Racconto

ASPETTAVO IL LUPO ED È SPUNTATO IL GATTO SELVATICO

Il dietro alle quinte del libro fotografico "Il gatto dei boschi" di Paolo Rossi e Nicola Rebora. Il racconto di come gli autori sono riusciti a fotografare il gatto selvatico nei boschi delle montagne liguri e dell'Appennino delle quattro province.

testo di Paolo Rossi, foto di Paolo Rossi e Nicola Rebora  / Genova

30/10/2024
4 min
Per la scienza è il Felis silvestris silvestris, per gli antichi liguri è il gatto sarvægo, per entrambi una specie diffusa in gran parte d'Europa.

Una specie che, però, condivide ben poco coi gatti domestici, gatti che si danno alla macchia, più per obbligo che per scelta, e che riescono a sopravvivere, per qualche tempo e con molto fortuna, nei boschi più vicini ai centri abitati. Non vi è dubbio che il termine sarvægo (selvatico) gli si addice davvero bene, basti pensare che io ed il mio collega Nicola Rebora in cinque anni di ricerca nei boschi più profondi della Val Trebbia e della Val Borbera non lo abbiamo mai incontrato di persona, ma solo filmato con poche (ma ben posizionate) camere nascoste. Sembra incredibile che un altro animale selvatico come il lupo, invece, in questi anni di lavoro – lui, il lupo, fa parte delle nostre ossessioni da almeno dieci anni- lo abbiamo incrociato diverse volte.

Il gatto selvatico europeo è indomabile.
(Bernardino Ragni)

Il territorio prescelto
Il gatto selvatico europeo da queste parti è assai più schivo e assai meno prevedibile dell’astuta volpe: lo abbiamo filmato sempre e solo con camere nascoste tra gli alberi e le rocce che si attivano attraverso sensori catturando immagini senza creare troppo disturbo agli animali selvatici. Dal 2018 ad oggi abbiamo realizzato preziosi, quanto brevi, video del gattaccio (così lo chiamava affettuosamente Dino Ragni, il pioniere dello studio delle specie in Italia scomparso prima che potessi mostrargli il nostro lavoro), immagini che sono a tutti gli effetti le prime testimonianze audiovisive di questa fascinosa ed elusiva specie sui nostri monti.
In alcune zone della Spagna, della Slovenia e della vicina Svizzera, il gatto dei boschi non è così elusivo: a volte lo si può avvistare, anche in pieno giorno, a caccia di roditori nelle praterie vicino alle strade asfaltate. Nella nostra penisola questo felino dalla pelliccia grigia come le rocce e le cortecce tra le quali sa scomparire dà filo da torcere a studiosi, bracconieri e, ahinoi, fotografi. Quest’ultimi lo immortalano assai raramente con le loro reflex e spesso in modo del tutto fortuito. Raccontano: “aspettavo il lupo ed è spuntato il gatto selvatico”.

Filmare non è fotografare
Da buoni documentaristi amanti soprattutto della fotografia, dopo tanti video del felino, a me e Nicola non restava che provare a regalarci una foto di gatto selvatico in libertà tra le montagne di casa nostra. Perché una foto emotivamente, e forse anche culturalmente, per noi due, vale cento video. La sfida è temeraria perché con la tecnica della foto-trappola, a differenza dei video, il soggetto deve fermarsi esattamente in quei pochi centimetri quadrati della zona di messa a fuoco. Se il felino si muove cinquanta centimetri più a destra o più a sinistra, la foto potrebbe risultare fuori fuoco vanificando tutti i mesi precedenti di lavoro nel bosco.

Paolo Rossi e Nicola Rebora

Il Cane era selvatico, il Cavallo era selvatico, la Mucca era selvatica, il Maiale era selvatico (…) ma l’animale più selvatico di tutti era il Gatto. Camminava da solo e per lui tutti i posti erano uguali. (Rudyard Kipling)

La zona scelta per la collocazione della foto-trappola
Abbiamo sistemato la fototrappola tra le profonde rughe di un faggio caduto anni fa su uno dei più suggestivi crinali dell’Alta Val Trebbia, non così lontano dai sentieri segnati e battuti da molti. Non abbiamo scelto questa zona a caso: in questa particolare parte della faggeta avevamo già filmato gatti selvatici soprattutto durante il periodo degli amori. Una volta fissata e mimetizzata la foto-trappola, non ci restava che attendere che il gatto sarvaego decidesse di camminare proprio su questa passerella naturale per poi fermarsi davanti al sensore della nostra Reflex-trap. Difficile ma non improbabile che il nostro felis, prima o poi, decida di passeggiare su questo singolare ponte sospeso da terra guadagnando un’ottima visuale sull’ambiente circostante ed evitando pure di fare rumore con le zampe tra le foglie secche della faggeta così da non mettere in guardia le potenziali prede: arvicole e apodemus in primis.

Lo scatto tanto atteso
Mesi e scatti si susseguono l’uno dopo l’altro. A volte è il vento oppure un picchio nero o altri uccelli di passaggio ad azionare la fototrappola; altre volte -un giorno al mese- siamo io e Nicola, straniti e fuori posto, che restiamo immortalati in uno scatto attivato dal il sensore di calore della foto-trappola che non ha pregiudizi. Un piccolo roditore vale quanto un essere umano per il sensore che si attiva quando sente il sangue caldo che scorre nelle vene del soggetto che gli passa davanti, piccolo o grande che sia. Finalmente, come nei nostri più immeritati sogni, in una gelida mattina di fine inverno, lo schivo felino sale sul tronco di faggio e con i passi misurati di un attore su di un red carpet si mette esattamente davanti alla camera, perfettamente nello spazio di messa a fuoco. È un maschio con una splendida pelliccia invernale, un maschio in piena stagione degli amori che ci concede il lusso insperato di mostrare tutte le caratteristiche fondamentali della specie, quei segni estetici che lo contraddistinguono in maniera inequivocabile dai poveri gatti grigi domestici erranti, come la riga nera sulla spina dorsale che si interrompe, o sfuma, dove inizia la coda con i suoi classici anelli neri da stregatto.

