aveva pochi mesi e altrettante poche speranze di vita. Mia nonna prese la cagnolina con sé e la chiamò Teia.

Con il passare degli anni Teia sarebbe diventata la mia migliore amica: con lei, aggrappata al suo pelo, feci i primi passi e fu lei a salvarmi la vita mentre stavo per finire sotto la macchina del vicino di casa. Insieme a lei ogni 14 agosto mi sedevo davanti a casa, sotto il pergolato, ad aspettare l’alba del mio compleanno. Tutto questo fino ai miei 13 anni e ai suoi 14.
Insieme a Teia e anche dopo di lei, i nonni hanno avuto tanti altri cani e io mi affezionavo sempre a quelli da caccia, in particolare ai segugi istriani. Un giorno, all’insaputa di mia madre che non ha mai voluto cani in casa perché “perdono il pelo e sporcano”, andai al canile e portai a casa Stella, un setter inglese, cane-divano quando è in casa e cane-slitta quando è fuori casa.

L’amore per i cani mi accompagna anche durante i miei viaggi e inevitabilmente quando ne incontro uno il cuore mi si riempie di felicità. In tanti paesi in cui ho viaggiato i cani liberi o randagi, sono spesso maltratti e scacciati con pietre e calci. In Perù non è così, lì i cani vengono trattati con rispetto e di conseguenza hanno un atteggiamento docile con le persone che incontrano e non le temono. I randagi che si vedono nelle città del Perù sono spesso sovrappeso (per gli avanzi offerti dai ristoranti), invece quelli che si incontrano in montagna sono un po’ più magri ed esili. Blanca è una di loro.

Blanca ha gli occhi dolci, è timida e fedele

Blanca vive entro i confini del Parco Nazionale del Huascarán, sulle Ande peruviane. Ha degli occhi molto dolci, è timida, pacifica ed estremamente fedele. Lei e il suo amico Pedro si sono avvicinati a noi a poche ore dall’inizio del nostro trekking. Sono sbucati dal nulla: curiosa e diffidente lei, spavaldo e poco brillante lui. Ho subito avvicinato Blanca per farmi annusare e per darle una carezza. Stabilito che tra di noi c’è un’intesa, i cani decidono di proseguire il cammino in nostra compagnia. Sono elettrizzata, abbiamo due cani, incontriamo spesso vacche e vitelli che ruminano felici, cavalli selvaggi e asini che corrono liberi, picchi che volano sopra le nostre teste ad oltre 6000 metri di quota. Sembra di essere in paradiso!

Arrivati sull’altopiano, che sarà la base per la nostra prima notte, montiamo la tenda e iniziamo a preparare la cena. A quanto pare siamo in quattro a cena e toccherà scaldare due buste di risotto anziché una! Pedro, da buon ruffiano, si mette a cuccia davanti al pentolino con gli occhi socchiusi come se fosse appena stato bastonato, invece Blanca si sdraia poco distante e mantiene la sua dignità.

Inizia a piovere. Per Pedro non mi preoccupo più di tanto, ha più grasso di Blanca (lei è magrolina con poco pelo) e un po’ di pioggia non gli farà nulla. Se fosse per me li porterei entrambi dentro la tenda, ma so che Giacomo non li accetterebbe e non ci provo nemmeno, almeno per questa sera. Mi convinco che sono come i cani del nonno, abituati a dormire sempre all’aperto e così mi addormento felice.
Ci svegliamo all’alba, Blanca e Pedro sono appallottolati a forma di Jing e Jang vicino alla nostra tenda. Li accarezzo, hanno il pelo caldo. Mi pare di capire che ora siamo un unico branco e che viaggeremo insieme per i prossimi giorni.

Blanca vive entro i confini del Parco Nazionale del Huascarán, sulle Ande peruviane. Ha occhi molto dolci, è timida ed estremamente fedele.
Blanca e Pedro

Sento che mi sto affezionando troppo a questa cagnolina

L’ascesa al passo è lunga, a tratti ripida e manca il fiato. Ci fermiamo spesso, non abbiamo fretta e gli zaini sono pesanti. Blanca riposa ad ogni nostra sosta e poi riprende il cammino sempre ad una decina di passi dietro a noi. Ogni tanto ci supera, come a farci vedere dove il sentiero è meno fangoso o dove si può imboccare una scorciatoia; si gira spesso per controllare se ci siamo e se la seguiamo. E’ proprio un’ottima guida, meglio di così non potevamo chiedere.

Incontriamo gruppi di trekkers che arrivano dalla parte opposta al nostro cammino e tutti accarezzano Blanca. Ad ogni incontro temo che possa abbandonarci e seguire i nuovi arrivati, magari con la speranza che possano offrirgli più cibo di quanto ne diamo noi. Invece non accade e al contrario di Pedro lei resta al nostro fianco, rispetta i nostri tempi anche sull’ultimo tratto, il più faticoso, dove ogni dieci passi ti devi fermare a respirare.

