Per me il camminare è poesia, ricerca di bellezza, desiderio di immersione e ascolto del paesaggio, della sua identità e delle mille piccole storie che ha da raccontare. Storie che avvolgono luoghi eletti a contenitori di senso. La montagna. Cos’è la montagna se non un’allegoria? La vetta da raggiungere dopo una salita impegnativa è l’obiettivo conquistato con fatica e sudore. Per guardare giù, staccarsi dalle pianure del mondo e ammirarlo da una prospettiva più ampia. Ammirarlo dal settimo cielo. È desiderio di conoscenza. Di esplorare altri punti di vista per abbracciare anche i più difficili da raggiungere. È sfida tra se stessi e Natura. La montagna può essere tutti i giorni e in ogni luogo. E questo mio viaggio senza pretese, dalla porta di casa, con lo zaino in spalla, alla casa di Valeria, una montagna lo è stato sicuramente. Ho superato anche promontori veri, questo è certo.
L’Appennino è sempre montagna anche se, quando penso ad essa, immagino le alte vette rocciose delle Alpi piuttosto che le alture boschive dei passi appenninici. Tutto un altro mondo. Certi luoghi, sfuggenti e dimenticati, si possono assaporare solo da vicino, entrandoci dentro. Guadare un fiume mi ricorderà sempre il Nure, attraversato a piedi nudi e con tutto lo zaino in spalla. Mi ricorderà la sosta sulle sue rive, all’ombra di un albero, nella calura del mezzogiorno, coi piedi a mollo. Istanti di semplice, pura felicità. Tutto sembra, appunto, semplice sulla via, ma non è così. Stare da soli per ore nei boschi o sui declivi con un’idea un po’ vaga di dove si stia andando, non è sempre facile. Il corpo si abitua al camminare e alla fatica, è fatto per questo. La mente, invece, interroga sempre. Stare nei silenzi e nelle solitudini della natura, soli con sé stessi, è stata forse la parte più ardua. Tenersi a bada, rincuorarsi, prendersi cura di sé, avere fiducia, non lasciarsi andare, resistere ancora per un po’, mettere le paure al proprio posto, affidarsi. Sono alcune delle cose che ho sperimentato durante il viaggio.
La ricompensa è arrivata ad ogni sosta, che fosse la cima di un valico, un rifugio o una fontanella d’acqua fresca. Sono arrivato qui per sentire il corpo fremere di un sentimento di totale appartenenza. In alcuni momenti il tempo non esiste più, resta l’aria intorno, i rumori degli animali, il bosco, la montagna che contiene e ospita. Non ho ancora detto i nomi dei borghi attraversati, dei passi valicati e le loro altitudini. Non ho detto nulla del tempo impiegato, dei chilometri percorsi, del dislivelli giornalieri. Non l’ho detto e non lo farò. Dirò dell’altro. Lo farò narrando un evento e l’incontro con una persona che per me rappresenta bene lo spirito dei luoghi attraversati. Parlo di parte degli Appennini, delle valli interne coi loro borghi diroccati, abbandonati e decadenti. Mi sento fortunato per aver avuto, per puro caso, l’occasione di raccogliere questa testimonianza e mi sento, in qualche modo, il suo custode. È parte delle voci della montagna. Inizia con me sul sentiero, a mezza mattina, in un fitto bosco di castagni e querce, 10 km fuori Bardi direzione Borgotaro.
In un viaggio di parecchi giorni e varie centinaia di chilometri, la giornata di maltempo può capitare. Il cielo diventa improvvisamente nero pece e nel bosco, già fitto di suo, cala il buio e il silenzio. La vita si prepara a far fronte alla minaccia e va ad accucciarsi nelle tane. Procedo a passo svelto nella speranza di uscirne il prima possibile. La mappa dice che un abitato è vicino. Borbottii, boati, crepitii e scoppi in lontananza non promettono niente di buono. Attendo ancora prima di mettermi il k-way. È solo qualche goccia. Poi il cielo si rompe lasciando cadere fontane di pioggia. Goccioloni trasformano il bosco in cascata prima di invadere il sentiero. Acqua, acqua e poi ancora acqua. Tutto è madido, umido, scivoloso e bagnato fradicio. Me compreso. E non si ferma. Iniziano i timori, i sassi scivolosi su cui posso mettere male un piede, le fronde che oscillano e che potrebbero cadere e poi chissà cos’altro si muove in questo scenario diventato d’un tratto cupo e sinistro.