Il resoconto di Tonella e Harrer finì per attirare su Corti l’attenzione della polizia tedesca, che andò a Olginate per interrogare l’alpinista, con Tonella di nuovo nel ruolo di traduttore. Ingenuamente, Corti accettò questo strano “interrogatorio”, e ancora una volta Tonella utilizzò le confuse risposte di Corti come prova contro di lui. Con un colpo di scena teatrale, Riccardo Cassin usò tutta la sua autorevolezza per risolvere la questione, e nel corso di una drammatica riunione del Club Alpino Italiano, chiese l’espulsione di Corti dal club medesimo. Il gruppo dei Ragni, che conoscevano bene Corti, votò contro questa proposta e la richiesta fu respinta. Vedendolo come un attacco personale, Cassin si dimise da presidente dei Ragni di Lecco, aprendo una ferita che si sarebbe rimarginata solo dopo anni.
Quando Ragno Bianco fu pubblicato, Corti divenne un paria; la gente non voleva più parlare con lui, e anche il suo lavoro risentì di tutta questa pubblicità negativa. Il libro conteneva un ritratto grottescamente distorto di Corti, ignorava il suo curriculum alpinistico e descriveva Longhi come poco più di un principiante del tutto inadeguato all’Eiger. Alcuni dei punti sollevati da Harrer erano surreali – per esempio, che Longhi non sapesse fare un nodo Prusik. Di fatto Longhi era stato un istruttore di arrampicata nel gruppo dei Ragni e naturalmente sapeva fare tutti i nodi di base.
Agli occhi del grande pubblico, Corti era nella migliore delle ipotesi un incompetente, e nella peggiore un assassino. Harrer era così convinto dei suoi sospetti che pagò una ricerca alla base dell’Eiger, per trovare una traccia dei tedeschi dispersi. Nel frattempo, il cadavere di Longhi era ancora bloccato su una cengia, 50 metri sopra la Traversata degli Dei, e incoraggiava una sorta di guardoneria macabra, dalle terrazze degli alberghi di Grindelwald. Corti pregò il CAI di organizzare il recupero del corpo del suo amico, ma nessuno gli rispose. Nel 1959 una rivista belga pagò un gruppo di guide svizzere, e il corpo di Longhi fu riportato in Italia. L’autopsia rivelò che aveva una gamba fratturata. Questo pareva confermare una parte importante del racconto di Corti ma la sua posizione era talmente compromessa che una rivista italiana pubblicò un lungo articolo in cui l’autore spiegava che Longhi non poteva essersi rotto una gamba nella caduta del 1957 – le foto aeree scattate durante il salvataggio di Corti avevano mostrato Longhi in movimento e gli scalatori con le gambe rotte non possono muoversi. Mi chiedo come questo giornalista avrebbe spiegato la cosa a Joe Simpson.
Alcune persone continuarono a difendere Corti; Life Magazine pubblicò una lunga storia che era abbastanza in sintonia con lui. La maggior parte dei soccorritori del 1957 credeva nell’innocenza di Corti, Hellepart andò a visitare Corti a casa sua un anno dopo il salvataggio. Poi, nel 1961, i corpi di Nothdurft e Mayer furono finalmente ritrovati sulla parete ovest, lungo la via normale dell’Eiger. Avevano raggiunto la cima, ma erano stati travolti e uccisi da una valanga durante la discesa. Avevano alcuni degli attrezzi di Corti e improvvisamente fu chiaro che lo scalatore di Olginate aveva sempre detto la verità.
Nonostante le numerose richieste, Harrer non cambiò mai la sua posizione, e, più o meno, rinnovò la maggior parte delle accuse in tutte le ristampe successive di Ragno Bianco. Un atteggiamento molto più equilibrato fu preso da Jack Olsen in Arrampicarsi all’inferno (The Climb Up to Hell), uscito nel 1962. Olsen dipinse un ritratto di Corti non privo di comprensione, scagionandolo dalle accuse più sordide, ma diede di lui l’immagine di un sempliciotto ossessionato, omettendo ancora una volta di riferire il suo curriculum di alpinista. Corti era diventato, e per sempre, il “prigioniero dell’Eiger”.
Le motivazioni di Tonella nel perseguire la sua crociata si potevano attribuire alla sua natura di giornalista che voleva fare sensazione; più difficile da capire è Harrer. Non incontrò mai Corti di persona, per cui è da escludere un’antipatia personale. Come nel caso di Cassin, il punto di vista di Harrer può essere stato semplicemente quello degli anni Trenta, l’età d’oro della scalata alpina – quando essere soccorsi e salvati significava essere tagliati fuori dall’ambiente alpinistico. Tuttavia, nel caso di Harrer, questa posizione virtuosa sarebbe stata un po’ fuori luogo, visto che nel 1938, proprio lui e Kasparek erano stati salvati da Heckmair e Vorg nel corso della prima salita – ma leggendo tra le righe di Ragno Bianco ci sono alcune sfumature sottili e oscure difficili da ignorare.
La maggior parte del pubblico di Harrer era di lingua tedesca e Harrer sembrava prendere particolarmente di mira gli italiani (a metà degli anni Cinquanta li si considerava ancora dei traditori delle potenze dell’Asse), dipinti come degli incompetenti, e in qualche modo non all’altezza di una parete difficile e pericolosa come la Nordwand. Harrer ritentò lo stesso scherzetto con le due squadre che portarono a termine la prima ascensione italiana nel 1963, alludendo al loro “dilettantismo” (e ignorando completamente il fatto che tre di loro – Mellano, Perego e Aste – fossero tra i migliori alpinisti europei dei primi anni Sessanta). Ci provò anche con Bonatti, lasciando intendere che se il grande Walter non è mai salito sull’Eiger è solo perché l’Eiger “non è il suo genere”. In realtà l’Eiger non era negli interessi di Bonatti, anche se nel 1963 ci provò, e seriamente, con un tentativo solitario non riuscito a causa di una scarica di sassi che lo investì, ferendolo.
Se non si possono sottovalutare le responsabilità di Tonella e Harrer nel pubblico linciaggio di Corti, sarebbe ingiusto nei confronti di entrambi trascurare il ruolo svolto dall’establishment alpinistico italiano, che permise che ciò accadesse. Mentre i Ragni fecero quadrato intorno a lui, l’apparato del CAI lo abbandonò al suo destino, e fece un timido tentativo di revisione solo dopo il ritrovamento dei corpi di Nothdurft e Mayer e dopo che Toni Hiebeler (uno dei membri della squadra della prima salita invernale dell’Eiger nel 1961, e direttore della rivista Alpinismus) aveva scritto un articolo al vetriolo in difesa di Corti. Per parecchi versi Bonatti subì la stessa sorte, ma Bonatti era Bonatti e aveva una lunga esperienza nel trattare con il pubblico, Corti no.