All’alba le vacche vengono fatte passare nel locale di mungitura, dove al rumore delle macchine si uniscono i muggiti e lo scoccare attutito degli zoccoli sul pavimento. Nel cortile dell’azienda si compiono gli ultimi preparativi per la partenza che, agli occhi di chi non ha esperienza, appaiono come gesti rituali. Nel silenzio ovattato dalle brume che si sollevano dai prati, vengono portate lentamente nel cortile le ultime vacche a cui devono essere rifiniti gli zoccoli, prima della partenza. Oggi infatti si sale in alpeggio. Ma se io sono emozionata e tesa, non sembra ci siano sfumature di nervosismo tra gli animali e gli allevatori. Nel piccolo caseificio si sta già producendo il formaggio, numerose forme di Stracchino all’antica di Vedeseta e il prezioso Strachítunt. L’odore forte del latte e del siero e il tepore del locale accolgono come un umido abbraccio, che fa bene a chi cerca ristoro dall’aria pungente dell’alba. Gli allevatori invece non paiono fare caso al freddo, si muovono lentamente in parte alle vacche, scortandole come se il loro pensiero sapesse infondere agli animali la consapevolezza di qual è la strada che deve essere intrapresa. O forse è solo ai miei occhi che tutto appare incomprensibile, mentre per allevatori e mucche sono consuetudini e atteggiamenti che fanno parte di una quotidianità antica, di cui entrambi serbano profonda memoria. Il cielo si schiarisce e con l’allattamento dei piccoli vitelli si chiude la prima fase della giornata.
Un ragazzo giovanissimo compare con le braccia piene di cocche, i variegati campanacci, ma non è ancora il momento di farle indossare alle vacche, il rischio sarebbe un’emozione generale e lo scatenarsi del caos. Appoggiate le cocche su una balla di fieno, gli allevatori si recano a fare una consistente colazione, la partenza è ormai prossima. Le nubi si schiariscono, mentre la bruma si sfilaccia e iniziano a volare le rondini agitate che vivono in sinergia con le mucche nella stalla, cibandosi di mosche. Ritornano gli allevatori e si vestono, chi con lunghe tute, chi rimane invece in pantaloncini corti e canottiera. Entrano nella stalla e circondano i possenti colli delle bestie con le cocche, il cui rumore inizia a diffondersi. In alcuni momenti sembra una lotta durante la quale l’uomo afferra il grande collo con le braccia, quasi in un abbraccio, ma dallo sforzo nel chiudere le fibbie si capisce che è un lavoro complesso. C’è comunque un giovane che, da solo, accarezzando il dorso di una vacca e con una pacata determinazione riesce ad infilare il campanaccio senza l’aiuto di altri. Talvolta si ha l’impressione di vivere al rallentatore, i movimenti fluidi degli allevatori sono lenti, ma così carichi di forza, così decisi eppure smorzati, attutiti. Difficile spiegare e anche osservando non ci si capacita di cosa stia accadendo tra uomo e animale.