Parlano di vite di alta quota, in particolare di esperienze che vedono il riavvio di pratiche agropastorali e artigianali che sembravano destinate a scomparire solo pochi decenni fa. Recenti pubblicazioni letterarie hanno, inoltre, raccontato emozionanti storie di alpinismo, narrato leggende delle Dolomiti che rischiavano di andare perdute per sempre oppure descritto, anche in modo poetico, i desideri e i sentimenti genuini delle genti che vivono la montagna.
Il primo romanzo di Ferruccio Svaluto Moreolo Il Tesoro della Grotta del Tempo (Susil Edizioni, 2020) appartiene sicuramente a questo ultimo filone letterario. Ma per capire il vero senso del libro, bisogna conoscere, anzi indagare, la vita avventurosa dell’autore, dove la roccia si intreccia alla scultura e alla letteratura.
Ho incontrato Ferruccio Svaluto Moreolo poco prima della quarantena nello storico locale Bar Serenissima di Domegge. Davanti a un buon bicchiere di vino e alle gustose cartufole del Cadore, abbiamo dialogato sulla sua vita per arrivare poi alla sua arte.
Ferruccio è un formidabile alpinista estremo. Nato a Grea, una frazione di Domegge di Cadore, dove ancora risiede, è iscritto al CAI locale e Presidente dei mitici Ragni di Pieve di Cadore. Grazie proprio ad un corso di roccia organizzato dai Ragni quando aveva 18 anni, Ferruccio ha appreso i rudimenti della sicurezza e della tecnica e, cosa più importante, ha conosciuto i futuri compagni di cordata, con i quali poi avrebbe condiviso delle belle pagine di montagna. Arrampicatore estremo, mi spiega: «Perché ogni parete che vedevo, ne immaginavo la sua salita, ma creando itinerari nuovi: così ne sono nati alcuni davvero impegnativi, al limite, almeno per il mio livello di quel momento».