Racconto

QUAL BUON VENTO MR. JOSEF KREIDL #2

In montagna, anche in inverno, mi piace esplorare, addentrarmi un po’ nei boschi pieni di neve, attraversare la bruma nel tentativo di “immergermi” nella natura e farne parte.

testo di Daniele Ceddia  / Milano

Monte Vaccaro (Archivio Fotografico Guido Ferrari)
15/12/2022
4,5 min
La notte era buia come il fondo di un pozzo quando aprii la vecchia porta di legno, rilasciando, verso l’esterno, una nuvola di vapore spettrale nell'aria scintillante di ghiaccio. Infilai i piedi bagnati nei miei stivali da neve, uscii e camminai nella neve fresca e scricchiolante sotto la luna piena.

Sagome di abeti e pini torreggiavano tutt’intorno, una foresta silenziosa che si insinuava nei fianchi bluastri delle montagne. Allungai le braccia verso la luce lunare mentre l’aria gelida compiva la sua magia tonificante.
Non mi accingevo a compiere un rituale pagano e neanche a fare il bagno di luna in una spa nella foresta. Terapia del freddo dopo una doccia bollente, un’esperienza da provare, il tipo di attività liberatoria e inconsueta che si può sperimentare quando si soggiorna in un rifugio isolato in montagna, d’inverno.

Il rifugio, la Josef Kreidl Hutte di proprietà del signor Franz, è un ex capanno di caccia e si trova fuori Jochberg (924 m), un minuscolo abitato a pochi chilometri dalla nota stazione sciistica di Kitzbühel. Kitzbühel è una cittadina alpina che possiede una bellezza geometrica, sontuosa e a tratti severa tipica di queste parti. È un luogo piuttosto famoso e affollato soprattutto durante la stagione invernale. Potrebbe essere la Cortina d’Austria ma con più vip e lusso e meno milanesi. Quel genere di luoghi un po’ troppo turistificati per i miei gusti. In ogni caso, siamo in Tirolo, a un centinaio di chilometri a est di Innsbruck, Austria.

Il rifugio dove alloggio insieme a Valeria, in realtà, non è così isolato, anche se dà la sensazione di esserlo. Appena oltre le montagne di fronte, a nord, c’è proprio Kitzbühel. Non si vede ma so che è proprio lì e probabilmente, durante la primavera o l’estate, la si può raggiungere a piedi da qui.

In montagna, anche in inverno, mi piace esplorare, addentrarmi un po’ nei boschi pieni di neve, attraversare la bruma nel tentativo di “immergermi” nella natura e farne parte. Prendo tempo fermandomi qua e là ad osservare, mi siedo su una roccia, annuso il profumo dei pini e ascolto il lento sgocciolio della neve che si scioglie in un paesaggio sonoro ovattato. È un’esperienza sensoriale a tutto tondo. Questa sensazione di “esserci in un luogo” è ciò che cerco anche nei posti dove alloggio. Non è così facile trovare alloggi fuori mano in un mercato del turismo invernale dominato dagli standard scintillanti di chalet, hotel e grandi resort come quelli che si trovano a Kitzbühel. Ma, cercando con un po’ più d’attenzione, si scopre che luoghi come il rifugio Josef Kreidl, sopravvivono ancora. Fuori dalle rotte ovvie e scontate, in mezzo al bosco e a prezzi più accessibili. E ci sono chilometri di bosco per sciare di fondo anche qui.

Arrivati a Jochberg, Franz ci è venuto incontro per accompagnarci su. Dopo aver attraversato un ponte sul fiume Jochberger, arriviamo finalmente al nostro bel rifugio.

Franz, un vero uomo di montagna con berretto di lana fatto a maglia e coda di cavallo bianca, ha acceso le lampade da parete a gas, poi la grande stufa in pietra al centro della stanza provvista di cucina, panche e ganci per asciugare i vestiti. Il legno che riveste la stanza rende questo luogo caldo e accogliente. Scale ripide conducono di sopra, nel soppalco a capanna, con cinque letti singoli allineati come quelli dei Sette nani.

