Quella che uno studioso solo pochi anni prima, con avveniristica intuizione, aveva chiamato Antropocene, ovvero quella nella quale sono le attività dell’uomo la causa principale delle modifiche territoriali e climatiche della Terra?
Ma no, dai, in quei giorni si stava davvero bene, con quella temperatura così piacevole, altro che giacche a vento, berretti e guanti di lana. In maglietta si stava!
E’ vero che era febbraio, però la pista da sci quel giorno era tutta nostra, vabbè, non c’era la neve, ma noi eravamo saliti verso il Sorapiss e se non fosse stato per quel breve camino con una parete completamente foderata di ghiaccio forse saremmo anche potuti arrivare sulla cima. Eravamo soddisfatti, non lo erano certamente gli operatori turistici della montagna che avevano visto sfumare il lavoro ed i conseguenti introiti della stagione invernale in maniera irrimediabile. In fondo, sono punti di vista personali, che si esprimono in base ai propri interessi economici, al proprio lavoro, alle proprie propensioni.
Quasi dieci anni erano passati da quei giorni assolati ed era giunto il momento di soddisfare un vecchio sogno, salire il canalone ghiacciato della Torre Innerkofler, nel gruppo del Sassolungo. Eravamo in tre e andammo all’attacco con in tasca la fotocopia di una foto tratta da un libro di Luca Visentini, edito nel 1981, ovvero più di quindici anni prima. Ancora non si parlava di cambiamenti climatici, al più allora si temeva l’allargarsi del buco dell’ozono, difficile immaginare quindi che ci potesse essere una qualche correlazione con lo scenario che ci trovammo di fronte. Il canale era un ripido piano inclinato ricoperto da un magro strato di ghiaccio, alla base, iniziava con un grosso “tubone” di ghiaccio vivo dall’aspetto assai repulsivo; lo potemmo superare con le piccozze da cascata che avevo portato con me.
Al secondo tiro di corda ci trovammo su uno strato di neve assai molle che dopo pochi metri si trasformò in una poltiglia fangosa nella quale ci inzaccherammo come muratori. Una volta usciti dal canale, ci affidammo a una corda doppia che ci scaricò, assieme alla nostra delusione, sulla forcella dalla quale eravamo partiti. Quell’esperienza ci fece aprire gli occhi, la voglia di salire altri canaloni ghiacciati delle Dolomiti si scontrò con la presa di coscienza che alcuni di questi erano spariti e altri gravemente compromessi. Qualcosa era cambiato e comprendemmo che quegli eventi avevano carattere di irreversibilità.