La sveglia, di già. Credevo di aver appoggiato la testa sul cuscino un attimo fa.
Sono le quattro e mezza. Mi alzo a fatica e, ancora avvolta nel tepore dell’abbraccio di Morfeo, in quello che mi sembra un attimo mi ritrovo all’imbocco del sentiero. Il freddo pungente della mattina mi riporta subito alla realtà, è come uno schiaffo sul viso, una mano che mi strattona dal colletto fuori dal calore del letto dove la mia mente pigra era rimasta ben volentieri. Meglio iniziare a camminare subito. Ma il mondo ancora dorme, ho come la sensazione di poter vegliare sul sonno altrui da lì. Senza torcia, mi addentro nel bosco. Non vedo nulla, ma seguo il rumore ritmico dei passi veloci di mio zio. Ogni tanto un raggio di luna si infila come un contorsionista tra i rami degli alberi, illuminando il terreno per me. Una miriade di ragnatele mi si attacca al viso e su tutto il corpo, fanno il solletico. Non finiscono più. Significa che siamo i primi a rompere la magia della notte. Penso che a tanti farebbero ribrezzo, ma a me fanno sentire accolta. È quasi un peccato rompere un così grande lavoro con il proprio passaggio. Chissà quale insetto è autore di questo complesso intreccio. Chissà cosa succede nel bosco quando noi non siamo lì a osservare.
La Schiara
Alzo lo sguardo ed eccola, si erge all’infinito oltre la mia vista. Ho perso la concezione del tempo. Il sole sta sorgendo, sbuca dal mare di nuvole che protegge la città dormiente. Inizio a crogiolarmi nell’idea dell’imminente arrivo del suo tocco tiepido sulla pelle, in contrasto con l’apparente gelo di questa roccia. Infilo imbrago e caschetto, appoggio le mani sul primo appiglio della via ferrata e sento le farfalle nello stomaco. La Schiara, a tratti ispida e fredda, a tratti di una dolcezza disarmante. Il suo sguardo irresistibile lascia chiunque lo incroci senza fiato. Quanti si sono sentiti così prima di me al suo cospetto? Una montagna che sa sempre come sorprendere. Un po’ misteriosa, sembra nascondere qualcosa di importante. Sa accogliere con passione, ma non si fa domare, da nessuno. È con rispetto che risalgo i suoi pendii fino al punto più alto, prestando attenzione a ogni passo e a ogni appiglio, fino a quella cresta così delicata e insicura. Sento l’energia di una guerriera diffondersi in me dal terreno sotto i piedi, mi sento ricevente di un dono che non mi abbandonerà più.
Il Pizzocco
Oggi ho deciso di salire da sola. Ho bisogno di lasciar correre le gambe, voglio sentire ogni singola fibra muscolare sfrigolare come acqua fresca versata su un sasso rovente, voglio svuotarmi, alleggerirmi, ruggire. È passato qualche mese dall’ultima uscita in solitaria e già mi pare di averne perso l’abitudine. Un timido timore che dopo qualche falcata è ben che dimenticato. Supero qualche coppia che risale con calma e finalmente mi tuffo nel silenzio della solitudine. Basta l’odore del mugo a non farmi sentire più un’estranea in nessun luogo, ma qui c’è qualcosa che va oltre. Quando cerco libertà è proprio il Pizzocco il posto dove riesco a trovarla. Lo spirito libero, la montagna che dell’indipendenza fa la sua forza. A lei non interessa ciò che pensano gli altri. Da lassù sa respirare tutta la bellezza del mondo. Non cerca le cose, le vive, così arrivano da sé. Raggiungo la forcella e continuo, mi sento come un animale selvatico, mi sento un tutt’uno con l’ambiente che mi circonda. Lei brilla, splende di luce propria e così mi percepisco io quando mi siedo sulla cima e ascolto il battito del cuore che ritorna gradualmente nei ranghi, mentre la brezza mi scompiglia i capelli e li fa appiccicare disordinati al viso sudato. Stringo un sasso nel pugno e respiro con lei.
Un riuscito connubio tra osservazione dei particolari e visione d’insieme. Ha saputo cogliere molto bene sia la delicatezza dei piccoli fenomeni naturali che la maestosita’ dei paesaggi montani. La scrittura, semplice ma curata ed elegante, fa emergere armoniosamente le emozioni dal grande quadro paesaggistico che le ha generate.
Grazie Leonardo per il tuo bellissimo commento! 🙂