Dopo la prima invernale alla Croda da Lago con Jeanne Immink la carriera della guida ampezzana è inarrestabile. L’anno successivo, nel 1892, sempre con Immink si dedica alla Cima dei Cusiglio (Pale di San Martino) e al Sassolungo, mentre sul Sorapìs sale in cordata con un’altra guida di Cortina, che ebbe una lunga carriera ancora in parte da scoprire: Zaccaria Pompanin.
Dalle note che i clienti hanno lasciato nel libretto emergono poi imprese che oggi hanno dell’incredibile, e che se non fosse per queste annotazioni forse si sarebbero perse nelle nebbie del passato: per esempio, un tale Friedmann riporta che il 22 settembre 1892 ha salito l’Antelao e il Pelmo nello stesso giorno, trovando nel Dimai uno “scalatore eccellente, camminatore veloce e resistente oltre che una vigile guida”[1].
La prima salita invernale alla Tofana di Mezzo
L’anno dopo è la volta di un’altra prima invernale, la salita alla Tofana di Mezzo con il cliente Theodor Wundt (sì, lo stesso che costrinse la Immink a una giornata di fotografie sulla Piccola di Lavaredo in posizioni precarie…), che poi riporterà le memorie di questa epica scalata nel suo “Wanderungen in den Ampezzaner Dolomiten”. In cui leggiamo:
“Ora però, salendo di quota, si era fatto giorno, e di colpo tutto il panorama si rivelò sotto di noi: tutto il vasto, vasto panorama con le sue innumerevoli cime e le sue infinite distese nevose. Evviva! Com’è bello, com’è grande, com’è meraviglioso! Chi non farebbe qualsiasi fatica per poter ammirare questo splendore, chi non resterebbe attonito di fronte a questa immensità? Ma bisogna tornar sulla terra: una vista simile non ti vien regalata a buon mercato. Ti reggi in piedi in bilico. Un passo falso ti può portar giù nel precipizio e questo splendido mondo potrà tramutarsi per te in gelida tomba. Stai attento dunque! […] Circa un piede e mezzo di nuova neve nascondeva l’inganevole crosta di ghiaccio sottostante che non offriva nessuna, proprio nessuna tenuta. Il piede sprofondava facilmente nello strato superiore e poi scivolava, ora più ora meno, finché una qualche scabrosità non faceva resistenza. […] Così proseguimmo per un’ora, non solo senza che le cose migliorassero, ma anzi andando tutto sempre peggio, cosicché la mia speranza di vittoria svaniva passo passo.
«Faccia attenzione, se cade io non la posso trattenere e per noi due è finita»
Potevo permettere questo? No. Bisognava tornare indietro.
«Senta Toni, se dopo quello spigolo là non migliora torniamo indietro».
L’avevo fatta bella. Toni non spiccicò una parola, ma la sua espressione ostinata lasciava indovinare facilmente il suo pensiero: «mai: dobbiamo andar su e ci arriveremo»[2].”