C’era una volta Bush, George, il figlio di cotanto padre. Aveva molte ricette per sistemare il mondo intero. Una ne indicò anche per le foreste e i boschi americani. Siccome negli Stati Uniti c’erano e ci sono troppi incendi, George W. Bush, nel 2003, propose di tagliarli, o quantomeno di sfoltirli, giocando d’anticipo sulle fiamme. Per la precisione Bush dichiarò: “Per proteggere le foreste è necessario intervenire velocemente tagliando tutti quei giovani alberi che, facilmente infiammabili, mettono a repentaglio milioni di ettari di vegetazione”.
L’amministrazione americana battezzò l’operazione “Iniziativa per la salute delle foreste”. Gli ambientalisti la pensavano diversamente, con il sospetto piuttosto fondato che dietro tutto questo fervore antincendio di Bush ci fosse in realtà la lobby dell’industria del legname.
Mutatis mutandis, quindici anni dopo (siamo sempre in ritardo rispetto agli States), eccoci qua in Italia, con una proposta per certi versi simile, la nuova legge forestale, ovvero il testo unico forestale che sta già facendo divampare – se non gli incendi – furiose polemiche.
Un testo che modifica la percezione culturale e gestionale del bosco
Da una parte ci sono più di duecento botanici e zoologi di tutte le università che hanno sottoscritto un appello contro le nuove norme che, in qualche modo, agevolano i tagli dei boschi. Esprimono “stupore per i gravi errori scientifici del proposto Decreto, che potranno condurre a effetti deleteri sugli ecosistemi, sul suolo, sulla biodiversità e sul paesaggio”. Dall’altra parte ci sono le industrie del legname e del pellet e c’è anche l’Uncem,l’Unione nazionale comuni e comunità enti montani.
“È un testo che modifica la percezione culturale e gestionale del bosco. Al ruolo protettivo e ambientale –paesaggistico – dice l’Uncem – si unisce il ruolo produttivo. Abbiamo in Italia 12 milioni di ettari di bosco, un terzo della superficie nazionale, che oggi non ha valore, è in abbandono, peggio del deserto africano”.
E dicono pure che negli ultimi decenni, causa l’abbandono delle montagne e l’opzione per i carburanti fossili, la superficie boscata in Italia è cresciuta notevolmente. Ci vorrebbero i tecnici per intervenire su questa materia, anche se una certa puzza di bruciato (è il caso di dire) si sente da lontano.
Però a chi ama la montagna e i suoi boschi tornano in mente le suggestioni di tanta splendida letteratura dedicata alle foreste. Solo per fare degli esempi: le speranze de L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono e la disperata guerra degli Ent e di Barbalbero contro lo scempio e la distruzione forestale di Saruman ne Il Signore degli Anelli di JRR Tolkien. Ma soprattutto la polemica attuale fa pensare ai protagonisti de Il segreto del bosco vecchio di Dino Buzzati, alla trattativa tra il colonnello Procolo e Bernardi, uomo della forestale e – allo stesso tempo – genio di uno dei grandi alberi del bosco vecchio. Tagliare gli alberi o salvarli? E perché?
Se pensiamo agli Appennini il problema si complica
Il problema purtroppo, specie se pensiamo agli Appennini, si complica. Perché da tempo in molti si preoccupano di riportare la vita reale nelle terre alte e non solo turismo domenicale.
Un più intenso sfruttamento dei boschi può restituire lavoro alla montagna, può ripopolare i suoi borghi abbandonati? Difficile pensarlo e difficilissimo pensare che la nuova legge possa consentire una coltivazione comunitaria dei boschi come accadeva in passato. Più facile pensare – stanti gli attuali standard economici – ad una forma di sfruttamento predatorio, favorita proprio dall’assenza di comunità a presidio dei territori montani. E allora?
“Silenzioso è il Bosco Vecchio e tra poco anche noi non parleremo più”. Dice il Lago parlando alla Foresta. “E allora cosa sapranno di noi gli uomini?”.
“Niente – risponde il Lago – se continueranno a voler sapere in una sola voce che cosa sono le montagne e che cosa sono i laghi, le foreste, i torrenti. Niente se vorranno continuare a voler sapere ciò che non si può sapere una volta per tutte o per sempre. Ci sono cose che non possono essere capite. Ma, d’altra parte, qui sono molte le cose che gli uomini possono imparare” (1).
… Rispettando i geni degli alberi e non considerandoli delle semplici cose. Probabilmente.
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(1) Giovanni Cenacchi, Nel bosco vecchio. Da “Il segreto del Bosco Vecchio” un film di Ermanno Olmi, Nuove Edizioni Dolomiti, 1993