Rimasto o tornato?
L’archeologia ci dice che da almeno 250.000 anni questa specie è presente nei nostri boschi e nelle nostre valli, ben prima dunque dell’arrivo in Europa dei gatti domestici. Qui nell’Appennino delle Quattro Province resta aperto un affascinante interrogativo su questa specie: tornata da poco, come il lupo, approfittando dell’abbandono della montagna da parte dell’uomo o rimasta da sempre nascosto nelle zone più remote e inaccessibili di queste valli? Difficile dare una risposta credibile, quel che è certo è che se fosse rimasto, generazione dopo generazione sino ad oggi, la nostra stima nei suoi confronti sarebbe enorme perché non si deve dimenticare che fino a poche decine di anni fa questo suggestivo animale, insieme ad altri abitatori dei boschi, era perseguitato e cacciato dagli umani. Il gatto sarvægo aveva, come il lupo, l’aquila, il gufo reale, la lontra, una taglia in denaro sulla propria morbida pelliccia diventando, anche lui, preda ambita per tanti cacciatori.

Quanto vi ho raccontato sopra fa parte del lungo e impegnativo dietro alle quinte del mio, e di Nicola Rebora, libro fotografico “Il gatto dei boschi” – edizione indipendente curata da Fabio Maccagno stampato e rilegato, nel novembre del 2023 con tiratura limitata di 500 copie, nella tipografia ecologica KC di Genova.

Paolo Rossi e Nicola Rebora

Paolo Rossi

Paolo Rossi

Sono nato a Genova nel 1983. Mi sono appassionato ai lupi in giovane età; con il tempo ho dapprima trasformato la mia passione e curiosità in una tesi di diploma in Agraria e successivamente ho cominciato a cercare frequentemente questi super predatori sui monti liguri.


Il mio blog | E' essenzialmente la piattaforma sulla quale presento il mio lavoro come fotografo di Natura, specializzato nelle foto di lupi in libertà. Sulla sezione "Novità" vi è la sezione Blog dove pubblico notizie sulle mie iniziative, interviste a personaggi collegati la mondo della natura e molto altro ancora.
Link al blog

3 commenti:

  1. Simonetta ha detto:

    Bravi e sopratutto è una notizia rincuorante

  2. Emanuela ha detto:

    Complimenti per il lavoro svolto. Confesso che ignoravo l’esistenza del gatto selvatico.

  3. Lorenzo ha detto:

    Che fosse forse quello strano gattone mai visto prima, dal pelo lungo grigio argento e la coda lunga e tozza, da me incontrato alcune notti fa in un area urbanizzata a Sondrio?

Rispondi a Lorenzo Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Esplora altre storie

Sono le 8 di mattina, fuori è ancora completamente buio, ma stiamo già uscendo:... Sono le 8 di mattina, fuori è ancora completamente buio, ma stiamo già uscendo: questo è il nostro ultimo giorno qui, o meglio, il...

Cammino con determinazione e naturalezza, il passo è costante e sicuro. Ad ogni gradino... Cammino con determinazione e naturalezza, il passo è costante e sicuro. Ad ogni gradino o ostacolo da superare sento i muscoli delle gambe contrarsi...

Cortina d’Ampezzo, Non nel mio nome. Cittadini e associazioni in marcia per denunciare l’assalto... Cortina d’Ampezzo, Non nel mio nome. Cittadini e associazioni in marcia per denunciare l’assalto alle Dolomiti, per dire NO a una serie di progetti...

Quando un giorno da un malchiuso portone / tra gli alberi di una corte... Quando un giorno da un malchiuso portone / tra gli alberi di una corte / ci si mostrano i gialli dei limoni /e il...

Lungo i sentieri abbandonati, costruiti per raggiungere questi luoghi di difficile accesso, si può... Lungo i sentieri abbandonati, costruiti per raggiungere questi luoghi di difficile accesso, si può essere testimoni della veloce opera di riconquista da parte della...

"Sono mucchi di pietre su cui a volte camminiamo, intrise di una bellezza che... "Sono mucchi di pietre su cui a volte camminiamo, intrise di una bellezza che non ci appartiene ma che cerchiamo di comprendere." Il Palaronda:...

Per Franco Faggiani, presidente della giuria del Blogger Contest.2018, i sentieri neri ci rendono,... Per Franco Faggiani, presidente della giuria del Blogger Contest.2018, i sentieri neri ci rendono, alla fine, diversi. Forse migliori. ...

Per un paio di anni siamo stati i più giovani ragazzi di Venezia a... Per un paio di anni siamo stati i più giovani ragazzi di Venezia a praticare lo sci con le pelli di foca. Anche adesso...

Esistono montagne fatte di vuoto. Al posto di ergersi in altezza, si inoltrano in profondità.... Esistono montagne fatte di vuoto. Al posto di ergersi in altezza, si inoltrano in profondità. Funzionano da varchi: attraversandoli si scopre con stupore che avvicinarsi...

“Quando la geografia venne a mancare” è il racconto di un’esperienza vissuta... ... “Quando la geografia venne a mancare” è il racconto di un’esperienza vissuta... ...