Niente TV, niente wifi e neanche ricarica per i telefoni perché abbiamo sbagliato il tipo di prese. Ma essere senza elettricità, per qualche ora, crea una sensazione speciale: libera dal brusio e dalla fissità, l’aria stessa appare più calma e silenziosa. Sembra racchiuda in sé qualcosa di antico. Ci congediamo da Franz dopo svariati cicchetti di Schnaps alle prugne. Dopo il camino, la grappa è la seconda miglior fonte di riscaldamento.

Prepariamo del cibo portato da casa, immersi in un silenzio a cui non siamo abituati. Ancora un po’ di Schnaps ad accompagnare le chiacchiere. Valeria sostituisce benissimo qualsiasi televisore o altro mezzo di intrattenimento essendo in grado di raccontare aneddoti e dialogare, anche per ore, svariando dalla letteratura, al gossip delle vicende amicali, passando dal suo amore per i cani alla frustrazione e al piacere per l’insegnamento. Non ho mai canzonato nessuno dicendogli “parli più della mia fidanzata” perché semplicemente è impossibile. Arriva, spesso, un certo momento della serata in cui le parole di Valeria sembrano arrivare da un’altra frequenza, da uno spazio-tempo parallelo. È quando, ormai sfinito dalle fatiche quotidiane, mi dirigo placidamente verso il mondo dei sogni cercando, comunque, di prestarle attenzione. Lei se ne accorge e mi accompagna nelle braccia di Morfeo. Qualche volta ne approfitta per interrogarmi delicatamente e prova un certo divertimento nel farlo e nell’ascoltare le risposte della mia coscienza, o semi-incoscienza, fatte di frammenti di frasi sconnesse che mischiano il reale e l’onirico in cui già sono parzialmente immerso. Quella volta, semi assopito, mentre mi chiedeva dov’ero, le dicevo che stavo parlando con Josef Kreidl. Mi chiedeva cosa stessi facendo e io le dicevo un po’ biascicante: «Sono nel bosco a tagliare un albero».

Ero nel 1958, non ho idea del perché ma non importa, perché nei sogni vale tutto. C’era anche il signor Franz e insieme entravamo in questa baita il cui interno era arredato come casa mia. C’era anche un pianerottolo ed eravamo al terzo piano. Franz e Josef erano amici, si vedeva, e io li accoglievo in casa loro con un bicchiere di Schnaps alle prugne. Una voce femminile in sottofondo mi chiedeva: «E poi?». E poi c’era la neve, un bosco, una chiesa e il vento. E il vento si chiamava anche lui Josef Kreidl.

Un raggio di luce si fece spazio tra lo stipite della finestra e la tenda bianca bussando alle mie palpebre per annunciarmi che era la giornata perfetta per sciare. Lasciare il caldo tepore del piumone è stato meno difficile che in un qualsiasi giorno della settimana. Avevo voglia di caffè e di vedere il bianco là fuori. Preparo il caffè sulla stufa mentre Valeria dorme ancora. Lo bevo bollente all’esterno, in piedi, avvolto in una coperta sotto una tettoia decorata a festa da mille coni di ghiaccio verticale. Vicino all’uscio una targa riporta il nome della baita che è quello di Josef Kreidl, di professione boscaiolo, persona amata in questa comunità e che perse la vita in un incidente nel 1958.

Un alito di vento insolitamente tiepido scende dai pendii circostanti e mi accarezza il viso ancora intorpidito dal sonno. È un vento familiare e di cui conosco il nome. Sa di neve, pino e prugne. «Però…», penso, «buono questo Schnaps».

"Dietro la spalla stanca". Il Natale di Altitudini 2022.

Anche quest’anno per farvi gli auguri di Natale, abbiamo preparato un piccolo calendario dell’Avvento, segnato da quello che rende prezioso il nostro magazine, che ci condurrà al prossimo Natale.

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Palle di natale 2022_03
Daniele Ceddia

Daniele Ceddia

Si occupa di pedagogia nell'ambito della salute mentale. Aspirante biografo, ama ogni storia di vita. Cammina, scrive e cerca il Monte Analogo.


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