Oggi garriva proprio, tanto che sono uscita sul terrazzo e ho guardato l’acqua che scorreva querula, quasi festosa. Sembra aprile, mi sono detta. I raggi del sole scaldano già e gli uccellini si rincorrono davvero come fosse primavera. La neve è quasi del tutto sciolta, non so se essere triste o lieta; un paio di leccate bianche rivestono le sommità del Tiarfin e si insinuano sulla forcella Giaf, ricoprono la vasta Val di Suola ma per il resto domina il marrone dei rami secchi e il verde delle conifere.
Bisogna scovare qualche angolo ombreggiato per trovare un po’ di ghiaccio o sollevare lo sguardo verso le piste da sci tenute in vita dai cannoni che sparano azoto liquido per consentire un manto sufficiente per sciare.
Il cambio climatico, non c’è dubbio. E pensare che solo un mese fa mi beavo davanti ai ricami dei cristalli di ghiaccio, alle pinete ricoperte da quel manto candido. Una poesia, Forni di Sopra sotto la neve è qualcosa di fantastico.
Non starò tutta la mattina a guardare il ruscello, le gambe hanno voglia di andare solo che, ahimè, vista la stagione non c’è molto da scegliere.
I miei percorsi abituali in quota sono dedicati alle piste, la Val di Suola è proibitiva per le frequenti valanghe, lassù la neve resiste e il Flaiban Pacherni è ancora sommerso, solitamente fino a maggio non si scrolla di dosso il freddo dell’inverno.
Non mi rimane che qualche passeggiata a valle: tolta la zona di Santaviela e Parsilan che sono dedicate allo sci di fondo, non ho troppa scelta.
Non mi lascio intristire da queste difficoltà e, calzati gli amati scarponi, mi incammino verso l’abitato di Andrazza. Passo davanti al cimitero, durante lo scorso anno più di un amico è andato avanti falcidiato dal Covid o, come Vanni Patugo, tradito dalla roccia del Cridola.
Entro un attimo a salutare, è un rito che compio spesso, con l’andare degli anni più che trovarsi al bar per un bicchiere vado a incontrarli lì alcuni miei maestri di arrampicata, gli amici di mio padre, qualche altro “andato avanti” prematuramente.
Il cimitero è ordinato, silenzioso ma non triste e le tombe allineate danno un senso di pace e quiete. Serve di tanto in tanto fermarsi e starci per un po’, il tempo di guardare una foto, ricordare l’ultimo incontro, continuare i progetti fatti assieme, prendersi lo spazio di una sosta e poi salutare e via.
E’ un modo per farli stare con noi i nostri amici, trovare un momento per scambiare due parole rivolte alla lapide o al cielo, poco importa. Portarli nel cuore è continuare a farli vivere.
Molto bello Paola.
Sembra proprio di camminare con te …..
Un sogno!!