20 dicembre 2020, ore 10: ci accomodiamo nell’ampio salone. Avvio la registrazione. Luigi mi mostra i suoi libri con le foto di Robert Capa alla Radicosa, la macchina fotografica di nonno Domenico, copie di ritagli di giornale; gli stessi che nonna Carolina volle conservare tutta una vita nel cassetto di un comò. Avanzi di carta impressionati dai ricordi di giorni di terrore.
Sotto quel cappellaccio nero e l’aspetto rude di uomo con le chiòchiere5 ai piedi si nascondeva, mi racconta Luigi, un cittadino colto ed intelligente, che aveva viaggiato e parlava diverse lingue. Finito il servizio militare nel Regio Esercito zi Mnguccj infatti si era spostato in Russia con la moglie, vissero a San Pietroburgo. A quel tempo non faceva differenza la Russia o l’America, entrambe offrivano opportunità di lavoro. Dopo diversi lavori, riuscirono a fare fortuna con la lavorazione dei filati confezionando indumenti di lana e pull-over. Nel 1903 nacque in Russia Gregorio, padre di Luigi, il loro unico figlio. Nel 1917, a seguito della rivoluzione d’Ottobre, essendo stranieri, ricchi e soprattutto capitalisti, furono costretti a tornare in Italia. Carolina fece il viaggio di ritorno con addosso tutti i rubli che poté, ma una volta in Italia fu solo carta straccia e una vita da ricominciare.
Si stabilirono alla Radicosa e Domenico rispolverò la sua vecchia passione per la macchina fotografica. Era l’unica cosa che era riuscito a riportare a casa e cominciò, con successo, a fare il fotografo. Il figlio Gregorio, pittore, preparava fondali per le foto. E sempre alla Radicosa, tra quelle montagne, mi spiega Luigi, nel gennaio 1944 si incontrarono i due fotografi: Domenico Matteo e Robert Capa. Probabilmente riuscirono a parlarsi paradossalmente proprio in tedesco, lingua che conoscevano bene entrambi.
Luigi mi mostra le foto di Capa, mi indica nonna Carolina, in un’altra mi mostra Concetta Martino, moglie del bidello del paese e nonna del tenore Giuseppe Vendittelli, e poi ancora Luisa Vendittelli, “uagliungèlla, l’cusstèll nur’, ‘na unnèlla, mmiéz alla nèva, l’scarp r’ gliu frat tutta ndsìta p’fridd e cannunat” 6. Donne nel mezzo del fronte tra tedeschi e americani. E gli uni dagli altri distanti solo poche centinaia di metri.
Robert Capa, prototipo del fotografo di guerra, trovò la morte su una mina in Indocina diec’anni dopo, aveva quarant’anni; Domenico Matteo morì per lo scoppio di una mina antiuomo quattordici giorni dopo quelle foto. Luigi Matteo non ha mai conosciuto suo nonno.
Ci vorranno circa nove mesi, tra i più sanguinari della campagna d’Italia, perché gli alleati riescano infine ad aver ragione sui tedeschi.
20 dicembre 2020, ore 11.30: leggo commozione negli occhi di Luigi. Mi mostra la ballata in dialetto che ha composto. Sì perché Luigi ha composto una ballata a ricordo di quell’incontro:
[…] “Nu biégliu gióvn, na machnétta mman
(Un bel giovane, con la macchinetta in mano)
Senza fucil, senza bómb a màn
(senza fucile, senza bombe a mano)
Semp issannanz, càcche vota addrèt,
(sempre lui davanti qualche volta indietro)
cu nu curaggj che n’n z po’ rpét,
(con un coraggio che è difficile da ripetere)
p’rpiglià gli fatt r’lla uèrra
(per fotografare i fatti della guerra)
e la meglia giuvndù accìsa ‘n dèrra”
(e la meglio gioventù uccisa per terra) […]
Non posso abbracciarli, prometto di tornare; prometto che dal nostro incontro nascerà un progetto e lui, Luigi, sarà di nuovo memoria di quei giorni.
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note:
1. “Nove mesi d’inferno tra le Mainarde e il mare” è il titolo di un libro curato dal prof. Cosmo Damiano Pontecorvo, edito nel 1979.
2. Robert Capa è il fotografo di guerra più famoso in assoluto.
3. Il Boeing B-17 è stato un bombardiere pesante impiegato principalmente nelle campagne di bombardamento diurno.
4. “la casa in testa… con la rabbia in petto”. Estratto dalla ballata di Luigi Matteo.
5. Cioce. Tipica calzatura montanara laziale.
6. “ragazzina, gambette magre e nude, una gonnella, in mezzo alla neve, le scarpe del fratello terrorizzata da freddo e cannonate”. Estratto dalla ballata di Luigi Matteo.
foto:
1. Un soldato Americano di fronte alle rovine. Ogni metro quadrato distrutto dai bombardamenti durati mesi. Foto concessa da Pino Valente, Associazione Monte Cassino e Linea Gustav.
2. Copie di ritagli di giornale in cui si parla di quel 4 gennaio del ’44 e dell’arrivo di Robert Capa alla Radicosa.
3: Il prof. Luigi Matteo che mi mostra la macchina fotografica di nonno Domenico nel suo salotto a San Vittore del Lazio.