Sento che mi sto affezionando troppo a questa cagnolina, il pensiero che dopo questa avventura non la rivedrò mai più mi fa venire un nodo alla gola. Cerco di non pensarci, intanto stiamo per arrivare a quota 4750 metri. A Punta Union siamo soli, ci godiamo il silenzio, il bellissimo panorama e una merenda per tre. Chissà quante volte è stata quassù Blanca, eppure è partecipe alla nostra gioia per essere arrivati così in alto. Del resto ci siamo arrivati insieme.

Qui ogni sera piove, la tenda nello zaino è ancora bagnata dalla notte scorsa e il cielo non promette bene. Bisogna scendere di quota e cercare un luogo dove accamparci. Troviamo un bel pianoro, asciughiamo un po’ la tenda e ci infiliamo subito dentro, mentre fuori inizia a grandinare. Nelle vicinanze non c’è nessun riparo asciutto per Blanca, devo convincerla ad entrare. Le barrette energetiche ai cereali ho visto che le piacevano e allora provo con quelle. Le ho preparate a casa poco prima di partire e mai avrei pensato che mi sarebbero servite per convincere un cane ad entrare in tenda. Piano, piano Blanca capisce che la nostra “cuccia” è un’ottima soluzione per passare la notte. Si mette ai piedi del mio sacco piuma e non si muoverà di un millimetro fino al mattino. Fuori continua a grandinare, scendono palline di ghiaccio di un centimetro, andrà avanti per un po’ ed è con questa ninna nanna che ci addormentiamo.

L’ultimo giorno del nostro trekking veniamo svegliati da una simpatica mucca che si è messa a leccare il telo della tenda. Blanca però teme le mucche perché talvolta attaccano i cani e così come prima attività della giornata ci tocca scacciare la mandria.
Oggi ce la prendiamo con comodo, sappiamo che è l’ultimo giorno e tra pochi chilometri saremo in valle e bisognerà salutare Blanca. Durante questa ultima tappa ogni tanto Blanca sparisce e dentro di me penso che se n’è andata senza salutarci e forse è meglio così. Non mi piacciono gli addii. Invece poi ricompare e capiamo che sta semplicemente evitando il fango facendo dei sentieri paralleli che lei conosce.

La ringrazio per la sua fedele compagnia e inizio a piangere

Il nodo che ho in gola inizia a sciogliersi, comincio a piangere come una bambina e il mio carattere sensibile non mi è per niente d’aiuto in questa situazione. Piango fin dove incontro il cartello che ci ringrazia per la visita al Parco Nazionale del Huascarán. Scattiamo una foto e cerco di tenermi il nodo in gola. Blanca si siede su un sasso poco distante da noi, credo sia un punto di osservazione strategico perché da lì riesce a vedere la staccionata d’ingresso e di uscita del Parco. Ed è proprio su quel sasso che la ricordo mentre ci guarda uscire dal Parco. La guardo anche io e la ringrazio per la sua fedele compagnia e inizio a piangere di nuovo.

Continuo a piangere, non penso ad altro per tutto il giorno e anche ora se ci penso mi scendono le lacrime. Il dolore è più o meno quello che provi quando a sedici anni ti lasci dal tuo primo fidanzatino e soffri in modo struggente e irrazionale. Ci sono sere che dentro il mio comodo e caldo letto penso a lei: spero sia al sicuro e che incontri solo persone gentili con le quali condividere l’ennesima ascesa a Punta Union, qualche barretta energetica e magari una bella tenda in cui rifugiarsi.

La guardo anche io e la ringrazio per la sua fedele compagnia e inizio a piangere di nuovo.
Glorija e Giacomo
Glorija Blazinšek

Glorija Blazinšek

Sono uno spirito libero che ama l'organizzazione. Ma amo soprattutto mangiare, scoprire posti e parlare con le persone, adoro i colori e mi emoziono per le piccole cose. Con la fotografia racconto le storie, sapere di poter rivivere i momenti mi conforta. Conosco cinque lingue e mi piace poterle praticare al lavoro, mentre fotografo, o nei viaggi di Altripiani.


Il mio blog | Altripiani nasce da un gioco di parole. Il progetto è infatti un continuo attraversamento di altipiani e spesso lungo la strada i piani di viaggio si modificano in continuazione, trasformando l’itinerario inizialmente abbozzato. Una continua ricerca dell’altro nell’altrove, per incontrare e indagare sulle diversità tra le culture e le religioni dei Paesi attraversati, tra le tradizioni e le generazioni delle comunità più isolate sulle montagne, evitando i luoghi comuni per cercare quelli d’incontro e di dialogo.
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