Unico scampo: due valli laterali che circondano da est e ovest il massiccio. Dalle alte vie che le percorrono, la maggior parte di noi, dediti alla montagna ma non all’alpinismo, ha ammirato con paura, emozione e vertigine il Monte Bianco.
La chiesa di Notre dame de Guerison, con le pareti ricoperte di ex voto, rappresentazioni a sbalzo di gambe, piedi, dita, braccia, cuori, nomi e devozioni, ci riporta ad una religiosità profondamente arcaica che si incontra innanzi alle forze che da sempre governano la nostra vita: il caso, l’ignoto e la natura nella sua essenza originale. La stazione della funivia è acciaio, tecnica, cemento, computer, asetticità del calcolato e incrocia di sbieco lo sguardo della piccola chiesa. Sono i due opposti che vestono i panni del paradosso, a cui si è esposti nel tempo iniziale della salita al Monte Bianco. Poi gli occhi si perdono nell’alto. Guglie, dirupi e prospettive. Dove è il freno? Voglio fermare il marchingegno che macina dislivello, gira carrucole e contrappesi, per guardare lo stesso punto con dedizione. Ma nel tempo di un pensiero siamo già arrivati in cielo.
La Skyway Monte Bianco è un aeroporto che ogni 15 minuti vola per le terre altissime, uguale per personalità a tutti i grandi scali intercontinentali del pianeta, luccicante gentilezza, sponsor, tecnologia. Un salto spazio-temporale verso Punta Helbronner 3462 m dove un bistrot, una Feltrinelli e una pittoresca frontiera sostengono una terrazza proiettata tra i ghiacciai del massiccio più alto d’Europa. Altitudine confondente. Sono le parole, i passi e l’esperienza di Ezio Marlier, presidente dell’Unione Valdostana guide d’alta montagna, ad accompagnarmi.
Un ascensore da quota 3462 scende ai 3375 e un lungo tunnel si apre nella terrazza del rifugio Torino nuovo. È strano fare 2000 m di dislivello senza fiatone, gambe molli e magliette bagnate. I rifugi di alta montagna sono dei presidi umani in terre ostili. Lo si capisce con il mal tempo quando una lucina, al crepuscolo, solleva l’animo e la giornata finisce nel tepore. Anche qui è lo stesso perché il tunnel della Skyway si chiuderà automaticamente alle 16,30 e allora niente più salti spaziotemporali, chi c’è c’è e la zuppa servita tornerà ad essere la più buona della terra e il presidio umano brillerà di speranza per chi si attarderà nelle pareti e tra i ghiacci.
Bellissimo e coinvolgente reportage di una giornata al Monte Bianco, una sintesi accattivante tra emozioni e riflessioni, un abbraccio forte che mi ha fatto rivivere giorni analoghi trascorsi sul ghiacciaio, in quel timore reverenziale che le montagne tutte e questa, in particolare, il Bianco infondono nell’animo.
Grazie Giulio!
Bravo Giulio: una “cronaca” fuori dagli schemi tradizionali, intensa, coinvolgente e densa di collegamenti “esterni” del nostro mondo, delle montagne della nostra vita di oggi (e di ieri).
Complimenti.
La letteratura “di montagna” tende ad alzare troppo il livello già elevato di per sè nell’ altimetria. Difficile trovare descrizioni sobrie lontane dalla retorica.