3a PARTE /
dal RIFUGIO GIORGIO DAL PIAZ al PASSO CROCE D’AUNE
In questa strana estate siccitosa, la pioggia sembra un ricordo. Se non altro, l’aria un po’ più fresca faciliterà il cammino. Abbiamo deciso di salire al Pavione che, coi suoi 2335 metri di altezza, è una delle vette principali di questa parte delle Dolomiti Feltrine. Un cupolone di prati che, nel versante a sud, precipitano in salti di roccia e ghiaioni. Eppure, a ben vedere, così, ad una prima occhiata, la montagna non ha nulla di dolomitico. Niente guglie, né pinnacoli di roccia sospesi nel vuoto, né bizzarrie di forme a disegnare il paesaggio. Il Pavione è, invece, una facile passeggiata che segue il crinale aereo e molto panoramico, appena sopra il Rifugio Dal Piaz.
Abbiamo lasciato gli zaini, li recupereremo al ritorno, così oggi ci godremo i colori e quest’aria fresca che viene da nord, senza il fastidio del peso sulle spalle. Le gambe sono sciolte e la salita, seppur in certi tratti un po’ ripida, non è più un problema. Piuttosto, attirano l’attenzione queste praterie di fiori, una tavolozza cromatica che colpisce e inebria gli occhi.
È tutto un brillare che attira miriadi di farfalle variopinte, bombi e api
A mano a mano che il sentiero ci porta in quota, ben si distinguono le cosiddette “buse”, avvallamenti circolari di origine glaciale, subito a valle del crinale. Un tempo venivano usate come alpeggi, e le casere ancora in piedi sono lì a testimoniare questo passato. Per lo più, oggi, sono abbandonate, gli animali al pascolo scarseggiano, ma la Malga Vette Piccole è abitata dai malgari in estate. S’erge quasi al centro del vasto avvallamento racchiuso tra i rilievi del Passo Piétena e del Passo Vette Grandi.
Non mi arrendo e col binocolo mi ostino a scrutare i pendii. Da qualche parte qualche camoscio ci dovrà pur essere! E, invece, nulla, nemmeno nei declivi più ripidi e ombrosi. Distinguo appena le loro tracce, esili sentierini che rigano i versanti tra ghiaioni e sfasciumi a finire sui tratti erbosi, ma per il resto è un deserto! In cielo, un rapace volteggia a caccia di qualche animaletto. Forse a lui andrà meglio!
Nuvole di vapore s’alzano dal manto erboso che luccica di rugiada. Le gocce sui petali ne ravvivano i colori quando i raggi del sole filtrano in una diafana opalescenza. Allora è tutto un brillare che attira miriadi di farfalle variopinte, bombi, api in un frenetico posarsi da un fiore all’altro. L’erba è alta, intatta, padrona assoluta del territorio. Un ben di Dio per gli occhi, che darebbe ottimo latte e formaggio e una carne molto più saporita se ci fossero ancora mandrie di vacche e cavalli al pascolo. E, invece, nemmeno il miele! Mi stupisco che ovunque sia andato in questi giorni, non abbia mai visto arnie per accogliere le api così industriose.